Progetto filosofi – Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Hans Jonas (Mönchengladbach, 10 maggio 1903 – New York, 5 febbraio 1993) è stato un filosofo tedesco naturalizzato statunitense di origine ebraica.
Allievo di Martin Heidegger e Rudolf Bultmann e compagno di studi di Hannah Arendt, nel corso degli anni venti, laureatosi a Marburgo, si dedicò allo studio dello gnosticismo. Jonas sarà costretto, come molti altri intellettuali a lui contemporanei, a emigrare dapprima in Inghilterra dopo l’avvento del nazismo e poi a trasferirsi in Terra d’Israele. Partecipò come volontario alla seconda guerra mondiale, militando nella Brigata ebraica dell’esercito inglese. Contribuì alla liberazione dell’Italia e nell’ultima fase della guerra si spostò in Germania. Tornato in Palestina, partecipò alla guerra di indipendenza israeliana del 1948, quindi iniziò la sua carriera di docente alla “Hebrew University” di Gerusalemme, prima di trasferirsi a New York dove visse tutto il resto della sua vita.
In questa intervista Jonas risponde alla domanda che verte intorno ai principi etici necessari a guidare la ricerca biologica e in particolare le manipolazioni del codice genetico.
“Il primo principio etico che viene in mente a questo riguardo – spiega Jonas, è il rispetto. Abbi rispetto per quello che l’uomo è, per l’integrità del suo essere. Ora, però, di solito il nostro approccio con l’ambiente si ha soprattutto nel segno, sotto l’ègida della tecnologia; e la tecnologia è inventiva, migliora di continuo, migliora per soddisfare scopi umani. E’ così che si affaccia la grande tentazione di considerare come pezzi dell’ambiente, capaci di miglioramento, anche noi stessi. Certo, in un qualche modo anche noi siamo parte dell’ambiente, e il DNA del codice genetico è esattamente un dato naturale al pari di altri dati, e può venir mutato, e se viene mutato io penso a ciò come a un suo miglioramento. Vede, migliorare in questo contesto, che ad un primo approccio è un contesto medico, significa rettificare o correggere qualcosa di dannoso, prodotto della natura o del caso. Si tratta di un lavoro di riparazione, di un restauro; è ciò che si chiama curare, guarire; è l’ambito, l’ambito della tecnologia genetica, della tecnologia del gene, ed è quell’ambito della medicina dove ci si prefigge di eliminare, di sostituire qualche parte danneggiata del sistema genetico con una parte buona. Si tratta di una riparazione: è come se si avessero dei pezzi di ricambio che si mettono al posto dei pezzi danneggiati. E la prima reazione di chi sente queste cose è la seguente: “E perché mai queste sostituzioni non dovrebbero venire effettuate? Se le possiamo effettuare dovremmo esserne felici, giacché così si possono evitare, si possono eliminare non solo le malattie genetiche, che alcuni si portano dietro dalla nascita, ma si possono evitare intervenendo sullo stesso dato genetico.
Qui noi… io ricordo ancora che più o meno circa quindici anni fa fu scoperto che, fra i criminali che avevano commesso crimini violenti, era prevalente o statisticamente più frequente che nella popolazione normale la doppia ricorrenza di un cromosoma. Non ricordo bene il nome di questo cromosoma, potrei sbagliare. Chiamiamolo “x”. Fu trovato che statisticamente, si badi, i portatori di siffatta tara genetica potrebbero avere un tratto aggressivo nel loro carattere. Per cui si pensò che si potesse lavorare per identificare tutte le persone portatrici di questa tara genetica, per eliminarla sin dagli inizi, per ridurre così in modo considerevole la violenza criminale. Ma, faccio presente, aspettiamo un momento! Prima di tutto, sappiamo noi davvero che ogni aggressività è male? Siamo davvero convinti di volere una società di agnelli? O forse una società dove vi sono anche leoni e aquile potrebbe essere molto migliore?
In altri termini, non dobbiamo rimodellare l’uomo. La presenza dell’aggressività fa parte dell’umanità, come fa parte dell’umanità la docilità, la vanità e il suo opposto, cioè l’essere timidi e dubbiosi. Tutte queste cose appartengono alla complessità dell’uomo e noi non dobbiamo partire col costruire un tipo di immagine ideale di uomo, in accordo alla quale selezionare o in qualche modo manipolare in qualche l’eredità biologica dell’umanità. Ciò è completamente al di fuori dei nostri diritti, al di là della nostra scienza e della nostra saggezza. Qui sta uno dei pericoli di questo nuovo potere, che è parte del più generale potere scientifico tecnologico acquisito dall’uomo, e che ora si rivolge su noi stessi. La realtà è che noi non siamo i soggetti che possono creare l’uomo, in quanto siamo stati noi stessi già creati”.
Riferimenti bibliografici
Hans Jonas, Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik für die technologische Zivilisation, Suhrkamp, Frankfurt/M, 1979 (trad. it. Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, a cura di P.P. Portinaro, Einaudi, Torino, 1990).
Hans Jonas, The Phenomenon of Life: Towards a Philosophical Biology, Harper and Row, 1966 [trad. ted.Organismus und Freiheit: Ansätze zu einer philosophischen Biologie, Göttingen, 1973; it. Organismo e libertà. Verso una biologia filosofica, a cura di Paolo Becchi, Einaudi, Torino, 1999
Hans Jonas, Anima e corpo, conversazione di Vittorio Hösle con Hans Jonas, in «Ragion Pratica», n. 15, vol. VIII, 2000, pp. 53-65. Trad. it. di F. Li Vigni di un’intervista risalente al 1990 nell’ambito del programma televisivo Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche.