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Progetto filosofi – Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Fernando Vianello (Bologna, 17 agosto 1939 – Roma, 10 agosto 2009) , già Professore Ordinario di Economia Politica all’Università La Sapienza di Roma, ci introduce al pensiero di Karl Marx (Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 marzo 1883). Il filosofo ed economista tedesco esercitò un peso decisivo sulla nascita delle ideologie socialiste e comuniste, dando vita alla corrente socioeconomica del marxismo.
L’opera maggiore di Marx, Il capitale, reca un sottotitolo che spesso viene dimenticato, “critica dell’economia politica”, tuttavia attraverso questa critica dell’economia politica classica Marx dà ad essa un contributo decisivo. Il tratto distintivo degli economisti classici è la teoria della distribuzione che parte da una concezione del salario come determinato da circostanze di natura storica e sociale che si evolvono nel tempo, ma che in ogni particolare momento possono essere date per assolute. Faccio un esempio: quando ero piccolo io non esisteva il frigorifero, c’era un signore che passava a vendere il ghiaccio e le donne di casa scendevano a comprare il ghiaccio che veniva messo nella ghiacciaia. Oggi per qualunque famiglia sarebbe impensabile vivere senza frigorifero, questo implica un tenore di vita considerato accettabile e a questo fa riferimento l’economia politica classica per determinare un salario. L’altra variabile distributiva, cioè il profitto, è considerata una variabile residuale. Questa concezione si contrappone alla teoria successiva, quella marginalista ancora oggi in auge, secondo cui il salario, il profitto e la rendita corrispondono ad un particolare contributo produttivo. Per gli economisti classici, compreso Marx, non esistono fattori della produzione diversi dal lavoro: si tratta della ripartizione del prodotto del lavoro tra diverse classi sociali. Attraverso la teoria del valore-lavoro un particolare livello del salario, determinato secondo le variabili sopra descritte, viene posto in relazione al saggio del profitto che gli corrisponde, c’è una relazione inversa tra livello del salario e saggio del profitto. A sua volta, a quel saggio del profitto corrisponde un sistema dei prezzi che rende uniforme il saggio del profitto stesso e le diverse attività produttive. Questo corrisponde ad un’idea della concorrenza fra i capitali che sono liberi di spostarsi da un’attività produttiva all’altra, fuggendo dalle attività produttive dove il saggio del profitto è più basso in favore di quelle dove è più alto. Così facendo uniformano il saggio del profitto nell’intera economia. I prezzi dunque hanno la sola funzione di rendere uniforme il saggio del profitto corrispondente a ciascun livello del salario.
Che cos’è esattamente la teoria del valore-lavoro?
È lo strumento attraverso il quale viene costruita la relazione inversa fra salario e saggio del profitto. L’idea di base si trova nell’esempio più famoso di tuttala storia dell’economia politica, ovvero quello di Adam Smith e dei cacciatori che si scambiano cervi e castori. Dice Smith: se per uccidere un cervo occorre una giornata di lavoro e per uccidere un castoro ne occorrono due, sarà naturale che questi due prodotti ridotti a selvaggina si scambino fra loro in proporzione al lavoro speso nella loro produzione. Quindi in questo caso occorrerà dare due cervi in cambio di un castoro. Questa è l’idea che David Ricardo applica all’economia capitalistica: il valore di una merce è dato dal lavoro richiesto dalla sua produzione, produzione diretta e indiretta. Il valore di una merce, quindi, si presenta come una grandezza data che poi si ripartisce in profitti e salari, prescindo sempre dalla rendita che complicherebbe ulteriormente il nostro discorso. Questa grandezza, il valore, è determinata indipendentemente dal modo in cui essa si distribuisce tra salario e profitti. Marx sottolinea con forza che questo è proprio l’elemento decisivo dell’impostazione teorica di Ricardo, contrapposta all’idea di Adam Smith secondo il quale i salari e i profitti si configurano come elementi indipendenti l’uno dall’altro e il prezzo della merce sembra quasi formarsi per somma di questi elementi determinati l’uno indipendentemente dall’altro. Questo, secondo Marx, è il grande progresso compiuto da Ricardo nell’ambito della teoria economica.
Ma qual è il principale contributo di Marx alla teoria del valore-lavoro?
Riguarda la trattazione dei mezzi di produzione. Nella trattazione di Smith, ripresa da Ricardo, i mezzi di produzione in qualche modo spariscono dalla scena. Marx pone delle obiezioni. Intanto considera quella di Smith una visione sbagliata della tecnologia, perché non esiste per il pensatore tedesco una serie ordinata di stadi della produzione – come teorizzato da Smith – piuttosto merci che entrano le une nella produzione delle altre: ad esempio il ferro entra nella produzione del carbone e viceversa. Quindi risalendo gli stadi a ritroso incontreremo il ferro e poi il carbone e poi ancora il ferro e così via, perché la produzione non può essere rappresentata come una serie ordinata e finita di stadi. Occorre quindi considerare i mezzi di produzione che entrano in ciascuna merce in modo autonomo. La seconda critica mossa da Marx è che questa concezione della produzione per stadi è fuorviante, infatti Smith – e sulla sua scia Ricardo – induce a ritenere che quando si guardano le cose dal punto di vista dell’economia nel suo complesso si può ragionare come se i mezzi di produzione non esistessero. Per Marx occorre rendere espliciti i mezzi di produzione che egli chiama capitale costante, mentre chiama capitale variabile le anticipazioni salariali e plusvalore che è la differenza tra il valore aggiunto (dato dal lavoro impiegato direttamente nella produzione della merce) e il capitale variabile
Bibliografia
Karl Marx – Il Capitale, 1867. trad. it.: Newton Compton 2015
Adam Smith – La ricchezza delle nazioni, 1867. trad. it.: UTET 2017
David Ricardo – Opere Vol. 1: Principi di economia politica e dell’imposta, 1817. trad. it.: UTET 2006
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Fernando Vianello – “Plusvalore e profitto nell’analisi di Marx”, in: P. Sylos Labini (a cura di), Prezzi relativi e distribuzione del reddito, Torino, Boringhieri, 1973