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Progetto filosofi – Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Gianni Vattimo (Torino, 4 gennaio 1936), filosofo, accademico e teorizzatore del pensiero debole, ripercorre le origini della critica alla tecnologia della civiltà industriale.
Secondo il pensatore italiano la corrente di pensiero del positivismo, nella seconda metà del XIX secolo, contribuì a magnificare in filosofia l’impatto della razionalizzazione industriale del lavoro che dilagava in tutti i settori della società. Gli anni precedenti e successivi alla Prima Guerra Mondiale, sono determinanti per l’impatto della razionalizzazione tecnica del lavoro industriale sulla società in generale. Gli umanisti danno voce ad un disagio generalizzato, quello che vediamo anche nei film dell’epoca dell’Espressionismo. In filosofia si comincia a dibattere su questo tema alla fine dell’Ottocento, soprattutto in ambito tedesco, quando si parla di natura della scienza e natura dello spirito.
Vattimo afferma che le avanguardie del primo Novecento come l’Espressionismo, il cubismo, il dadaismo e il surrealismo si configurano come ribellione dello spirito contro le catene della forma. Il Positivismo intendeva applicare il modello del sapere scientifico al sapere umanistico, cioè allo studio di tutto ciò che concerne l’uomo.
Era il modo di Comte di razionalizzare in modo stabile la convivenza umana che soffriva di contrasti tra fedi, tra atteggiamenti irrazionali. Si voleva far passare anche le scienze umane allo stadio positivo. A cavallo dei due secoli si sente il problema di quella che Adorno chiamerà “organizzazione totale” e i filosofi riflettono a fondo sulla tendenza dell’epoca a ridurre l’uomo ad ingranaggio perfetto, una macchina appunto, quando la scienza dello spirito ha a che fare con la libertà, l’immateriale. Ricordiamo ad esempio Wilhelm Dilthey che con il suo “Verstehen”, la libera interpretazione dei fenomeni storici, spiega che la Storia non può essere oggetto di una spiegazione scientifica generale. Entra in gioco, sempre citando Dilthey, l’incontro simpatetico di fenomeni visti nella loro unicità.
Nell’Espressionismo, e nell’ambito delle Avanguardie storiche dei primi del ‘900, si esprime la volontà di partire dall’interno e manifestare fuori, piuttosto che lasciarsi imporre un ordine oggettivo del mondo. Persino il Cubismo è un’aggressione dello spirito all’esterno, alcune interpretazioni di Picasso infatti – si pensi al dipinto Les demoiselles d’Avignon – non vuole rendere meglio la molteplicità dell’apparenza tutta riportata su un piano, ma esprime piuttosto l’imposizione dell’interno sull’esterno. Questa lettura delle avanguardie artistiche si trova in un libro fondamentale dell’epoca, Spirito dell’utopia, di Ernst Bloch.
Bibliografia
Gianni Vattimo – Tecnica ed esistenza. Una mappa filosofica del Novecento, Mondadori 2006
Ernst Bloch – Lo spirito dell’utopia, BUR, 2009