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Progetto filosofi – Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Carlo Sini (Bologna, 6 dicembre 1933), filosofo e accademico, ci introduce al pensiero di Charles Sanders Pierce (Cambridge, 10 settembre 1839 – Milford, 19 aprile 1914), filosofo americano considerato il fondatore del pragmatismo e uno dei padri della semiotica moderna.
Solo di recente la cultura non solo americana, ma anche europea, ha capito che Peirce è uno dei massimi pensatori del Novecento. In che cosa consiste la sua importanza?
Peirce è noto da tempo, come fondatore, insieme a James, del pragmatismo americano, cioè dell’unica corrente di pensiero che gli Stati Uniti abbiano elaborato in maniera autonoma. Questo movimento ebbe grande successo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ma nella versione appunto di William James e non nella versione di Peirce. Fu James a diffondere il pragmatismo nel mondo e a trarne grande fama; James disse sempre onestamente e lealmente che le idee di partenza erano di Peirce e non sue, e tuttavia il pragmatismo si diffuse in quella versione jamesiana che Peirce espressamente criticò e rifiutò. L’importanza di Peirce quindi si concentra su queste idee germinali che danno vita a questa corrente di pensiero.
Cerchiamo anzitutto di fissare queste idee di partenza elaborate intorno agli anni Settanta. Peirce enunciò quella che si chiama poi tra gli studiosi la celebre “massima pragmatica”. Tale massima stabiliva che le nostre opinioni, le nostre idee, hanno la loro traduzione nell’azione. Il senso, la verità, il significato delle nostre idee e delle nostre opinioni ha nell’agire, nella pratica, negli abiti di comportamento il suo luogo di rivelazione. Secondo la massima per sapere quali opinioni un uomo nutre dentro di sé non avete che da guardare il suo comportamento nelle varie situazioni della vita; allora l’insieme dei suoi comportamenti pratici concepibili è l’insieme delle credenze che quest’uomo nutre. Ovviamente questa massima trasforma profondamente il concetto di significato logico e il concetto di verità, cioè pone tali questioni su un piano eminentemente pratico o per dire meglio rompe la tradizionale gerarchia tra teoria e prassi che da Aristotele in avanti guida tutta la filosofia occidentale. Al primo posto sta l’azione e naturalmente – e qui bisogna intendersi – James interpretava questo motto dando rilievo al carattere irrazionale dell’azione. Peirce definiva questa maniera di interpretare la massima pragmatica una maniera suicida. Egli non intendeva assolutamente porre l’azione e quindi le forze irrazionali al posto della ragione o al posto della logica, ma intendeva trovare un nuovo terreno sulla base del quale analizzare i problemi della verità e della logica.
In due saggi che si intitolano Il fissarsi della credenza e Come render chiare le nostre idee, Peirce osserva che gli uomini hanno differenti metodi per fissare le loro credenze; egli enunciava quattro metodi principali. Il primo metodo attraverso il quale gli uomini fissano le loro credenze è il metodo della tenacia. La tenacia è quell’atteggiamento così diffuso tra gli uomini per cui un uomo che segue questo metodo nutre nei confronti delle proprie credenze, delle proprie opinioni la tenace volontà di perseguirle contro tutto e contro tutti; l’uomo cioè si attacca tenacemente alle sue idee e non vuole metterle a confronto con le idee degli altri, anzi, nutre odio e disprezzo per tutti coloro che hanno credenze difformi dalla sua. Il secondo metodo col quale gli uomini abitualmente fissano le credenze, fissano quindi anche i loro abiti di azione, è quello che Peirce chiama il metodo dell’autorità. Questo metodo è a sua volta un metodo tenace ma che non si appella tanto alle credenze del singolo, quanto alle credenze di una istituzione, alle credenze storiche, in questo caso alle credenze che vengono fissate all’autorità o dello Stato, o della Religione o di una istituzione qual si voglia del gruppo sociale, della classe di appartenenza sociale, della consorteria professionale.
Questi due modi molto diffusi, dice Peirce, sono assolutamente precari; essi alla lunga non riescono a stabilire credenze durevoli perché per quanto gli uomini si oppongano con tenacia al confronto e alla discussione, essi non possono fare a meno di scontrarsi con le opinioni difformi dalle loro e quindi non possono non venirne alla lunga influenzati, come infatti vediamo tutti i giorni. Esiste un terzo metodo per fissare le credenze che Peirce definisce più nobile che è il metodo della filosofia: il metodo metafisico. Questo metodo non si appella alla tenacia, ma si apre al dubbio, al confronto, al dialogo; esso ha come suo compito, come meta, quello di pervenire ad una credenza razionale. Gli uomini che seguono questo metodo vogliono essere in accordo con la ragione e non con le loro personali opinioni o con le loro passioni, o con gli interessi di un’istituzione. Questo metodo è più nobile dice Peirce e tuttavia esso nel tempo non ha dato risultati così apprezzabili come si poteva sperare per il semplice motivo che i filosofi non riescono ad accordarsi su ciò che intendono per ragione. Ognuno intende la ragione a modo suo, fa della ragione una questione di gusto, e quindi questo metodo razionale che vorrebbe essere universale finisce per dare luogo a una serie di contese che molto spesso sono sterili. Resta il quarto metodo, che Peirce seguì tutta la vita: il “metodo scientifico”. Ciò ha dato luogo ad un’immagine di Peirce come filosofo della scienza, come positivista, che non corrisponde poi alla complessità di ciò che egli voleva dire.
È vero che Peirce considera il metodo della scienza il procedimento più idoneo alla fissazione delle credenze. La scienza è quel procedimento attraverso il quale gli uomini non soltanto elaborano le loro credenze in dialogo con altri uomini, ma affidano le loro credenze al riscontro della prova pratica. Si può legittimamente sperare o auspicare che in un futuro, che Peirce definisce infinitamente lontano, le varie credenze degli uomini superino le idiosincrasie, le differenze individuali, le opinioni personali per assumere come banco di prova la verità pubblica, cioè i fatti pubblici che le confermerebbero. Tali credenze in un futuro appunto infinitamente lontano finiscono per convergere in una unità, in una sorta di “ecumenismo della verità”.
In cosa consiste il metodo della scienza?
Peirce fa vari esempi a riguardo che trae dalla sua pratica scientifica poiché, come abbiamo visto, egli sostanzialmente era anche uno scienziato oltre che un pensatore, un ricercatore nella astronomia, nella determinazione della gravitazione terrestre. Egli porta questo esempio: supponiamo di voler misurare la velocità della luce; ci sono molte vie per farlo, molti metodi, molte strade, e ogni ricercatore ne sceglierà una. Può partire da un determinato campo di osservazioni, può esercitare tutta una serie di sperimentazioni assolutamente differenti da quelle di un altro scienziato, può comportarsi matematicamente piuttosto che fisicamente; avrà quindi di fronte a sé risultati che all’inizio saranno differenti rispetto a quelli dei propri colleghi. Ci saranno sicuramente delle difformità e tuttavia in quanto l’indagine si appella a dei fatti pubblici che siano sperimentalmente verificabili da chiunque, alla lunga le opinioni di tutti questi ricercatori impegnati a determinare il valore della velocità della luce è destinato a confluire in un dato unitario, in un dato finale di accordo. Da un certo punto di vista si potrebbe credere quindi che Peirce sia un tipico esponente della filosofia della scienza fine Ottocento, un tipico esponente del positivismo, ma le cose non stanno esattamente così. Sulla base del metodo della scienza, della teoria pragmatica del significato, in quanto la massima pragmatica affida il significato logico all’analisi delle risposte pratiche, Peirce elaborò una sua personale maniera di intendere la logica, il ragionamento razionale, l’inferenza logica. Oltre ad essere il padre del pragmatismo americano, Peirce è anche stato uno dei pionieri nella ricerca della logica formale e della logica delle relazioni, uno dei più grandi iniziatori di questa disciplina. Egli è stato addirittura l’inventore della semiotica, della teoria dei segni. e ha inteso logica, semiotica, e teoria dei segni come un unico campo di ricerca al quale ha in realtà dedicato gran parte della sua vita.
Di che si tratta?
Il problema per Peirce è quello di concordare in un’opinione la quale non sia, come si esprimeva, “né mia, né tua, né sua”, ma sia l’opinione destinata dell’intera comunità razionale umana. Si può camminare verso questo risultato di accordo delle menti, e quindi verso questa realizzazione pratica della verità, solo accettando il rischio della interpretazione, cioè solo comprendendo che il comportamento umano, la prassi, la pratica alla quale viene affidato il compito di rivelare il significato logico, è sempre una interpretazione della realtà. L’uomo non è mai di fronte alla realtà in una maniera immediata, intuitiva; in alcuni saggi celeberrimi Peirce ha completamente criticato e io direi dissolto la tradizionale teoria della intuizione. Non solo l’uomo non è in grado di intuire sul piano intellettuale, ma neanche su quello sensibile; ogni rapporto che l’uomo ha con il mondo, con le cose, con l’ambiente, con gli altri uomini, è sempre frutto di una interpretazione. Non accade un travaso immediato della cosa nella mente che resta inspiegato, inspiegabile e misterioso, accade piuttosto un processo di accomodamento, di interpretazione, di inferenza. Questo significa allora – e qui vediamo un Peirce che va bene al di là dei limiti positivistici del suo tempo – che non bisogna pensare alla realtà come ad un “che” di materiale, di fronte al quale starebbe un soggetto spirituale, ossia l’uomo. Nella visione di Peirce questo dualismo viene completamente rifiutato, questo cartesianesimo viene completamene messo da parte. La natura della realtà è di essere un segno, una provocazione per una riposta. In ogni situazione data, in ogni contesto d’azione pratico, sia quello quotidiano più banale, sia quello più alto della scienza, in ogni contesto pratico di vita, agiscono sempre tre elementi e questi tre elementi sono quelli che fondano la teoria dei segni o la semiotica secondo Peirce.
Bibliografia
Charles Sanders Peirce – Il pragmatismo, UTET, 2013
Charles Sanders Peirce – Opere, Bompiani, 2003