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Progetto filosofi – Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Il Professore Emanuele Severino (Brescia, 26 febbraio 1929 – Brescia, 17 gennaio 2020), uno dei più grandi filosofi italiani del ‘900, spiega l’importanza di Giacomo Leopardi (Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837) come filosofo e precursore di gran parte del pensiero moderno occidentale.
Severino esordisce con un parallelismo letterario: come Eschilo è il primo a pensare che il rimedio contro il dolore sia la verità, cioè la conoscenza vera delle cose e non il mito, Leopardi è il primo a rilevare che conoscenza delle cose non è il rimedio del dolore, bensì la sua causa. Con il poeta italiano infatti viene alla luce l’idea che la verità sia la nullità di tutte le cose. Il critico letterario purtroppo non si è reso conto che Leopardi è in stretto colloquio con i tratti essenziali della tradizione del pensiero filosofico dell’Occidente. Leopardi sviluppa infatti riflessioni pregnanti su tutta la filosofia greca, da Platone ad Aristotele. Per primo, Leopardi mostra come la verità intesa come autentica visione delle cose, mostra l’uscire dal nulla e il ritornare nel nulla a cui è soggetto l’uomo. Il poeta filosofo chiama la contemplazione di questo movimento dentro e fuori dal nulla “verissima pazzia”. E’ pazzia perché chi guarda la nullità delle cose, non può che essere isterilito in ogni volontà di sopravvivere, ma è verissima perché questa pazzia mostra effettivamente come stanno le cose.
Professore che rapporto c’è tra la verissima pazzia e le opere di genio di cui parla Leopardi?
Questa espressione si trova nel corpus del pensiero del poeta, quattro mila e più pagine filosofiche, linguistiche, che raccolgono il pensiero complesso di Leopardi. Opere di genio: arriviamo al testo al cui interno è contenuta questa espressione, partendo da una poesia che forse è il suo più grande canto, La ginestra. Mi preme dire che quanto il canto dice, canto scritto nell’ultimo periodo della vita di Leopardi, era già stato ampiamente anticipato nella sua prosa filosofica redatta anni prima, ed è fondamentale per comprendere il ruolo che ha il genio come rimedio contro il dolore. In alcuni passi della poesia abbiamo le parole definitive dell’ontologia occidentale. Il verso iniziale, “Qui sull’arida schiena”, non è solo un’immagine poetica, ma “qui” nel luogo della distruzione è un riferimento all’uomo davanti alla fonte della distruzione, che inizialmente è il vulcano, l’elemento igneo del vulcano che nel corso del canto diviene il fuoco del cielo. E se all’inizio è la ginestra ad essere qui sull’arida schiena del monte, nel corso della poesia è il cantore ad essere qui sull’arida schiena del formidabil monte. Quindi, seguendo il testo, l’uomo siede là dove si trova la ginestra, l’uomo è la ginestra: è un canto in cui il cantore si rivolge a se stesso. Si dice spesso che quella di Hölderlin è una poesia che canta la poesia, questa riflessone vale supremamente per questo canto di Leopardi.
Bibliografia
Emanuele Severino – Il nulla e la poesia. Alla fine dell’età della tecnica: Leopardi, Milano, Rizzoli, 1990; nuova edizione, 2005.
Emanuele Severino – Cosa arcana e stupenda. L’Occidente e Leopardi, Milano, Rizzoli, 1998; nuova edizione, 2006.
Giacomo Leopardi – Zibaldone di pensieri, Feltrinelli 2019
Giacomo Leopardi – Pensieri, Feltrinelli 2014
Giacomo Leopardi – La ginestra, Edizioni dell’Asino 2020