Progetto filosofi – Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
In questa lezione il filosofo italiano Sergio Givone punta l’attenzione sulla spiegazione del concetto di imitazione nel mondo antico, molto importante e molto diverso dall’idea che ne abbiamo noi oggi.
Per il filosofo Democrito era un “fare come” e cita, come esempio, il modo in cui le rondini costruiscono il nido: allo stesso modo l’architetto dovrebbe prenderle a modello per costruire una casa, ma il gesto non consiste in una semplice copia della creazione fatta dagli uccelli, perché, benché perfetto, perché nessuno vivrebbe in un nido. Quindi l’architetto non deve copiare, ma imitare il “fare” delle rondini.
Il poiein, termine greco che indica il fare, è governato dunque da una legge che si manifesta producendo determinate realtà, ma questa regola non è meramente esecutiva, è invece da intendersi come un ritmo interno alla cosa stessa che va interpretato.
E’ in Aristotele che si giunge a una concezione piena dell’imitazione, perché essa viene intesa dal filosofo come il ritmo delle cose. La cosiddetta condanna dell’arte di Platone si lega alla sua concezione dell’interpretazione, proponendo una riflessione diversa da quella di Aristotele.
Platone considera l’interpretazione semplicemente come l’atto che copia la realtà e quindi l’arte, che si basa sul concetto di imitazione, è una cosa misera perché si allontana dalla realtà fornendone solo una copia. Quindi l’arte, allontanando dall’essere – che nella concezione greca coincide con il bene – allontana dal bene e dalla verità.
Platone condanna soprattutto l’arte tragica, che è incompatibile con la filosofia. L’arte non solo allontana dalla realtà, ma per il filosofo greco si svolge in una dimensione di ambiguità: i poeti tragici mettono in scena personaggi che non dominano il principio di contraddizione. Pensiamo ad Edipo: è colpevole o innocente? Il poeta tragico non fornisce una risposta, perché il suo personaggio è al contempo colpevole e innocente.
L’arte dunque, secondo Platone, ha a che fare con un mondo perturbato che va rimosso, e questo compito spetta alla filosofia.
Dal momento che per il filosofo il fondamento della polis è il tribunale, se la polis si basasse sugli insegnamenti dei poeti regnerebbe l’assoluta ambiguità. Invece, basandosi sui precetti dei filosofi, la polis può prosperare perché ciò che è giusto o sbagliato è definito in modo inequivocabile.
Riferimenti bibliografici
Sergio Givone – Storia dell’estetica, 1988
Platone – La Repubblica, ultima traduzione italiana: 2007 (libro X)
Platone – Fedone, ultima traduzione italiana: 2005
Aristotele – Poetica. ultima traduzione italiana: 2000
Plotino – Enneadi, ultima traduzione italiana: 2000