PRESENTAZIONE
Questo “inventario delle cose italiane”, come lo definì lo stesso Guido Piovene, venne realizzato su incarico della RAI fra il maggio del 1953 e l’ottobre del 1956 per un ciclo di trasmissioni radiofoniche. Si trattò di un resoconto unico per rilevanza storica della condizione dell’Italia ancora reduce dalle rovine della guerra, capace di dare un affresco vivido di tutte le contraddizioni irrisolte insite nella sua struttura geografica e nella composizione dei suoi abitanti, spesso rese ancor più evidenti dai tragici eventi bellici.
Nella suggestiva narrazione dello scrittore veneto, mediata dalla dizione dello speaker Paolo Pacetti, vivono, accanto alle bellezze paesaggistiche e monumentali, tradizioni, rituali, mestieri, caratteri, situazioni sociali ed economiche di un’Italia per molti aspetti scomparsa, ma che ha esercitato e, per certi aspetti, tuttora esercita, nonostante le mutate condizioni, nel bene e nel male, tutta la forza e il peso delle epoche in essa racchiuse. Poiché come è stato spesso rilevato, il passato è in fondo una forma dell’essere, questo ciclo rappresenta un passaggio obbligato e una testimonianza preziosa per la comprensione effettiva della storia d’Italia dalla metà del secolo scorso a oggi. Si tratta oltre tutto di prove esemplari di documentario radiofonico, una forma che in quegli anni toccava l’apice nella codificazione della sua dimensione di strumento di comunicazione di massa e che rappresentò, prima dell’affermazione della televisione, uno dei tramiti fondamentali di divulgazione degli eventi attraverso il messaggio verbale e, di conseguenza, di evoluzione della coscienza collettiva degli ascoltatori. In considerazione della loro intrinseca valenza, RAI Teche ha deciso di pubblicare sul proprio sito per la prima volta l’intero ciclo di trasmissioni, consentendo a tutti gli interessati, soprattutto se appartenenti alle generazioni più recenti, l’accesso a documenti sonori che costituiscono un punto di riferimento della storia italiana oltre che di quella delle forme di comunicazione.
A parte le rilevanti informazioni sulle condizioni sociali, culturali ed economiche dell’epoca, l’ascoltatore potrà apprezzare uno dei più bei testi mai scritti per la radio, in cui si mostra tutta la potenza evocativa della prosa di Piovene e la sua capacità di raffigurare con l’icasticità propria dei massimi narratori le impressioni suscitate dai luoghi visitati attraverso immagini e suggestioni di rara efficacia.
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Valle d’Aosta |
La Valle d’Aosta |
Guido Piovene continua il suo “Viaggio in Italia”, ed entra nella Valle d’Aosta, descritta come “la più lunga, la più maestosa delle valli alpine italiane”. Lo scrittore veneto ne sottolinea l’emergere come comunità d’importanza europea da quando è stata concessa ad essa l’autonomia. Successivamente procede a una vivida raffigurazione della vita che si svolge nel Parco Nazionale del Gran Paradiso. |
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Piemonte |
Il carattere dei piemontesi e gli aspetti di Torino |
Guido Piovene apre la parte del “Viaggio in Italia” dedicata al Piemonte con un vivido ritratto dei piemontesi. |
Le istituzioni cattolico-sociali di Torino |
Guido Piovene incentra la trasmissione “Viaggio in Italia” dedicata al Piemonte sugli istituti religioso-sociali di Torino e sul più importante nucleo protestante in Italia, costituito dalla comunità valdese di Torre Pellice. |
Guido Piovene apre la parte del “Viaggio in Italia” dedicata al Piemonte con un vivido ritratto dei piemontesi. |
Nel corso del suo “Viaggio in Italia”, Guido Piovene affronta il tema della produzione agricola e vinicola del Piemonte, concentrandosi sulle zone di Alessandra, Asti e Cuneo, definite “tre province del vecchio Piemonte, modelli di civiltà in senso classico, dove l’opera umana, come i vigneti di Asti, genera i capolavori di un’esperienza millenaria”. Un’attenzione particolare viene rivolta ai prodotti tipici di queste zone, come i vini piemontesi e i tartufi di Alba. |
Le province agricole e vinicole del Piemonte |
Nel corso del suo “Viaggio in Italia”, Guido Piovene affronta il tema della produzione agricola e vinicola del Piemonte, concentrandosi sulle zone di Alessandra, Asti e Cuneo, definite “tre province del vecchio Piemonte, modelli di civiltà in senso classico, dove l’opera umana, come i vigneti di Asti, genera i capolavori di un’esperienza millenaria”. Un’attenzione particolare viene rivolta ai prodotti tipici di queste zone, come i vini piemontesi e i tartufi di Alba. |
Vercelli e Novara |
Nel corso del suo “Viaggio in Italia”, Guido Piovene si sofferma su altre due province del Piemonte: Vercelli e Novara, descrivendo i caratteri delle zone, i vari aspetti della risicoltura, l’attività dei cacciatori di vipere o “viperari”, l’importanza del santuario del Sacro Monte di Varallo Sesia. |
Ivrea e Biella |
Guido Piovene continua il suo “Viaggio in Italia”, sostando ancora in Piemonte e descrivendo le province di Ivrea e Biella e le loro industrie, in particolare la Olivetti di Ivrea e i lanifici di Biella. |
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Lombardia |
Lombardia e Milano |
Con una diversa sigla di apertura, tratta da Capriccio italiano di Pëtr Ilič Čajkovskij, inizia il primo capitolo del “Viaggio in Italia” di Guido Piovene dedicato alla Lombardia e a Milano, alla quale sono dedicate anche le due trasmissioni successive. Anche in questo caso la raffigurazione dei paesaggi, degli scenari, della storia e del contesto sociale dei luoghi visitati è particolarmente suggestiva. “Il dramma della Lombardia è d’essere, in una nazione tra le più povere d’Europa, una delle regioni più ricche d’Europa” constata Piovene. “ La Lombardia copre il 7,6 per cento del territorio nazionale ma conta il 15 per cento dei suoi abitanti. Di qui le controversie con il resto della Penisola. È radicata nei lombardi la convinzione di mantenere con il loro lavoro regioni meno attive o meno favorite dalla natura, e di essere costretti a profondere i loro beni in fatti che non li riguardano.” Parole particolarmente evocative sono dedicate alla Val Padana: “È la Padania, terra ideale ma amata quasi come patria da quelli che vi nacquero o vi abitarono a lungo, dalle cui zone si sprigiona un profondo senso del sacro”. Lo scrittore liquida poi il luogo comune che la Lombardia e Milano siano inferiori di bellezza al resto d’Italia. “La Lombardia è bellissima”, dice, “benché di una bellezza meno rigorosa e chiusa, e perciò più difficile da intendere a prima vista di quella veneta e toscana. Pure Milano è bella. Chi la percorre con amore vede come persistono, nonostante le offese, i suoi motivi antichi”. Sempre colorito il contributo sonoro realizzato dal radiocronista Nanni Saba. |
Milano: cultura, vita morale e società |
La seconda trasmissione del “Viaggio in Italia” di Guido Piovene dedicata a Milano si apre con il riferimento alle chiese del capoluogo lombardo. “Non conosce Milano chi non conosce le sue chiese. Non quelle più celebri o quelle cui la voga assegna il compito delle grandi messe borghesi. Le chiese qualsiasi, milanesi, lombarde. I panni rossi come sangue sulle facciate grigie, sui pilastri dell’interno”. La narrazione passa poi a illustrare le caratteristiche del clero milanese, “che trasporta in campo religioso l’orientamento tipico della città: da un lato la più moderna d’Italia, con i suoi grattacieli e i suoi futurismi, dall’altro la più stretta all’ortodossia economica”. Il discorso si sposta sui grandi istituti di formazione, il Politecnico, L’Università Bocconi e l’Università cattolica, che riflettono la concezione della cultura presente a Milano, non limitata a quella umanistica ma aperta anche alle conoscenze tecniche. Un’attenzione particolare è dedicata al carattere della città come maggiore centro giornalistico ed editoriale italiano, con un vivido ritratto di Arnoldo Mondadori, del quale è presentata una testimonianza diretta, raccolta anche in questo caso da Nanni Saba. |
Milano: la banca, la grande industria |
La terza e ultima puntata di “Viaggio in Italia” dedicata a Milano, si sofferma sul mondo di industriali, investimenti e crediti che animano la vita delle grandi banche e delle grandi industrie. “Chi ha detto che le banche sono le sacrestie del capitalismo?” sottolinea con arguzia Piovene. “La definizione perde ogni carattere ironico in queste anticamere sorde e felpate, adorne alle pareti delle immagini dei santi della finanza e dei maestri dell’economia”. Ne emerge l’aspetto di una città che ha il culto dell’iniziativa privata, con grandi complessi imprenditoriali come l’industria siderurgica Falck, la Borletti, la Snia Viscosa, l’azienda farmaceutica Carlo Erba, dietro la quale vi è l’antico casato dei Visconti di Modrone, l’industria elettrica Edison , con una testimonianza diretta dell’ingegner Ferrerio, suo consigliere delegato, e altri ancora. La trasmissione si conclude con un vivido ritratto del carattere milanese. “Il milanese umorizza su sé stesso in sordina, senza distacco, perché la prosa degli affari e la vitalità prevalgano. Ciascuno si accompagna col suo umorismo, discretamente, nell’andare a bottega, senza un minuto di ritardo”. |
Pavia, Vigevano e dintorni |
Guido Piovene prosegue la parte del suo “Viaggio in Italia” dedicata alla Lombardia soffermandosi a Pavia, Vigevano e i dintorni. “Cinque città, Pavia, Vigevano, Voghera, Mortara e Stradella sorgono tuttte nel limite di una provincia. Si può scorgervi un esemplare di provincia italiana, un microcosmo grandemente differenziato nelle sue parti per l’aspetto, l’economia, le tendenze politiche, la composizione sociale”. |
Varese, Como, Sondrio |
Guido Piovene prosegue la parte del suo “Viaggio in Italia” dedicata alla Lombardia soffermandosi a Varese, Como e Sondrio. |
Brescia |
Guido Piovene continua la parte del suo “Viaggio in Italia” in Lombardia con Brescia. “L’Italia è un Paese di contraddizioni, di sorprese, di situazioni locali dissimili in breve spazio”esordisce Piovene “Questa premessa vale in particolare per Brescia, una delle province più sorprendenti e contraddittorie d’Italia”. |
Bergamo |
“Una provincia e una città di straordinaria bellezza concludono la parte del nostro viaggio dedicata alla Lombardia”. Con queste parole Guido Piovene apre la trasmissione del “Viaggio in Italia” incentrata su Bergamo. |
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Liguria |
La Liguria |
Guido Piovene continua il suo “Viaggio in Italia” e fa il suo ingresso in Liguria, “il festone di terra tra la pianura Padana e il Mar Tirreno, montuoso, appuntato ad oriente ad un lembo della Toscana e ad occidente alla Francia, addossato in gran parte agli Appennini ma, nel suo tratto terminale, alle Alpi, senza fiumi, solcato da torrenti”. Della Liguria vengono messi in luce i caratteri del territorio e le attività produttive, come l’ortofrutticoltura di Albenga, la floricoltura di San Remo e gli stabilimenti per materiale fotografico e cinematografico di Ferrania. |
Genova |
“Spesso leggermente velata tra l’azzurro ed il bianco, sul fondo dei colli di un verde opaco, quasi restia a lasciarsi conoscere, Genova si rivela in parte soltanto a chi si tuffa nelle sue strade. Genova è misteriosa, e lo è al modo di Londra, l’altra città europea fatta a compartimenti stagni, quasi un incastro di quartieri e di modi di vivere ermetici l’uno per l’altro”. Con queste vivide pennellate si apre la trasmissione dedicata a Genova, che si sofferma sulle caratteristiche dei suoi abitanti, sul loro individualismo, su alcuni aspetti della vita che vi scorre; l’urbanistica e i palazzi aristocratici, il porto. |
Ancora Genova |
La sosta a Genova del” Viaggio in Italia” si sofferma sulle attività commerciali e industriali del capoluogo ligure: la produzione olearia e la crisi che l’ha investita, l’industria siderurgica, l’Ansaldo, la sua storia e l’attività dei suoi cantieri navali nelle parole del suo presidente avvocato Federico De Barbieri, la Fondazione Gaslini. Si conclude così la visita a “una metropoli sorda e confidenziale, solenne e casalinga, un contrappunto di modestie private e ambizioni cittadine e di casta, ed una delle nostre città più intricate ed affascinanti”. |
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Friuli Venezia Giulia |
Il Friuli |
“Di là della grande muraglia”: con questa espressione inizia la trasmissione dedicata al Friuli del “Viaggio in Italia” di Guido Piovene. Lo scrittore, qui nella veste di viaggiatore e diarista, la usa a proposito di una muraglia immaginaria che si estende tra noi e una terra che sembra lontana nel tempo. “Se nel resto del Veneto”, continua “ho dovuto spesso usare l’aggettivo antico, nel Friuli dovrei dire, piuttosto, remoto. Per questo il Friuli ha un incanto profondo e sordo”. L’itinerario si snoda fra Pordenone, Gorizia, Cividale, Udine, Aquileia, Grado, dando vita al vivido affresco di una terra “di contrasti e colori taglienti e di estreme diversità”. |
Gorizia e Trieste |
Prosegue con la trasmissione dedicata a Gorizia e Trieste, il “Viaggio in Italia” di Guido Piovene. “Gorizia, già rifugio dei pensionati dell’Impero Austro-Ungarico, soleggiata, famosa per il clima che vi fa fiorire le rose a margine della foresta e della dolina carsica” viene descritta dallo scrittore come “anticamera di Trieste”. A quest’ultima viene dedicato un ritratto particolarmente appassionato, specialmente in rapporto al momento storico allora vissuto. “Amo Trieste di un amore speciale”, dice Piovene, “ che non è soltanto patriottico, ma come città in sé stessa, fatta di persone e di case tra cui si è contenti di vivere anche se non sono l’oggetto di una passione nazionale o la sede di un dramma. Poco più di due mesi sono trascorsi dal ritorno di Trieste all’Italia che ha portato quasi al delirio il popolo triestino. La sua accoglienza, dicono i testimoni, è stata superiore a quella del 1918, anche perché si scaricavano in essa anni di paura”. |
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Veneto |
Venezia |
La trasmissione dedicata a Venezia del “Viaggio in Italia” di Guido Piovene è, per intensità e capacità rappresentativa, un esempio di descrizione radiofonica di una città di immensa tradizione storica come Venezia da parte di un grande scrittore. L’icasticità del testo, le testimonianze, le voci e i suoni delle sue anime, soprattutto quella culturale, quella economica e quella popolare, la rendono un documento d’eccezione. Anche questa puntata si avvale dei contributi di un radiocronista d’eccezione come Nino Vascon. |
Padova e Treviso |
Prosegue con la trasmissione dedicata a Padova e a Treviso il “Viaggio in Italia” di Guido Piovene. “Padova è la città più ricca e moderna del Veneto”, narra Piovene negli anni Cinquanta del secolo scorso, “nella quale qualcosa di milanese si mescola al “venetismo” e l’ibridazione è curiosa. Ma l’anima di Padova, il tono, rimangono antichi come del resto in tutto il Veneto. Passando poi a Treviso, avverte che si passa “nella parte più dolce, e quasi più greca, del veneto; greca, si intende, nell’ambito del venetismo, perché il colore veneto tra Vicentino e Trevigiano raggiunge un massimo di equilibrio e di grazia e si adegua in modo più puro alle proprie norme ideali.” Le voci della gente sono raccolte dal radiocronista Aldo Salvo. |
Vicenza |
“La meraviglia di Vicenza è nella gratuità del suo rigoglio architettonico”: così inizia la trasmissione dedicata a Vicenza nell’ambito del “Viaggio in Italia” di Guido Piovene. “I palazzi di un tardo gotico quattrocentesco, poi, con Palladio e la sua scuola, gli archi i colonnati e i portici”, prosegue Piovene, “sorsero senza altro motivo che la compiacenza estetica, il gusto un po’ lunatico della cultura, l’inquietudine della fantasia, l’orgoglio signorile”. Vibra nel testo il compiacimento dello scrittore per la sua città natale, evocata come “una piccola Roma, una chimera scenografica già tendente al barocco, che sorge in un angolo del Veneto ”. I radiocronisti di questa trasmissione sono Aldo Salvo e Nino Vascon. |
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Trentino Alto Adige |
L’Alto Adige |
Questo “inventario delle cose italiane”, come lo definì lo stesso Guido Piovene, venne realizzato fra il maggio del 1953 e l’ottobre del 1956. Si trattò di un resoconto unico per rilevanza storica della condizione dell’Italia ancora reduce dalle rovine della guerra, capace di dare un affresco vivido di tutte le contraddizioni irrisolte insite nella sua struttura geografica e nella composizione dei suoi abitanti, spesso rese ancor più evidenti dai tragici eventi bellici. Il viaggio inizia con l’Alto Adige, evocato in tutta la varietà delle sue realtà legate alla compresenza di più lingue e di più culture. La trasmissione, come quelle successive, si avvale degli straordinari resoconti sonori dei radiocronisti, in questo caso Nino Vascon e Sergio Zavoli. |
Il Trentino e il Bellunese |
Prosegue con la trasmissione dedicata al Trentino e al Bellunese il “Viaggio in Italia” di Guido Piovene, animato ritratto fisico, storico e sociale dell’Italia alla metà del secolo XX. Vivida è la descrizione di Trento, “città che congiunge nel suo aspetto lo spirito montanaro, un avanzo d’ordine austriaco e il pittoresco del Veneto, con strade ben asfaltate che hanno la pulizia cristallina delle Alpi”. Di particolare interesse è il capitolo dedicato a Cortina d’Ampezzo, soprattutto per le considerazioni sulle trasformazioni dell’epoca negli sport legati alla montagna. Esempio del mutamento di costume palesato dal turismo, Cortina, dice Piovene, “è divenuta quasi città, che ha tentato, senza successo, di essere attribuita alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige ed è stata lasciata invece al povero Bellunese”. Le testimonianze dirette della popolazione sono raccolte da Sergio Zavoli. |
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Emilia Romagna |
Piacenza |
“La Lombardia muore a Piacenza e ad essa subentra l’Emilia; ma, pure appartenendo alla regione emiliana, Piacenza è ancora una città lombarda sotto molti aspetti. Occorre passare Piacenza ed entrare a Parma per tuffarsi nel ricco, cordiale, capriccioso umore emiliano, che fa d’ogni città una specie di collezione di novelle viventi. Il contrasto fra le duce città è netto. Secondo la leggenda, Piacenza non ama Parma fino da quando Parma le portò via la sede del ducato sotto i Farnese”. Con questo vivace esordio l’itinerario di Piovene varca i confini dell’Emilia Romagna e giunge a Piacenza, affrontando alcuni temi connotativi della città e della regione: l’indole degli emiliani, la presenza a Cortemaggiore di giacimenti di metano, l’economia agricola, la bonifica montana e i problemi dell’occupazione. |
Parma |
Per Piovene “con Parma comincia la vera Emilia sensuale, pittoresca, estremista; ma Parma ha caratteri diversi dalle altre città emiliane. È la più “francese”, la più consapevole del suo gioco. La sensualità, meno grave, vi è più intrisa di avventura e di scherzo; diviene edonismo, assapora sé stessa, si compiace nella cultura. La violenza degli emiliani si mescola con la mollezza ed una certa naturale indolenza. Gli impulsi sono quelli, ma a Parma piace viverli come tradotti in musica. Piace sentire sé stessa, con qualche artificio e un po’ di commedia, come il centro di un piccolo regno, la sede di una corte, in modo senza paragone maggiore di tutte le altre città di provincia italiane che furono capitali. Perciò si entra a Parma in un piccolo mondo unico, sanguigno e ironico nel medesimo tempo.” In queste parole eccelle la capacità pittorica dello scrittore nel tratteggiare le impressioni suscitate dall’arrivo a Parma. Seguono i dettagli sugli elementi storici, economici, sociali e culturali della città: Verdi e il melodramma, la tradizione gastronomica, in particolare la produzione del formaggio parmigiano, l’arte e gli affreschi del Correggio, Maria Luigia e il suo granducato. |
Reggio Emilia |
“Il viaggiatore frettoloso rischia di attraversare senza vederla una città, Reggio Emilia, in cui noi invece vorremmo fermarci più a lungo. Non vi si ritrova la grazia consapevole di quella piccola capitale che è Parma . . Reggio non fu mai capitale; non ebbe mai una corte, ed in una regione con parecchie ex capitali come quella emiliana, è un’inferiorità. Reggio manca di tradizioni universitarie e non è alla punta per la cultura. . . trascurata ieri ed oggi dalla grande storia, un po’ dimenticata anche politicamente, succuba delle forze politiche che la inceppano perché lasciata in balia di sé stessa. . . Tuttavia non ho trovato in Emilia una città più interessante. Sotto la superficie opaca, vi è una densità umana, una capacità d’estro e d’impulso, che oltrepassano di gran lunga la poesia facile d’altre città più celebri per bellezze convenzionali. È un esempio, direi, di quella provincia italiana carica di potenza inespressa, che non entra in circolo per difetto d’interesse pubblico e di cultura e perciò si ripiega su sé stessa o fermenta. Una città dunque su cui bisogna fermare l’attenzione” . Dopo questa introduzione, Piovene passa a definire le caratteristiche che animano la vita politica, economica e sociale di Reggio Emilia: l’industria casearia, la rivalità tra Parma e Reggio nella produzione del “grana”, il predominio del Partito Comunista e la presenza del più cospicuo nucleo italiano di cooperative, la produzione del vino e del latte attraverso le cantine e le latterie sociali. |
Modena |
“Il più bel duomo dell’Emilia e il più famoso libro miniato d’Italia si trovano a Modena. Il duomo di Modena è un’antologia e una miniera della scultura romanica. Mentre l’architetto Lanfranco attendeva all’edificazione del tempio, vi operava come scultore Wiligelmo e, più tardi, vi operavano Niccolò e Benetto Antelami, con altri maestri in parte anonimi. . . . Il libro miniato è la Bibbia di Borso d’Este, eseguita a Ferrara nella seconda metà del Quattrocento, portata in Austria da Francesco V, duca di Modena, quando perdette i suoi domini, e ricomprata da Giovanni Treccani negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale . . . Non trovo a Modena il ricordo, la compiacenza nel ducato scomparso, come tra i parmigiani, per i quali il ducato resta un fatto morale. Pure, esternamente, Modena fra le città dell’Emilia è la più ducale, con le sue strade architettoniche calde di luci rosse e dei suoi palazzi; è forse con Ferrara la più perfetta delle città emiliane, se intendiamo con questo una città che sembra fatta per gravitare intorno al principe”. Rivive nella narrazione di Piovene, l’aspetto politico di Modena, una delle capitali dell’Italia “rossa”, e quello economico, caratterizzato dall’agricoltura, dall’artigianato, ma soprattutto dall’industria automobilistica, rappresentata dai nomi d’eccezione come Ferrari, Maserati e Stanguellini. |
Bologna |
“Bologna è tra le città più belle d’Italia e d’Europa. Non esiste città che le assomigli e che possa sostituirla. È bella per la carica, per l’abbondanza del colore; ed il colore che la satura è la prevalentemente il rosso o il rossastro, il più fisico, quello che richiama di più al corpo ed al sangue umani. Firenze è magra, longilinea. Invece a Bologna i portici, gli archi, le cupole, tutto fa pensare ad una rotondità carnosa. Lo stesso dialetto, l’accento, sono abbondanti e tondeggianti.” Il primo capitolo del Viaggio in Italia dedicato a Bologna focalizza alcuni aspetti dello spirito della città: la cucina “più ricca e celebre d’Italia”, la passione politica, l’università, la rivista “Il mulino”, cenacolo dei migliori studiosi italiani, i ritrovamenti archeologici nelle vicinanze. |
Ancora Bologna |
Il secondo capitolo dedicato a Bologna è incentrato sulle condizioni economiche e sociali della città: il lento recupero dell’agricoltura dopo le disastrose conseguenze della guerra che ha colpito in particolar modo la zona del bolognese, il progresso economico rallentato dall’aumento demografico e dalle richieste sociali, il potenziamento delle infrastrutture, la debolezza del tessuto industriale, evidenziata dalla crisi della massima industria bolognese, la Ducati di Borgo Panigale, i conflitti fra classi e fra generazioni, nei quali si innesta il cristianesimo dalle forti tinte sociali del clero bolognese e, in particolare, del cardinale Lercaro. La trasmissione si conclude col vivido ritratto del pittore Giorgio Morandi, artista intimamente legato a Bologna, che dichiara di lavorare poco e che si trincera evasivo dietro un presupposto “I nostri tempi non permettono di far nulla”. |
Ferrara |
“La più bella città dell’Emilia e una delle più belle città del mondo, Ferrara ha uno stupendo duomo; ha un castello che segna il trapasso dalla struttura militare del Medio Evo all’eleganza cortigiana del Rinascimento. Con Rimini, Urbino e Cesena è la città dove il nostro Rinascimento ha raggiunto le sue espressioni più pure: dal palazzo Schifanoia a quello dei Diamanti, dal palazzo di Lodovico il Moro alla dimora di Marfisa, modelli di case per principi, e alla casa dell’Ariosto, modello di casa per uomo comune”. Dopo un’intervista di Aldo Salvo al professor Gualtiero Medri, direttore dei Musei civici, sulla Casa Romei La bellissima raffigurazione dell’architettura della città, di fronte alla quale “il logoro aggettivo “magica” riprende una sua verginità” procede addentrandosi nelle “geometrie dei suoi palazzi che hanno veramente lo stampo del Quattrocento declinante e del Cinquecento agli albori”. Segue poi l’indicazione delle attività produttive del Ferrarese incentrate sulla canapa, il frumento, le bietole e la frutticultura. Un’intervista al direttore del Museo archeologico di Spina professor Nereo Alfieri, dove è conservata la più grande raccolta di ceramiche attiche a figure rosse, sottolinea l’importanza degli scavi in quella che viene ritenuta la più importante e celebre zona archeologica emiliana. |
Delta padano e Comacchio |
“S’incontra fuori Ferrara la bellezza narcotica di una pianura totale, compresa tra i rami di un fiume, affacciata sul mare, priva di ondulazioni. È umida, afosa l’estate, stampata da ombre di nuvole. . . L’inverno, coperta di neve, si fa leggera, evanescente, di un bianco azzurro uniforme”. Così prende avvio la trasmissione dedicata al delta del Po e a Comacchio. Accanto alla colorita descrizione del carattere e delle condizioni degli abitanti, vengono passati in rassegna tratti paesaggistici le attività incentrate sull’agricoltura, gli effetti della riforma agraria, la risorsa della pesca a Comacchio. |
Ravenna |
“Estremo baluardo dell’impero romano, capitale dei regni barbarici, dell’esarcato bizantino e del regno italico medioevale, quest’insigne città contempera diversi stili, dal tardo romanico e dal paleocristiano al bizantino ed al protoromanico del palazzo di Teodorico, al romanico, al gotico, al gotico veneziano, senza contare i segni delle civiltà più recenti. Ma la bellezza di Ravenna è soprattutto una bellezza criptica, di affascinanti interni. In nessun luogo del mondo, nemmeno in Oriente, l’arte del mosaico si spiega in un ciclo così completo e con tale perfezione”. Partendo dal fascino suscitato dalle bellezze monumentali e artistiche e dalle vestigia del passato, Piovene estende lo sguardo alla realtà sociale di Ravenna, ai valori e ai caratteri degli abitanti, la loro passione per il gioco e l’abitudine per gli scherzi, che consente di tracciare una differenza fra lo scherzo emiliano, descritto come uno “sfogo controllato della violenza”, rispetto alla beffa toscana, “di qualità più mentale, che ha come sottinteso lo scherno e il disprezzo e per fine l’umiliazione”. Seguono le caratteristiche dell’economia ravennate: l’agricoltura e il bracciantato, il porto, il commercio. Conclude una vivace intervista a Manara Valgimigli, uno dei più celebri umanisti italiani e uomo di punta della cultura della città, sulla presunta conversione di Giosuè Carducci. |
Romagna e Forlì |
Forlì e la sua provincia sono il cuore della Romagna. Se si eccettuano alcune influenze toscane nella zon montuosa che confina con le province di Firenze e Arezzo, il carattere romagnolo qui si presenta più integrale. . . Oggi la Romagna è un’Emilia le cui caratteristiche hanno colori più taglienti: gli abitanti, a Forlì come a Ravenna, si compiacciono di romanzarsi e di presentare sé stessi per amore del romanzesco, in tradizioni e sentimenti tipici della loro terra, anche se talvolta nell’intimo ci credano solo a metà . . Forlimpopoli ha visto nascere il brigante Passatore e Artusi il re dei cuochi. Due figure centrali, il brigante e il gastronomo nella mitologia della Romagna”. L’indole dei romagnoli, le attività produttive, il turismo nella fascia costiera, a Rimini, Riccione, Cesenatico e Cattolica, la gastronomia e i beni artistici e culturali sono gli elementi che compongono con intensi colori il quadro di questa zona offerto da Piovene che così conclude: “Terra di densi caratteri umani e poco incline allo “standard” del mondo d’oggi, la Romagna ha l’attrattiva di tutto ciò che difende sé stesso e rifiuta di conformarsi”. |
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Toscana |
La Toscana e l’ingresso a Firenze |
“La Toscana è tra le regioni del mondo più famose per la loro bellezza. È un luogo comune parlare della dolcezza e della grazia dei suoi paesaggi. Le valli intorno a Firenze, nel Pistoiese, in Lucchesia e altrove, con i loro giochi d’olivi chiari e di cipressi scuri, hanno una veste incantevole che sa di pittura e di prospettiva artistica, Pure, ad osservarla bene, la dolcezza non è la più intima caratteristica della terra toscana, come invece dell’Umbria. Anche nelle parti più amene, quali la valle del Mugello ed il Chianti, sotto l’involucro grazioso si scopre una precisione, una purezza di contorni, uno scarno rigore di disegno: mentre l’occhio si incanta sulla dolcezza delle prime apparenze scivola dentro l’animo una lezione più severa. La bellezza toscana è una bellezza di rigore, di perfezione, talvolta di ascetismo sotto l’aspetto della grazia”. La suggestiva raffigurazione della Toscana di Piovene si sofferma poi sul temperamento degli abitanti e sugli aspetti sociali salienti della vita sociale per poi fare il suo ingresso nella sua principale città. “Guardata da un lato da Fiesole e dall’altro da Bellosguardo, per dire solo due tra i nomi famosi, Firenze giace al centro della conca di colli che è un monumento artistico nel suo insieme. Ai tempi in cui la vide Dante fu una città di vie strette, di case-fortezze, turrite, di un genere al quale oggi si avvicina piuttosto Siena. Fu poi trasformata nei secoli delle arti e dei commerci in una città di palazzi e di fondachi, che fanno da contrappunto e prevalgono sugli austeri edifici medievali.” Delineando l’architettura della città, Piovene ricorda i gravi colpi inferti ad essa dalla guerra, con la distruzione da parte dei tedeschi di tutti i ponti della città, tranne il Ponte Vecchio, e riferisce le questioni animatamente dibattute riguardo alla ricostruzione, ospitando l’intervento dello scrittore e uomo politico Piero Bargellini. |
Firenze |
“Esaltato e avversato, forse per motivi, su piani diversi, altrettanto valevoli, il sindaco Giorgio la Pira è il personaggio più importante della Firenze d’oggi. È giusto quindi, parlando di Firenze, prendere l’avvio da lui”. Piovene tratteggia efficacemente la figura del sindaco di Firenze, in cui la profonda fede religiosa, l’amore per la cultura, la dedizione all’ideale della pace si fondono nella coscienza del suo operato come atto di carità. Di La Pira viene anche ospitato un suo rappresentativo intervento in cui egli sottolinea la funzione di mediazione tra i popoli storicamente esercitata da Firenze. Viene poi analizzata e approfondita nei suoi punti più rilevanti la grande tradizione culturale della città come parte essenziale della sua stessa fisionomia. |
Ancora Firenze |
La sosta a Firenze del viaggio di Piovene prosegue con una ritratto a tutto tondo del critico d’arte statunitense Bernard Berenson, “il più illustre superstite tra i viaggiatori stranieri, che definirono sé stessi piuttosto pellegrini che viaggiatori, devoti alla civiltà e alla bellezza, e che scesi a Firenze si fermarono poi per tutta la vita”. Vengono infine prese in esame le attività produttive e industriali della città e dei suoi dintorni: le Officine Galileo, per strumenti di precisione, l’industria tessile di Prato, e la produzione vinicola del Chianti, riguardo alla quale viene in tre vistato l’esponente di una delle più pregiate etichette, il barone Ricasoli. |
Siena |
“Siena, città misteriosa perché fatta a chiocciola, con le vie attorcigliate l’una sull’altra, ci attende sotto le torri e una luna enorme. . . La meraviglia nasce dalla visione di uno scheletro intatto di città medievale, che non ha nulla di archeologico . . A Siena si hanno quei momenti perfetti, in cui il passato più remoto risale a galla fino a noi, confondendosi col presente . . . Il mistero della città viene dalle sue strade, strette, curve, girate le une sulle altre, a forma di spirale o di chiocciola o, se vogliamo prendere il paragone più vieto, dei petali d’una rosa che si coprono con i loro strati”. Nella sempre affascinante narrazione di Piovene le suggestioni architettoniche cedono gradatamente il posto ad altri aspetti della fisionomia della città: il Palio, l’Accademia musicale Chigiana, le bellezze artistiche e le iniziative culturali. La conclusione è dedicata all’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, nella provincia senese, con il ciclo di affreschi di Luca Signorelli e del Sodoma che ne ornano il chiostro. |
Arezzo e Volterra |
Il percorso di Piovene si svolge qui nella fascia interna che parte dalla provincia di Arezzo, attraversa quella di Siena e termina a Volterra in provincia di Pisa. Di Arezzo, vengono messi in luce i capolavori artistici culminanti il ciclo di affreschi sulla “Storia della Croce” di Piero della Francesca, i caratteri della popolazioni e la tradizione della lavorazione della lana del Casentino. Si prosegue poi per Pienza e si giunge a Volterra, della quale vengono poste in risalto la lavorazione artigianale dell’alabastro e la presenza di un manicomio “tra i migliori e più umani d’Italia”. |
La Maremma |
“Non solamente i vecchi, ma gli uomini di mezza età ricordano la Maremma delle paludi, delle mandrie brade, dei butteri, della malaria e dei banditi, che le bonifiche assalivano senza riuscire a soverchiare . . . Gli uccelli di palude si alzavano allora di scatto si alzavano allora di scatto anche dalle strade maestre; gli acquitrini si coloravano di un rosso pesante al tramonto, gli alberi senza sottobosco si stampavano neri e piatti contro luce come ombre cinesi; il cavallo col buttero balzava fuori d’improvviso, sfiorava il viaggiatore nella sua corsa e spariva in un attimo, quasi che si muovesse in un altro mondo. Trascorrevano spettri di banditi, che negli spazi maremmani avevano trovato rifugio da tempi remoti”. All’evocazione suggestiva del passato segue, nel racconto di Piovene, l’immagine della Maremma profondamente trasformata dalla riforma agraria, in cui tuttavia persistono radicate tradizioni popolari come lo spettacolo contadino del “maggio”. |
Livorno e Pisa |
Dopo aver rivolto uno sguardo pittorico rivolto alla costa toscana e, in particolare, all’Argentario e alle isole dell’arcipelago toscano con le sue sette isole, il viaggiatore Piovene giunge a Livorno : “Livorno ha un aspetto straordinario: nel senso che è fuori della regola estetica delle nostre vecchie città, senza rientrare nelle regole di una città moderna. È assolutamente diversa; bisogna guardarvi non tanto gli edifici in sé stessi, ma il groviglio di vita da cui sorgono senz’altra regola che l’impulso vitale”. Come di consueto, il quadro della città si anima di notazioni pregnanti sulla situazione economica e sociale, sul lavoro e sul carattere dei livornesi, nonché do una testimonianza del poeta popolare e politico chiamato “il Pappa” con la sua poesia in vernacolo “Primo maggio 1953”. Il passaggio a Pisa, dopo una sosta a Pontedera, sede dello stabilimento della Piaggio, richiama ancora una volta la bellezza della regione: “la bellezza in Toscana è dura, con un velo di grazia; quella di Pisa fa eccezione, è di qualità riposante e favorisce l’abbandono. . . Pisa è tutta orizzontale, spaziosa; le sue strade sono ampie e perciò scarse d’ombra; è una città chiara, felice, in cui entrano col vento il sapore del mare, il verde e le frescure delle pinete”. |
L’altra Toscana, Lucca e Carrara |
Lucca agli occhi di Piovene è contrassegnata dalla difesa della libertà repubblicana, individuata come costante della sua storia. Il carattere della gente è, secondo lo scrittore, dominato dal gusto dell’indipendenza e dall’inclinazione al commercio. Viene colta la singolarità della struttura urbana della “unica città italiana interamente chiusa, come dentro un anello, da un alto bastione eretto fra il Cinque ed il Seicento, che la nasconde a chi giunge dal piano.” Lasciata Lucca e attraversata la zona in cui sorgono le cittadine di Montecatini e Pescia, si giunge a Pistoia, altra grande città d’arte. L’ultima sosta in Toscana è dedicata a Carrara, “graziosa e fresca città, in cui l’aria dei monti si incontra con quella del mare”, roccaforte degli anarchici toscani, celebrata per la produzione del marmo tratto dalle cave delle Alpi Apuane. “E c’è anche in queste cave un senso di gioia. La luce bianca delle cave porta, in chi vi passa, un’accensione dei pensieri, quasi un’esaltazione”. |
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Umbria |
Ingresso nell’Umbria |
“Unica tra le regioni italiane non bagnate dal mare, collinosa e montuosa, l’Umbria si presenta a noi con aspetto tranquillo, senza colori drammatici . . . L’attenzione dei più è trattenuta dall’immagine convenzionale, anche se in buona parte giusta, dell’Umbria verde e azzurra, francescana e raffaellesca. Basta passare da Cortona, ancora in Toscana, a Perugia, per cogliere una profonda diversità d’animi e di paesaggi. La bellezza toscana, specialmente nell’arte, è più rigorosa e astratta, ed ha tra le sue muse la geometria. Quella umbra è più morbida, più stemperata e più sfumata, con una costellazione di città in altura . . . Benché tutta la storia dell’arte abbia segnato l’Umbria, la nota dominante è data dalle architetture sacre, civili e militari del medio Evo. Dall’alto si contemplano paesaggi come patinati, conche d’un verde argenteo, colline che scendono lentamente a valle recando torri, campanili, basiliche, monasteri. Tramonti limpidi, di un rosso privo di eccessi, sfumano sulle rocche e sugli oliveti, tra suoni di campane e rondini. L’aria leggera dà un senso di euforia fisica”. L’affresco delineato dalle icastiche pennellate di Piovene si anima delle bellezze monumentali e paesaggistiche di quest’area geografica, della vita e del carattere della popolazione, dei problemi sociali, delle attività agricola, artigianale, in particolare la lavorazione delle ceramiche, e di quella industriale, che ha i suoi punti di forza nella famiglia Buitoni, produttrice di cioccolata e di pasta, e nel lanificio Spagnoli. |
Assisi |
Dopo essersi soffermato a Bastia Umbra, aver fatto visita al tabacchificio di Francesco Giontella, e essere passato per Santa Maria degli Angeli, Piovene giunge ad Assisi. “Trasformata da San Francesco . da fortezza che era, in città sacra della pace cristiana, Assisi si innalza a scaglioni, con vie per lo più strette, tortuose e ripide, sulle pendici del Subasio. Strette, tortuose e ripide: aggettivi convenzionali; gli stessi, o press’a poco, che abbiamo adoperato per le vie di Gubbio,. Ma, dietro l’eguale struttura della cittadina umbra medievale addossata al monte, quale diversità di spirito! Gubbio è remota, quasi affondata in un sogno arcaico; la tortuosità, la strettezza delle strade, vi spicca quasi ad esprimerne il carattere chiuso. Ma Assisi, in pietra grigia e rosa, è come l’hanno fatta secoli di francescanesimo, secoli di pietà e secoli anche di estetismo devoto. Assisi è tutta aperta . . . Assisi, come tante città dell’Umbria, ma forse in misura maggiore, dà la felicità che deriva dalla grazia e dalla perfezione di tutto quello su cui posano gli occhi. Senza che nulla di stridente si intruda a interromper la contemplazione e a guastare l’abbandono”. La narrazione di Piovene prosegue ponendo in risalto le bellezze artistiche delle due basiliche di San Francesco sovrapposte, con gli affreschi di Cimabue, Giotto e il grandioso ciclo dedicato al santo , Simone Martini e Pietro Lorenzetti, e l’importanza di Assisi sia come luogo di riflessione religiosa, sia come centro di studi sociali. |
Perugia, Norcia e Spoleto |
“Perugia è la maggiore città dell’Umbria e ne è anche il prototipo. La sua via principale, corso Vannucci, si stende tra la bellissima piazza, in mezzo alla quale sorge la Fontana Maggiore, con le sue splendide sculture, e una terrazza che domina una vasta parte dell’Umbria. Vivace ed insieme teatrale, come spesso avviene in Italia, dove la strada è palcoscenico, il corso di Perugia è dunque tra una fontana e un panorama e vi si respira un’aria gaia, dolce ed euforica”. Muovendo come sempre dalle bellezze architettoniche e naturali, Piovene passa poi a descrivere le caratteristiche degli abitanti, fra i quali prevale un cosmopolitismo particolare nato dalla presenza dell’università per stranieri, e a due forti centri culturali, l’Associazione Amidi della Musica, organizzatrice di manifestazioni musicali di alto livello, e quella per gli studi religiosi di Aldo Capitini, che si propone l’approfondimento del pensiero cristiano secondo una via che coniuga la parola di San Francesco a spunti socialistici e a messaggi delle religioni d’Oriente. Una breve notazione è dedicata alla cucina umbra “delicata, civile, leggera, condita di un olio etereo e poco propensa alle carni forti.” Unica eccezione è la porchetta. Della zona di Norcia, viene sottolineata la produzione di salumi e del tartufo nero mentre Spoleto “è un nodo di vetuste mura, di torri e di illustri basiliche, con mura primitive, anteriori all’era cristiana, di cui restano potenti avanzi, con l’Arco di Druso, San Giorgio, ed il Duomo, tra i più splendidi del Medio Evo umbro”. “Chiude questa trasmissione l’accenno a Monteluco, alle spalle di Spoleto “Sacra la sua foresta. Come spesso nell’Umbria, la religiosità cristiana fiorì sovrapponendosi a quella di tempi più antichi, che continua a tralucere.. . . l’Umbria è terra di boschi; quello di Monteluco è il più bello”. |
Gubbio, Terni e Orvieto |
“Gubbio è un’altra Umbria, e dell’Umbria, la città più straordinaria. Non è dolce, né amena. Ma nessun’altra ha una bellezza così alta. Questa capitale di antichi montanari appenninici, addossata alle pareti del monte Ingino, fatta di blocchi di calcare e di mattone dalle tinte smorzate, cui solo nel Rinascimento si unì in sordina l’arenaria, ha un colore uniforme, profondo, spento. È triste ed assoluta; è, per rubare la parola a un filosofo greco, del colore dei morti. Dallo spiazzo davanti al Palazzo dei Consoli si contempla un panorama di tetti arsi, con toni quasi africani. Ogni nota gaia o vivace qui sarebbe di troppo”. Da Gubbio, anima di una “religiosità diffusa, moderata, latente”, si passa poi a Terni, unica città industriale e operaia dell’Umbria, e poi a Orvieto, che conserva nelle sue chiese, a cominciare dal Duomo, e nelle sue vie l’impronta medievale. |
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Marche |
Le Marche |
“Le Marche sono un plurale. Il nord ha tinta romagnola; l’influenza toscana ed umbra è manifesta lungo la dorsale appenninica; la provincia di Ascoli Piceno è un’anticamera dell’Abruzzo e della Sabina. Ancona, città marinara, fa parte per sé stessa. . . . ma, per quanto ne accolgano i riverberi, le March non somigliano veramente né alla Toscana, né alla Romagna, all’Abruzzo o all’Umbria . . Più ancora dell’Emilia e dello stesso Veneto, le Marche sono la regione d’incontro con l’Adriatico. Questo piccolo mare d’eccezione qui si spiega più intimo, più libero e silenzioso, con i suoi colori strani che lo fanno diverso da tutti i mari della terra”. Dopo un “incipit” che tratteggia con la consueta efficacia le caratteristiche della natura e degli abitanti di questa regione, il racconto di Piovene indugia sulle condizioni economiche e sullo stile di vita che vi si tiene, passando poi in rassegna le bellezze architettoniche di Pesaro e Urbino. |
Tra Fano e San Benedetto del Tronto |
La passione per la musica come elemento radicato nella tradizione culturale delle Marche prosegue la narrazione riguardante Pesaro. Di Fano, dopo la citazione delle grandi opere d’arte che vi vengono conservate, viene rammentata la presunta appartenenza di una delle poche maschere moderne, “il vitellone”, poiché il regista Fellini, secondo alcuni, si sarebbe ispirato inizialmente proprio a Fano per l’ambientazione del suo film, e il suo carnevale. L’itinerario tocca in seguito Fabriano, città d’arte e sede delle celebri cartiere, a poi Ancona. “Ancona non ha nelle Marche, regione dissociata tra molti centri, con gli sguardi rivolti verso Roma o Bologna, la stessa preminenza di capitale che hanno Torino in Piemonte o Milano in Lombardia, ma resta la prima città marchigiana. . . . È dominata da una alto colle, su cui s’alza il Duomo di San Ciriaco, la pietra chiara bianca e rosa del Monte Conero, chiaro, visibile a distanza per chi venga dal mare come gli antichi templi greci”. Viene ricordato dal decano dei cronisti anconetani Osvaldo di Tullio uno dei fatti più tragici della guerra: il 1º novembre 1943, nel corso di un bombardamento, trovò la morte l’intero Collegio Giovagnoni Birarelli. Storia, urbanistica, monumenti, economia, stile di vita, cultura, della città sono argomenti pienamente trattati, con una digressione sull’importante porto. Una citazione particolare viene dedicata alla produzione a Cupramontana di uno dei migliori vini bianchi marchigiani, il Verdicchio. Il percorso lungo la costa marchigiana giunge a San Benedetto del Tronto, il cui porto ospita la più numerosa flotta di motopescherecci. |
Le Marche classiche |
“Tra versi e prose di Leopardi si scorge contro luce non soltanto il paesaggio della Marche ma anche il carattere degli uomini. Vi sono in lui, divenuti sublimi, una suprema prudenza d’intelletto, un rifiuto alle idee ed eventi che si chiamano progressivi, una sicurezza che l’indole dell’uomo non sia mutabile, una sfiducia per le mode metropolitane, straniere ed in genere altrui, proprie delle province classiche e di sangue nobile. . . Appaiono in Leopardi figure di gente che canta, ma osservata in quell’atto quasi inconsapevolmente, come se facesse parte della natura delle cose. È un canto solitario, non corale. . . “. Iniziando da Recanati, che racchiude gli sfondi e i luoghi della poesia leopardiana, Piovene si avvicina alla conclusione del capitolo dedicato alle Marche. Vengono scorse con occhio appassionato Loreto, Macerata, Camerino e la sua università, Castelfidardo, esempio dell’amore della musica radicato nella regione di cui è testimonianza concreta l’industria della fisarmonica, e Ascoli Piceno, “città di torri, antologica perché vi si succedono molti stili, il romanico, il gotico, il rinascimentale, il barocco”. |
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Abruzzo |
Ingresso in Abruzzo e la costa abruzzese |
“Il tratto della costa adriatica tra Giulianova ed il Gargano è l’unico in cui non si rinvengano segni dì influenza greca; anche allora l’Abruzzo non era di facile penetrazione. È dunque l’unica regione meridionale o meglio pre-meridionale nella quale l’influenza ellenica non si avverte. Vi giunse invece, più tardi, un soffio d’Oriente. E lo si coglie nei costumi, nei tappeti, negli ori, nei merletti. Chiuso tra i monti, L’Abruzzo ha qualcosa di insulare . . . La qualità quasi insulare è il motivo del forte colore dell’Abruzzo e della sua diversità, più nella natura che nella storia, dalle regioni circostanti. Tra i suoi monti permane il vigore delle popolazioni italiche, indomite ma poco inclini ad associarsi, che precedettero la conquista di Roma”. Passato in Abruzzo dalle Marche, Piovene considera gli elementi naturali e storici della regione, il carattere e le usanze della popolazione, e condizioni economiche, la scoperta del petrolio nella zona di Alanno, l’attività della pesca e la tradizione culturale a Vasto. |
In giro per l’Abruzzo |
“L’Abruzzo, regione in cui sono i monti maggiori, la Maiella, il Gran Sasso, è il centro non soltanto fisico della catena che percorre l’Italia”. L’itinerario di Piovene muove senza un ordine preciso nella regione, toccando i centri montani di Roccaraso e Rivisondoli, Pescocostanzo, centro artigiano specializzato nel ferro battuto e nel merletto abruzzese, Sulmona, Pescasseroli e il Parco Nazionale d’Abruzzo. |
L’Aquila e il Fucino |
“Una luce già di montagna splende nelle vie dell’Aquila e, penetrando anche nei vicoli più stretti dei quartieri vecchi, porta uno scintillio nell’ombra. Dovunque si sente lo spazio. Perciò L’Aquila è gaia. Posta ad oltre 700 metri . . . è una città che respira. Lo sguardo, appena trova un varco, subito va lontano, con l’immediatezza di un corpo sommerso che viene a galla, fino al Gran Sasso e al Sirente, dominanti la vasta conca. . . . Negli edifici sono scritte le vicende agitate non soltanto dell’arte, ma della storia dell’Abruzzo. È questa la nostra regione che fu più devastata dai terremoti; nessun centro ne rimase esente e L’Aquila ne subì una serie”. La narrazione approfondisce il tema dei beni architettonici e artistici nella città e in Abruzzo, ricordando la l’urgenza dei restauri, e la viva tradizione culturale e musicale, rappresentata dalla Società dei concerti dell’Aquila. L’attenzione dello scrittore si appunta poi sulla Marsica, Avezzano, e, in particolare, sulla zona del Fucino, riguardo alla quale vengono analizzati gli effetti determinati dalla riforma agraria. |
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Lazio |
Ingresso nel Lazio e Viterbo |
“Come la maggior parte delle nostre regioni, il Lazio ha confini imprecisi. Vari sono i paesaggi, diverse le condizioni di vita. A nord sembra confondersi con la Toscana e con l’Umbria; nelle alte zone appenniniche con l’Abruzzo; a sud con la Campania. Pure, chi lo conosce a fondo, specie se è familiare con la storia della pittura che ne filtra le caratteristiche, sa che il Lazio ha un colore e un’anima propria. Si distingue per un pittoresco maestoso, per un largo eclettismo, per una composizione di roccia e di verdure decorative; nelle popolazioni per un alternarsi di solennità arcaiche e di tendenze goderecce”. Inizia così l’entrata nel Lazio, accompagnata, come fatto in precedenza per le altre regioni, dalla raffigurazione delle caratteristiche fisiche del territorio, delle vicende storiche e delle condizioni sociali ed economiche. La prima zona visitata è il Viterbese, di cui viene menzionata la tradizione vinicola, e il suo centro geografico, Viterbo. Piovene osserva che “nonostante gli orrendi guasti prodotti dalla guerra, Viterbo resta, dopo Roma, la più bella città laziale. Da tempo ha perduto l’aspetto di capitale di un piccolo regno isolato, separato dal mondo sebbene alle soglie di Roma. Il Viterbese era alle porte della maremma e alle porte del Lazio; vi confluivano il costume laziale e quello maremmano; tra queste due correnti uguali e contrarie, restava fermo e indipendente ”. Dopo la descrizione della parte storica, soprattutto il quartiere medievale, e di quella moderna della città, lo sguardo si estende ai dintorni e alle loro bellezze paesaggistiche e culturali, fra le quali vengono menzionate la zona archeologica di Tarquinia, villa Farnese di Caprarola e villa Orsini di Bomarzo, col suo “Giardino dei mostri”. |
La Sabina, La Ciociaria e Latina |
“Se cerchiamo caratteristiche propriamente laziali, che non vadano interamente confuse con quelle romane e ci riportino, almeno con la fantasia, agli antichi popoli italici, bisogna andare in Sabina e in Ciociaria, non fosse che per il paesaggio, che si trasforma in modo più lento degli uomini. Il predominio delle querce e la qualità della terra danno alla Sabina, specie la parte collinare e montana, un colore profondo, un verde forte e come oscurato dal tempo. Il pittoresco del Lazio deriva in parte da queste tinte scure, che sono le tinte dei quadri antichi, non come furono dipinti ma come furono patinati dagli anni”. Le nuove mete dell’itinerario laziale di Piovene sono Rieti, Farfa e la sua abbazia, La Ciociaria e Frosinone, Subiaco e i luoghi dove visse e operò San Benedetto, le Paludi Pontine, descritte nelle loro condizioni prima e dopo la bonifica, e Latina. |
La provincia di Roma |
L’agricoltura laziale è il tema con cui esordisce questo capitolo, prendendo in esame la zona di Maccarese e il paese di Torre in Pietra. Dopo una sosta dedicata alle necropoli etrusche di Tarquinia e Cerveteri, la narrazione di Piovene si rivolge alle altre zone della provincia di Roma: il tratto di costa da Civitavecchia alla provincia di Latina, dove si susseguono le località balneari come Santa Marinella, Fregene, Ostia e altre, e il territorio ad oriente di Roma, sede di ville e castelli gentilizi. Della prima zona viene presa in esame l’area archeologica di Ostia antica, della seconda Tivoli, Palestrina, Rocca di Papa, Grottaferrata, con l’abbazia di San Nilo, e Frascati. |
Roma |
A Roma, tappa finale del “Viaggio in Italia”, Piovene dedica tre trasmissioni che escludono di proposito la descrizione delle bellezze archeologiche, monumentali e artistiche per concentrarsi su taluni aspetti storici, sociali ed economici. La prima trasmissione prende le mosse dalla storia di Roma capitale d’Italia per poi trattare della sua recente trasformazione da semplice città in metropoli, con la conseguenza di uno sviluppo urbanistico senza controllo che ha fatto tra l’altro emergere il problema delle borgate. Uno scorcio particolare è quello offerto dalla vita politica, che “si svolge quasi tutta a Montecitorio”. |
Ancora Roma |
“Roma è la più bella città del mondo: lo pensano tutti i romani, e insieme con essi molti altri che non sono nati a Roma e nemmeno in Italia. L’attaccamento alla città prende nei romani l’aspetto di autosufficienza, quasi di autarchia morale. Ritengono che Roma sia così bella, così grande, così piacevole per viverci e nel tempo stesso di avere ereditato con la nascita una tal somma di esperienze, da rendere superfluo cercare nuove esperienze lontano da casa. Il romano, essi pensano, viaggia rimanendo fermo: le altre città sono un aspetto del mondo, ma Roma lo comprende tutto”. Il racconto di Piovene si incentra sul carattere del popolo , delle sue usanze, dei suoi insediamenti nei quartieri. Passando poi a al tema delle attività industriali, è posta in risalto quella più importante di Roma: l’industria cinematografica, con lo stabilimento di Cinecittà e il vicino Centro Sperimentale di Cinematografia, del quale viene intervistato il direttore, Giuseppe Sala. |
Ancora Roma (seguito) |
“Orti e giardini; il palazzo e la strada con la folla e le bancarelle; vicini e mescolati insieme; il teologo e il predicatore popolare gomito a gomito; sono queste le immagini di Roma che ricorrono con più frequenza. Ed oggi occorre aggiungere : antiche pietre, bancarelle e costruzioni d i cemento. L’uno non espelle l’altro; tutto convive; il tono è dato dalla mescolanza”. Una serie di osservazioni sulle caratteristiche architettoniche che connotano le varie epoche vissute da Roma, da quella classica a quella medievale, rinascimentale e barocca, avvia il discorso verso la Roma dei musei e dei restauri dei monumenti e dei dipinti, con una menzione all’Istituto Nazionale del Restauro. Tornando alla Roma di oggi, il discorso affronta il tema del decentramento degli uffici burocratici come necessità per non aggravare il centro, dell’espansione della città e della costruzione del quartiere dell’EUR. Un ultimo accenno è riservato alla Città del Vaticano, vista dall’esterno, alle cui soglie il viaggio di Piovene in Italia si arresta. |
Conclusione |
Giunto al termine del suo viaggio, Piovene affida all’ultimo appuntamento le sue valutazioni. “Senza troppi preamboli”, premette, “come ho iniziato questo viaggio, mi accomiato dagli ascoltatori. Vedere l’Italia mi ha chiesto più di tre anni e mezzo e chi ascoltava mi ha seguito, con alcuni intervalli, per un periodo di tempo di poco più breve. Abbiamo visitato insieme tutte le province italiane, dall’Alto Adige alla Sicilia. Ci siamo fermati a Roma. . .Una rassegna, quasi un inventario delle cose italiane, non era stata fatta da molto tempo, e se non avrà altro valore, forse, tra qualche tempo, in un periodo di rapidi cambiamenti, almeno potrà avere un valore documentale”. |
Molise |
Il Molise |
“La valle del Biferno mi apparve al crepuscolo ed in luce temporalesca. Era deserta, scura, vasta come un altopiano, chiusa da montagne lontane, sparsa di querce solitarie. Quelle enormi querce isolate, alcune casupole bianche, davanti a cui, quasi un guardiano, si vedeva un cavallo immobile, e la luce del temporale davano un sottinteso spiritato al paesaggio. Qui mi parve di cogliere, fino dal primo istante, il carattere del Molise, molto diverso dall’Abruzzo. Il Molise è romantico, stregato, e mi ricorda stranamente alcune zone dell’Europa del nord, per esempio in Scozia e in Irlanda. Questa terra meridionale potrebbe essere lo sfondo di una tragedia come Macbeth”. La raffigurazione della regione ne coglie l’aspetto storico, economico e sociale e si concentra su Campobasso, suo capoluogo e unica provincia, mettendo in luce la forte tradizione liberale, la cultura le usanze. Viene fatta menzione alla presenza dei lupi e alla fioritura di storie che li hanno come protagonisti e viene poi focalizzata la zona archeologica di Altilia, definita “uno dei luoghi più belli e meno conosciuti d’Italia”. |
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Campania |
Napoli |
L’approccio con Napoli di Piovene si svolge nel segno delle istituzioni e delle tradizioni culturali partenopee. Vengono poi raffigurati gli elementi del carattere napoletano, il modo in cui sono vissute la politica e la religione e gli elementi distintivi delle classi sociali. Un rilievo particolare viene dedicato ad Achille Lauro, sindaco di Napoli “il più celebre dei sindaci di Napoli insieme con Giorgio La Pira”. |
Ancora Napoli |
“Il Mezzogiorno, e Napoli in modo speciale, giunsero alla situazione di oggi attraverso decenni di graduale e quasi fatale declino”. Da questa considerazione Piovene avvia la sua analisi della situazione economica di Napoli e del Sud in generale, della funzione della Cassa del Mezzogiorno, istituita per risollevare economicamente le regioni meridionali, della ripresa del turismo. Non manca il riferimento alla canzone napoletana che”non deve tanto collegarsi al colore locale ed all’animo indigeno, come credono i più, ma, come quella parigina, fa parte dello spirito cosmopolita della città”. Conclude Piovene: “Tra il popolo napoletano ho trovato ancora oggi piuttosto facilità e bonomia che spirito di rivolta. Una delle attrattive di Napoli è che di qui comincia la parte d’Italia dove la lotta sociale non prende tutti i pensieri e tutti i minuti del giorno. È una vita più ricca, con più imprevisti, più riserve e più varietà di pensieri”. |
Tra Napoli e il Vesuvio |
Piovene affronta qui la descrizione, le vicende e i restauri di alcuni luoghi rappresentativi della storia e della cultura di Napoli: il teatro di San Carlo, il Palazzo di Capodimonte, la cappella Sansevero e altri monumenti. Dopo un accenno alle isole del golfo, l’attenzione dello scrittore si concentra sul Vesuvio “un anfiteatro di roccia, quale si vede spesso tra le montagne; ma la qualità demonica si palesa in spruzzi di zolfo, che macchiano di giallo le pareti scoscese ed in qualche sbuffo di fumo che esce dalle fessure”. Alla descrizione del vulcano è intrecciata quella, estremamente colorita, della popolazione che vi vive a ridosso, fatta da guide, osti, venditori di bibite. |
Antro della Sibilla |
“L’archeologia fa parte della vita napoletana: v’è una maniera di parlare dei ruderi che si trova soltanto qui. Grandi rovine esistono in altre parti d’Italia e del mondo, ma l’andare per rovine a Napoli è qualcosa di unico, che non trova riscontro né a Roma, né in Provenza: lo si fa senza uscire dal mondo d’oggi, talvolta con lo stesso spirito con cui di entra nei negozi a fare la spesa”. La visita di Piovene alla zona archeologica del Napoletano attraversa Ercolano, Pompei, con una sosta nella casa del poeta Menandro, le Terme di Baia e Cuma, “uno dei luoghi più alti del mondo . . .luogo sacro, devoto al culto della Sibilla Cumana, ispirata da Apollo, che profetava dentro l’antro”. |
Salerno |
La raffigurazione della costa tra Sorrento e Salerno apre questo capitolo del viaggio di Piovene. “Sorrento ha una facciata aperta sul mare, ma l’interno è segreto. Comincia, andando verso sud, il tratto arabo-medievale della Campania. ‘Italia è terra di contrasti ed ogni regione italiana li ripete dentro il suo limite: non solamente la Campania cambia stile tra un luogo e l’altro, ma contrastante è la fascia costiera. . . Tra Sorrento e Salerno verdi rocce tagliate a picco, spaccature orride tra i monti, case incastrate ed appiattite sulla roccia da cui le distingue solo il colore, cadute di vigneti su pendici impervie ed i monasteri-fortezze appollaiati a metà costa”. Dopo notazioni caratterizzanti su Positano e Ravello, il racconto di Piovene si incentra su Salerno, della quale vengono descritti la struttura, la storia, il tessuto industriale. Un’attenzione particolare viene dedicata Paestum e alla sua zona archeologica. La visita a un allevamento di bufale e una sosta a Palinuro concludono la trasmissione. |
Avellino e Caserta |
L’arrivo ad Avellino offre a Piovene l’occasione per intervistare un “tipico intellettuale del Mezzogiorno”, Ugo Fattorini, autore di una monografia sulla città, che ne descrive i limiti e gli ostacoli a una sua ripresa economica. Seguono i riferimenti all’aspetto tutt’altro che povero con cui si presenta Avellino.. Il santuario di Montevergine, centro di pellegrinaggio mariano, viene definito “la sublimazione della religiosità irpina”. Si giunge poi a Caserta, che deve la sua fama alla reggia, “questa Versailles del Napoletano” e la trasmissione si conclude con un cenno a Caserta vecchia, la città che sorgeva prima di quella attuale, “longobarda, sorta nell’ottavo secolo, già sede di vescovi e di conti”. |
Benevento |
La storia di Benevento, dalle guerre fra i Sanniti e i Romani fino al dominio longobardo, caratterizza l’esordio dell’ultima trasmissione dedicata alla Campania. Dopo gli scorci sulle bellezze monumentali, duramente colpite dai bombardamenti della guerra, si osservano le attività , i costumi e i caratteri della popolazione. Viene ospitata la testimonianza di una singolare figura di umanista beneventano, don Salvatore Biondi, piccolo proprietario di campagna, collezionista di lettere di congiurati carbonari contro la tirannia ecclesiastica, documenti di spionaggio borbonico e ceramiche di Cerreto. L’industria locale trova il suo cuore nella fabbrica che produce il liquore “Strega”. Si tratta poi della leggenda secondo la quale Benevento, oltre ai Sanniti e ai Longobardi, debba la sua fama al fatto di essere stata la capitale delle streghe. |
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Puglia |
La Capitanata |
“Quella pianura vasta e di un solo colore, un tempo tutta verde perché tutta pascolo, più tardi tutta gialla perché coltivata a grano, il Tavoliere della Puglia, è con la Sardegna ed alcune zone interne della Sicilia troppo scarsamente abitata”. Muovendo da questa considerazione Piovene enuncia le vicende storiche ed economiche della prima zona della Puglia da lui visitata. Parlando di Foggia, rileva che “l’attrattiva maggiore è nel suo disegno di grande città in embrione, nelle strade del centro, ben arieggiate, nell’acqua squisita, nel vento fresco”. La tappa successiva è il Gargano, “la grande bellezza turistica della provincia. Promontorio montuoso, intorno al quale la letteratura è scarsa in paragone alle sue attrattive . . una delle terre più greche d’Italia”, dove si trova il santuario di Monte Sant’Angelo, “il più famoso del Medio Evo”. Infine, la visita a San Giovanni Rotondo consente di incentrare il discorso su Padre Pio da Pietrelcina, “l’unico uomo vivente che, almeno nel nostro Paese, abbia fama di santità”. |
Bari |
“La Puglia è la nostra regione in cui più si avverte l’Oriente. I baresi ricordano come una favola recente gli anni in cui gli albanesi traversavano il mare carichi di monete d’oro, giacché gli albanesi allora consideravano Bari il proprio mercato e vi scendevano anche a comperare un cappello. San Nicola, venerato a Bari, è un santo anche della Russia. . . Alla festa di questo santo pugliese ed orientale partecipavano in passato i pellegrini del Levante. Questo orientalismo si avverte poco nel colore locale . . ., molto negli usi e nei caratteri . . . ma i componenti della vita di Bari sono molti e contraddittori, Tutta la Puglia è un mosaico di razze ed un miscuglio di linguaggi, ed il color locale è scarso, anche perché colori locali diversi si sono eliminati a vicenda”. Di Bari vengono descritti gli edifici monumentali, la struttura urbanistica, le istituzioni, la vita che vi scorre e le attività economiche. Lo sguardo di Piovene si estende poi ai dintorni, raffigurati nella loro cornice naturale e storica, con un cenno particolare alla Puglia “terra di castelli” e a Castel Del Monte. |
Da Bari a Taranto |
Il percorso di questo tratto della Puglia inizia dalle grotte di Castellana “anticamera della parte più bella della Puglia” e si sofferma nella la zona dei trulli, dei quali Alberobello è il concentramento più celebre. Piovene approfondisce la credenza nei maghi, diffusa presso gli abitanti dl luogo. Prosegue poi il suo itinerario passando per Ostuni, in provincia di Brindisi, descrivendo la particolare bellezza della zona che si attraversa per recarsi alla Grotta di San Biagio, e giunge a Taranto, “configurata da due lingue di terra, che si protendono sul mare l’una in direzione dell’altra, come branchie di un crostaceo”. Dopo una visita al Museo Nazionale Archeologico, vengono esaminate le attività economiche principali della città, facenti capo essenzialmente ai cantieri navali, che ebbero intensa produttiva durante il periodo della guerra, e all’industria dei molluschi. |
Lecce e il Salento |
L’ultimo episodio del viaggio in Puglia si apre con Brindisi e il suo porto per poi spingersi nel Salento, “la terra d’Otranto degli antichi, il vero fondo d’Italia”, e fermarsi a Lecce, di cui sono posti in risalto la bellezza dei monumenti barocchi, “un barocco speciale che non ha nulla a che vedere con quello di Roma, né con quello ardente e chimerico di alcune città siciliane e nemmeno di altre cittadine pugliesi come Martina Franca”, le istituzioni e gli interessi culturali, lo stile di vita, la tradizione artigiana. Viene quindi percorsa la penisola salentina, visitando i suoi siti archeologici e le sue coste, adriatica e ionica, ricche di grotte. “Il Salento è una terra di miraggi, ventosa, è fantastica e piena di dolcezza”, conclude Piovene. “resta nel mio ricordo più come un viaggio immaginario che come un viaggio vero”. |
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Basilicata |
La Lucania e Potenza |
“Lucania o Basilicata che sia, è questo un tratto esemplare del Sud. . . Al viaggiatore moderno la Lucania presenta soprattutto la sua bellezza naturale, una città straordinaria: Matera, le bonifiche, la riforma agraria. Molta la parte dello Stato, poca quella dei privati. Ed è una caldaia di razze, di residui di credenze arcaiche, di movimenti religiosi in embrione; più che da una caldaia definita, la sua caratteristica è data proprio dal miscuglio, in un poeticismo diffuso che sembra fondere tra loro genti tanto diverse”. Dopo un esordio che tratteggia i caratteri della regione, il viaggiatore Piovene raggiunge Potenza, di cui viene analizzato il contesto urbanistico, sociale ed economico, e percorre le zone limitrofe, osservando lo stile di vita degli abitanti, le attività, gli effetti della riforma agraria sull’agricoltura lucana. Un’attenzione particolare viene data all’artigianato di Avigliano, soprattutto la lavorazione dei coltelli e l’arte dell’intaglio e dell’intarsio. |
Matera e il Metaponto |
“Una pianura arida e semidesertica a quattrocento metri sul livello del mare è improvvisamente interrotta da un baratro tra le rocce, in fondo a cui corre un torrente. Sul ciglio di quel baratro si affaccia una città, o almeno la metà di essa; in parte antica e in parte nuova, con uffici e negozi. Ma le pareti della roccia che scoscende verso il torrente sono fittamente coperte, dal ciglio fino al fondo, di abitazioni umane: case o grotte scavate nella pietra . . . Spaccata da valli rupestri, Matera è una specie di Siena del sud, più remota nel tempo”. L’emozione suscitata in Piovene dalla vista dei “Sassi” contrassegna l’arrivo a Matera, che viene poi descritta sotto l’aspetto storico, artistico, sociale ed economico. Viene quindi effettuata una disamina degli effetti delle bonifiche e della riforma agraria nella piana del Metaponto. |
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Calabria |
Calabria e Cosenza |
La raffigurazione della Calabria si apre con una ricostruzione delle condizioni sociali ed economiche in cui la regione versa inquadrate nella sua dimensione geografica. “La Calabria è rocciosa e spaccata in profonde valli. Da una cinquantina di fiumi-torrenti con pendenze precipitose. Il suo manto di boschi, di cui restano oggi solo splendidi avanzi, fu in gran parte distrutto da una popolazione povera, che cercava terreni per il pascolo o per la semina, oppure un immediato guadagno per sopravvivere; e subì di recente l’ultimo grave colpo dagli eserciti d’occupazione. I torrenti, scendendo a mare nei periodi di piena, disfanno la roccia senza difesa e la trascinano con sé. Le bonifiche fatte sulle piane costiere, senza risanare il monte, erano perciò precarie e furono spazzate via”. Piovene osserva che “viaggiare in Calabria significa compiere un gran numero di andirivieni, come se si seguisse il capriccioso tracciato di un labirinto. Rotta da quei torrenti in forte pendenza, non solo è diversa da zona a zona, ma muta con passaggi bruschi nel paesaggio, nel clima, nella composizione etnica degli abitanti. . . La Calabria è una mescolanza di mondi. Nessuna delle sue città vi ha potuto affermare sulle altre un primato riconosciuto. Lo ambiscono egualmente Reggio, come la più grande, Cosenza, come più ricca e in rapida crescita, e Catanzaro che rivendica tradizioni di aristocrazia”. La prima città di rilievo che viene raggiunta è Cosenza, della quale vengono descritti l’aspetto urbanistico, gli edifici storici e il tessuto industriale. |
Altopiano silano, Catanzaro |
“Un grosso errore del passato fu quello di vedere nella Calabria quasi una zona di transito per la Sicilia, anziché una regione su cui soffermarci per la sua varia e speciale bellezza. Ma per accorgersi dell’errore basta salire nella Sila. Questa catena di montagne, campate nel centro della regione, giacché comincia a nord di Cosenza con il nome di Sila grande, ed aumentando di attrattiva si spinge fino a Catanzaro con il nome di Sila piccola, è unica non soltanto in tutto il Mezzogiorno italiano, ma in tutto il Mezzogiorno mediterraneo. . . Con la Sila si vede sorgere nel Sud un Nord paradossale. Questo paesaggio verde di boschi e di pascoli è la montagna vera nel senso nordico: ricorda i paesaggi trentini, come l’Alpe di Siusi, o addirittura la penisola scandinava, per un misterioso riaffiorare dell’estremo Nord sulla punta meridionale della penisola italiana”. Il viaggiatore Piovene indugia nella descrizione delle caratteristiche naturali, storiche ed economiche della zona per poi approdare a Catanzaro, città in altura “ariosa, perciò, con magnifica vista sulla Sila e sul golfo di Squillace, aperta da ogni lato a un paesaggio diverso, montano o marino”. |
Calabria e costa ionica |
Il percorso sulla costa ionica esordisce con le caratteristiche della bonifica della piana di Sibari e prosegue poi per Crotone passando per Corigliano, Rossano Calabro, che conserva “quel Codice purpureo che, con la Croce di Cosenza, è il più prezioso oggetto d’arte della Calabria: evangelario greco dalle pagine rosse scritte con lettere d’argento ed ornate e miniate”, Cutro. Oltrepassata Crotone, “città industriale e operaia” l’itinerario prosegue per Capo Colonna, con la sua area archeologica dove si trova la colonna dorica “unica nella solitudine, testimoniante il tempio di Hera Lacinia”, Locri e l’Aspromonte. |
Reggio Calabria |
La caratterizzazione di Reggio Calabria è incentrata sul suo aspetto di città quasi interamente moderna per effetto della ricostruzione seguita al terremoto del 1908. Vengono presi in esame l’architettura, lo stile di vita che contrassegna i suoi abitanti e le attività produttive della sua provincia, fra le quali spiccano la coltivazione degli agrumi e, in particolare, del bergamotto, del gelsomino e dell’olivo. |
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Sicilia |
Ingresso in Sicilia e Palermo |
Piovene inizia la sua ricognizione della Sicilia da Messina, “brillante, graziosa e vivace” della quale vengono descritti i monumenti, le opere d’arte, la posizione e la vita sociale. Scendendo per la costa orientale si sofferma a Taormina, dove in certi giorni ”la luce dorata ed il paesaggio senza pecche infondono anche in chi li guarda un orgoglioso sentimento di sublimazione; è difficile, in questo paesaggio così classico e così assoluto non concedere nulla all’illusione di sentire anche sé stessi come rari e preziosi”. Percorrendo la costa settentrionale vengono effettuate soste a Tindari, a Cefalù, con la sua stupenda “cattedrale-fortezza, appoggiata all’immensa roccia che la sovrasta”, e si giunge a Palermo. “Si entra nella Sicilia più araba e più barocca, più cupa, più carica di fantasia e forse la più ricca di potenza latente. Il disegno dei monti e degli scogli che circondano il porto, tendenti all’ocra ed al violetto, sulle acque di un azzurro carico quale lo si contempla dal Pellegrino è meno dolce, meno tenero ma più puro di quello dei monti che circondano Napoli. Come in Grecia, in Sicilia la natura è rimasta ferma a modelli eterni e hanno mutato, invece, gli uomini”. Storia, monumenti, caratteri degli abitanti, usanze come il cantastorie e il teatro dei pupi, luoghi suggestivi come il mercato con le voci dei banditori, compongono un quadro articolato e vivo della città. |
Palermo nuova |
Vengono analizzate le condizioni e le trasformazioni dell’assetto sociale ed economico di Palermo e della sua zona, gli effetti della riforma agraria sull’agricoltura siciliana, in precedenza interamente dominata dal regime latifondistico, gli sviluppi del turismo, la presenza della mafia. |
Catania |
“Città torturata dai romanzieri catanesi, Catania mi è sembrata del tutto diversa da come essi l’hanno descritta. È bella, ariosa, traversata da una lunga via, la via Etnea. . . . Se tutta la Sicilia d’oggi guarda ai modelli nordici, Catania vi ha guardato prima”. Viene posta in risalto la struttura architettonica della città, con i suoi magnifici esempi di stile barocco. “Questo barocco siciliano, quale lo si vede a Catania, ad Acireale, a Noto, è diverso da tutti gli altri e non si può confonderlo né con quello spagnolo, né con quello coloniale”. La più rilevante attività economica è nella coltivazione delle arance e da qui il discorso si allarga alla produzione degli agrumi nelle varie zone della Sicilia. |
Siracusa |
“Vi è una Sicilia litoranea e una Sicilia interna; difficilmente si trovano, in così breve spazio, due paesaggi più discordanti, anche dal lato umano. Scendendo sulla fascia ionica, da Catania a Siracusa ed oltre, si crederebbe che gli aspetti tragici della Sicilia siano una fantasia. . . Siracusa fa parte della Sicilia più tranquilla. Rarissimi vi sono i furti e gli atti di violenza, ed equilibrati i caratteri. Siamo lontani dal miscuglio palermitano di atavismi arabi e normanni che è un miscuglio esplosivo. . . Per quanto interessante sia la Siracusa moderna, soltanto una mente parziale può dimenticare che questa città è nota al mondo come regno degli dei e delle ninfe ed importante per altre cause, non meno oggi di ieri. È infatti il più complesso centro archeologico del mondo classico mediterraneo”. E sulle testimonianze del mondo classico si incentra per lo più lo sguardo di Piovene riguardo alla città, ricordando la fonte Aretusa, le latomie, il museo archeologico. Viene fatto cenno al miracolo della Madonna delle Lacrime, che rende Siracusa meta di pellegrinaggio. |
La Sicilia classica e il petrolio |
“La parte della Sicilia in cui penetriamo andando da Siracusa ad occidente, somiglia alla Terrasanta. Sembra che tirando una linea tra Avola e Gela si abbia, dalla parte del mare, una terra anche geologicamente diversa, terra sassosa, in cui le valli diventano precipizi”. La coltivazione dei mandorli e dei carrubi, Ragusa, che si presenta “come un immenso presepio”, nella cui zona sono stati rinvenuti giacimenti di petrolio, Gela e la sua area archeologica, dove è stata effettuata la più grande scoperta siciliana del dopoguerra: la Villa romana del Casale a Piazza Armerina sono i temi affrontati in questa tappa del viaggio di Piovene. |
Zolfo e i templi greci |
“Caltanissetta è affollata, formicolante, come lo sono tutti i centri piccoli e grandi all’interno dell’isola dove la popolazione agricola, non vivendo nelle campagne, si stipa dentro la città. Spruzzata anch’essa di architettura barocca, è centro del Distretto Minerario della Sicilia, sede dell’Istituto Tecnico Minerario. Siamo nel regno dello zolfo, che si prolunga ad ovest sopra Agrigento”. L’esordio della trasmissione passa in disamina i metodi estrattivi dalle miniere di zolfo che si trovano in questa zona della Sicilia. Il viaggiatore Piovene volge poi verso Agrigento, ai cui piedi di stende la valle dei Templi, “ il più grandioso complesso di monumenti greci, più dell’Acropoli di Atene, se noi guardiamo solo il numero, la mole e l’imponenza” e Selinunte, con la sua zona archeologica altrettanto rilevante. |
Trapani e Marsala |
“Il vino, il pesce, il sale, il cotone, l’olivo sono protagonisti della zona in cui entriamo, dirigendoci verso Trapani. Si dispiega davanti a noi una Sicilia ben diversa da quella dello zolfo e dell’archeologia. La provincia di Trapani è, dopo quella di Catania, la più ricca di industrie, sebbene travagliata da gravi crisi. Spesso i turisti la trascurano, accontentandosi di fermarsi alle frange, a Selinunte e a Segesta. Pure è un compendio di vita mediterranea”. Le caratteristiche geografiche della zona, la viticoltura a Marsala, con la produzione di liquori e vermut, la fine della pesca del corallo, con la conseguente estinzione dell’artigianato ad essa collegato, e delle spugne, un tempo emblemi della città, la pesca del tonno, le saline sono i temi trattati dall’ultima trasmissione dedicata alla Sicilia. |
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Sardegna |
La Sardegna e Cagliari |
“La Sardegna è compatta e radicalmente diversa dalle altre regioni italiane. È simile alle correnti che non si diluiscono nell’acqua che le circonda. . . . Questa diversità si converte in visione per chi percorre tutta l’isola. Chi giunge qui s’accorge subito di trovarsi di fronte a una terra mai veduta. Nuove queste montagne, che sembrano a vederle favolosamente alte, e a misurarle sono basse, avvolte di un riverbero strano, abbagliante. . . Seminate di giganteschi massi, cui l’erosione ha dato profili di mostri, in quella luce d’irrealtà potrebbero essere montagne viste in un sogno, che non si ritrovano più svegliandosi un minuto dopo. Lo strano è proprio che un paese di roccia, anziché dare il senso della realtà, ci sembra fatto col tessuto impalpabile delle immaginazioni”. L’arrivo in Sardegna e poi a Cagliari offre a Piovene ancora una volta di enucleare le caratteristiche fisiche, sociali ed economiche delle aree visitate nonché i caratteri della popolazione, soffermandosi in particolare sul fenomeno dell’autonomismo sardo. |
Miniere e Nuraghi |
Il problema dei trasporti e dei collegamenti con il continente introduce questo capitolo, la cui prima parte si concentra sull’attività mineraria nella regione. “La Sardegna è la nostra regione più ricca di miniere” sottolinea Piovene, che aggiunge: “La grande zona mineraria della Sardegna ha una propria bellezza. Il materiale di rifiuto, accumulandosi, ha mutato il paesaggio. Forma un sistema di colline, di tinte accese e inconsuete in quest’isola: gialle, rossastre, plumbee con riflessi d’argento”. Viene visitata la città di Carbonia nel distretto del Sulcis e viene descritta l’attività estrattiva. La seconda parte è invece dedicata all’incontro coll’arte nuragica. “un’arte originale della Sardegna in età remota . . . Gli impressionanti nuraghi danno alla Sardegna un posto a sé nella storia dell’uomo”. |
Da Oristano a Sassari |
“Un confronto tra l’opera compiuta prima della guerra e quella che si compie adesso si può fare a Oristano. Ho già detto che la Sardegna sta costruendo la sua terra come una casa. Giungendo ad Arborea, sotto Oristano ed in vicinanza del golfo, sembra di essere passati in un’altra parte del mondo”. I nuovi spostamenti all’interno della Sardegna riguardano la costa occidentale, da Oristano ad Alghero, con alcune incursioni nell’interno, che consentono digressioni significative sui monumenti, sulle usanze degli abitanti dei luoghi visitati, sulle attività che vi si svolgono, fra cui la produzione del pecorino sardo, e sugli sviluppi del turismo in Sardegna. L’arrivo a Sassari, “il più antico comune sardo”, dopo un cenno agli edifici storici della città, offre l’occasione a Piovene per descrivere i costumi tradizionali sardi, “i più ricchi tra i costumi italiani”, visti ad Osilo, nelle vicinanze della città. |
Da Sassari a Nuoro |
“In Sardegna, tra gente rimasta appartata e quasi isolata dal resto del mondo, si prolunga, più che nelle altre regioni, una facoltà primitiva di mescolare la realtà alla leggenda e al sogno. Questo spiega anche certi bruschi trapassi del suo carattere. Il sardo è silenzioso, ma può diventare loquace se ha l’occasione di uno sfogo. È severo, ma con ventate di allegria, intermezzi di festa; tranquillo ma per eccezione sfrenato”. Muovendo da queste considerazioni sul carattere del popolo sardo, Piovene analizza il problema dello spopolamento della Sardegna, per poi riprendere il suo percorso passando per Sennori, Castelsardo e penetrando “nella parte più intatta e più leggendaria dell’isola”. Avverte a questo punto: “Vorrei comunicare qui la grande bellezza delle terre in cui entro: la Gallura e il Nuorese”. Della Gallura viene descritta la natura primordiale della costa e delle isole antistanti della Maddalena e di Caprera e la caratteristica produzione del sughero. Il Nuorese “è un’altra isola nell’isola: uno stupendo anacronismo con le attrattive per l’estraneo e l’asprezza di vita che l’anacronismo porta”. |
Nuorese e Flumendosa |
“Agricoltura e pastorizia sono tuttora i fondamenti dell’economia sarda, e, nell’insieme della vita in Sardegna, conservano maggior peso delle stesse industrie estrattive. Nel Nuorese, poi, che è una specie di isola dentro l’isola, il pastore prevale a distanza sul contadino. . . È questa la più vasta e intatta repubblica di pastori che rimanga in Italia”. L’ultimo capitolo dedicato alla Sardegna affronta il tema del banditismo che “è di qualità primitiva, come la vita pastorale che lo alimenta”. “D’altra parte”, seguita Piovene, “il Nuorese entusiasma il viaggiatore. Ha ancora la maestà, l’aristocrazia, la dolcezza delle terre rimaste fuori del tempo. In un Pese come il nostro, nel quale il vero primitivo ha scarsi residui, questa acropoli di montagne dà una specie di shock . . . Attrae il paesaggio e attraggono gli uomini. Nella cornice di usi arcaici vengono a galla un’intelligenza esatta e un rigore dove non s’insinua nulla di torbido né d’ambiguo”. Le notazioni ch seguono riguardano la tradizione orafa presente a Oliena, la concentrazione di nuraghi presso la costa, nell’altopiano circondato da monti tra Nuoro e Dorgali, le grotte della costa in vicinanza di Dorgali. Chiude la sosta in Sardegna l’illustrazione del progetto di costruzione di tre laghi artificiali lungo il fiume Flumendosa e dei suoi affluenti per irrigare la zona del Campidano di Cagliari. Vengono intervistati in proposito l’avvocato Aldo Palmas, presidente dell’Ente Autonomo Flumendosa, e l’ingegnere Sante Serafini, direttore dei lavori. “Come in tutte le terre che la storia ha evitato”, conclude Piovene, “si passa qui dalla caverna, dal nuraghe preistorico, alla moderna opera d’ingegneria, e questi aspetti estremi, messi bruscamente a contrasto con scarsi passaggi intermedi, danno il tono al paesaggio”. |