Progetto filosofi – Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Ludovico Gatto (Roma, 7 maggio 1931 – Roma, 14 giugno 2019) è stato uno storico e accademico italiano. in questa intervista, di cui viene pubblicato il testo integrale, spiega la formazione del concetto d’Europa durante il Medioevo.
Qui di seguito la trascrizione dell’intervista integrale
Professor Gatto, oggi si parla molto di Europa, può essere quindi interessante studiare quando e come nasce il concetto politico sul quale si fonda il progetto di unione del continente. Innanzi tutto quando nasce il termine “Europa”?
Il termine “Europa” nasce in zona greca, nel periodo classico quando Europa viene ricordata come un personaggio mitologico, una delle tremila ninfe oceanidi, figlia di Teti, che viveva a Creta, e che a Creta fu vista da Giove il quale se ne innamorò follemente. È una leggenda molto bella come di solito sono queste leggende mitologiche. Giove vide questa fanciulla che coglieva fiori e che era l’immagine stessa della giovinezza e della bellezza, e per conquistarla si trasformò in toro; raggiunse la riva dove questa fanciulla insieme con le altre ninfe giocava, e Europa montò sulla groppa del toro il quale ben presto rivelò la sua natura non bestiale ma umana, cioè divina e umana nello stesso tempo, e quindi nacque dagli amori di Giove e di Europa la stirpe cretese che è il crogiolo da cui sono nate tutte le civiltà della Grecia classica. E questa è quindi l’origine di Europa e se ne parla sempre evocando queste antiche leggende, questi antichi ricordi mitologici che tornano molto spesso nella poesia greca, nei tragici greci, in Euripide, in Sofocle dove si fa spesso accenno a questo grande amore di Giove uno dei grandi indicibili amori di questa divinità. E questo è l’origine del nome Europa che quindi come vediamo è un’origine antica. Se poi è possibile aggiungere, è stato tentato anche di studiare etimologicamente il significato di questa parola che, in semitico, vorrebbe dire: “terra della sera”, o “terra del tramonto”; e questo è sintomatico perché poi l’Europa è diventata tutt’uno con l’Occidente quindi con la terra dove il sole tramonta. E c’è poi un’altra etimologia che viene dal greco e che vorrebbe dire: “occhio che riesce a vedere lontano”, “che guarda lontano”. Quindi in un caso o nell’altro si tratta di etimologie che sono piuttosto affascinanti e che spiegano in qualche modo anche come il termine “Europa” si sia poi attagliato alla terra occidentale del nostro continente. Però l’origine prima del nome come dicevo è di carattere mitologico.
Con quale significato il termine “Europa” viene adoperato presso i Greci e presso i Romani?
Abbiamo detto che l’origine della parola “Europa” è di carattere mitologico e con tale significato viene usata questa parola, sia presso i Greci che presso i Romani. Però a un certo punto, come proprio ho già ricordato in precedenza, al significato mitologico si venne accoppiando un altro significato, direi più pregnante, e che poi fu continuo e fortunato e cioè quello di carattere geografico. Noi troviamo già in Grecia usata la parola “Europa” per indicare una collocazione di carattere geografico – però della Grecia. Presso gli antichi greci, Europa e Grecia finiscono per essere sovrapposte l’una all’altra. E poi invece, soprattutto verso il IV- III secolo a. C. cominciamo a trovare che con il termine “Europa” si indicano anche le terre dell’Occidente, come dicevo in precedenza. A quel punto il gioco è fatto, perché tra Occidente e Europa si crea una sorta di simbiosi.
Quale consistenza ha inizialmente il continente europeo?
Si tratta evidentemente di una consistenza variabile. Però dobbiamo dire che in origine le terre del continente europeo sono più propriamente le mediterranee, quelle prospicienti il mar Mediterraneo: certamente l’Italia, certamente le coste della Gallia e tutte quelle della penisola Iberica, e naturalmente anche la Grecia fa parte di questa configurazione. E poi mano a mano che il continente veniva conosciuto, veniva per così dire praticato, si estendeva il concetto di Europa geografica. Per esempio, già nel IV secolo a. C. abbiamo il grande navigatore e grande commerciante, esploratore Pitea di Marsiglia, di provenienza dalla Grecia, che attraverso la Gallia meridionale e poi la Gallia settentrionale andò nelle terre germaniche e giunse fino al Baltico e poi dal Baltico arrivò addirittura fino ai confini con la Russia, perché doveva acquistare l’ambra, un prodotto che veniva poi portato in Grecia e veniva venduto. Ora la via dell’ambra è stata una di quelle che hanno consentito la conoscenza delle terre del Nord. Quindi come dicevo prima, proprio con il IV – III secolo a. C. comincia a crearsi questa consistenza di Europa geografica che comprende le terre mediterranee e poi comincia di volta in volta a comprendere anche le terre del Nord, però sempre con una confusione di base: non si ha nessuna certezza né della consistenza di questo continente e neppure delle terre che lo compongono. Direi che tutto quello che va verso il Nord finisce per essere fortemente sfumato nelle brume nordiche e quindi non si sa dove finisca questo continente e fino a che punto arrivi. Per esempio le isole britanniche sono tenute tranquillamente fuori del continente europeo. Si arriva alle terre baltiche e fino alla Russia ma la Scandinavia rimane anch’essa tranquillamente fuori. Per esempio è molto vago il concetto di rapporto tra le terre della Scandinavia e la Russia. Si pensa che non ci sia nemmeno collegamento, il collegamento finnico sfuma molto, le fonti non ne parlano, e naturalmente anche i viaggiatori in quelle terre non si recano.
Per quello poi che riguarda più propriamente il continente, il continente nel II – I secolo a. C. arriva fino ai grandi fiumi: il confine del reno per esempio, è quello che sintetizza il confine tra il continente propriamente detto e le terre che vanno al di là, di cui si parla poco, si conoscono ancora meno, e su quelle terre circolano leggende spaventose, e quelle foreste abitate da gnomi, da streghe, da divinità, la Foresta Nera per esempio, si respinge, rimane fuori dell’Europa.
Il Danubio è l’altro grande fiume che significa confine tra il mondo occidentale e quello che è al di là, e il Don è l’altro fiume che viene preso come confine. Tutto quello che è al di là di solito difficilmente viene considerato come continente europeo, e comunque i continenti allora conosciuti sono l’Africa, l’Asia e l’Europa e verso la fine del millennio si comincia con una certa sicurezza a identificare per Europa, oltre alla parte mediterranea che, come ho detto, è la prima che si identifica con l’Europa, anche una buona parte delle terre settentrionali.
Nel corso dell’alto Medioevo si forma una koiné europea. In che modo influenzano una tale formazione il passato romano e il presente cristiano?
Io credo che il discorso legato alla koiné europea sia molto importante. Perché? Abbiamo detto che c’è un’origine mitologica del nome “Europa”, abbiamo detto che poi si passa a una concezione geografica che è altrettanto importante, una concezione che però con la fine dell’Impero romano e con l’inizio dell’età tardo-antica e alto-medioevale, fa molti passi indietro. Anche le conoscenze di carattere geografico che erano molto più precise in età greca e in età romana, vengono meno. E allora dobbiamo dire che è il periodo in cui di Europa non c’è più nessun concetto, né di carattere mitologico, né di carattere geografico, ma sono proprio quelli i secoli in cui comincia a crearsi una koiné, una base, su cui poi si formerà nei secoli successivi il concetto di Europa, e questa base è creata contemporaneamente sull’eredità romana classica e sull’eredità della Roma cristiana, del Cristianesimo. L’eredità classica, che è quella che poi consente la formazione del concetto d’Europa nei secoli successivi, direi che si sostanzi di una serie di punti fermi che sono stati creati da Roma e che si sono mantenuti nel corso dei secoli. Prima di tutto le strade. Le strade romane hanno una grande importanza: sono state costruite con uno stesso criterio dal Nord al Sud del continente: per esempio le strade romane dell’Inghilterra, in particolare verso il Limes, verso il cosiddetto vallo di Adriano; poi le strade continentali le strade della Gallia, quelle che si trovano al confine tra la Gallia e le terre renane; le strade che poi si trovano nella penisola Iberica; le strade che si trovano anche nelle regioni orientali, per esempio la famosa via Egnazia che in gran parte segue il corso del Danubio e che attraverso la Crozia e poi l’odierna Ungheria, la Romania, la Bulgaria, la Iugoslavia giunge fino in territorio turco. Per ultime lasciamo le strade che si trovano nella penisola italiana, le strade che vanno dalla famosa via Appia alla via Flaminia e poi la via Cassia, la via Aurelia, la via Tiburtina, la via Salaria. Ora la caratteristica di queste strade europee – quindi non esiste l’Europa, ma esistono le strade europee create da Roma – è quella di essere sempre edificate con la massima cura, per cui hanno sfidato i secoli. Si diceva i romani, come i greci, costruivano eis aei, “per sempre”, e infatti nei secoli del periodo tardo-antico e alto-medioevale queste strade sono ancora servite, sono servite molto a lungo per le popolazioni barbariche che, percorrendole, hanno costruito i regni romano-barbarici, che anch’essi sono parte integrante di questa koiné europea, questa koiné europea che è nata proprio dai diversi regni romano-barbarici che hanno creato un tipo di stato che è in gran parte diverso da quello romano.
Ora abbiamo proprio durante il periodo tardo-antico e alto-medioevale il programma politico di Costantinopoli, il programma politico bizantino che mira a ricreare la reductio ad unum, a ricreare un’altra volta un Impero che sia il vecchio Impero romano. E questi imperatori, per esempio Giustiniano, sono sempre preoccupati delle mire dei sovrani romano-barbarici, perché pensano che questi sovrani vogliano insidiare l’Impero bizantino e vogliano ricreare un Impero romano che sia contrapposto a quello di Bisanzio. In realtà le cose non stanno proprio così. Per esempio per primo Teoderico che arriva in Italia, poi mandato dall’Imperatore bizantino, vuole creare un soggetto politico diverso, un soggetto politico che non è il vecchio soggetto imperiale e che non vuole essere né l’Impero d’Occidente, ormai caduto pochi anni prima, nel 476, con la deposizione di Romolo Augustolo, e neanche l’Impero bizantino. È un soggetto politico che poggia su Romani e Germani, ed è questo il progetto che Teoderico cerca di animare e che però avrà poca fortuna e finirà dopo la sua morte per tramontare del tutto con la guerra greco-gotica e con il tentativo di Giustiniano – tentativo fortunato – di ricostruire, sia pure per pochi anni, l’unità imperiale.
Poi i Longobardi a loro volta cercheranno di costruire un nuovo soggetto romano e germanico e lo faranno con maggior fortuna in quanto rimangono per due secoli abbondanti nella penisola italiana centro-settentrionale, dal 568 al 774 d. C., quando saranno sconfitti e battuti da Re Carlo, il futuro Imperatore Carlo Magno. Ma anche dopo la fine del Regno longobardo del Nord, rimane il vecchio ducato beneventano ancora per un lungo periodo, fino alla fine del millennio. Quindi direi che il tentativo dei Longobardi di creare questo nuovo soggetto, che non è più quello imperiale e che è basato su Romani e Germani, abbia avuto maggior fortuna. Ma fortuna ancora maggiore l’ha avuta il progetto di Carlo Magno, perché Carlo Magno ha ripreso il vecchio progetto di Teodorico e poi dei Longobardi ed è riuscito a farne un Impero, un Impero d’Occidente che è ben diverso da quelli che erano stati in precedenza ricordati e attuati.
Questo da una parte. Dall’altra invece abbiamo l’influenza del Cristianesimo, che è un’altra influenza anch’essa unificante. Così come abbiamo detto le strade romane sono un punto fermo, che servono ai barbari per arrivare, per stanziarsi, per costituire nuovi stati, nuovi soggetti politici, così anche il Cristianesimo rappresenta un punto fermo, il fatto nuovo. Il Cristianesimo è il vero fatto nuovo che determina, che demarca il passaggio dal mondo antico al Medioevo. Si è cercato tante volte di trovare il passaggio tra mondo antico e Medioevo e lo si è voluto trovare in vari momenti: c’è chi lo colloca alla fine dell’Impero romano d’Occidente e c’è chi, come Henri Pirenne per esempio, ha pensato che la fine del mondo antico si debba collocare nel momento in cui si incontrano Maometto e Carlo Magno, cioè con il rafforzamento degli Arabi nel Mediterraneo. Sono tutti argomenti di grande importanza, però non dobbiamo dimenticare che il vero fatto nuovo è determinato dall’affermazione del Cristianesimo, perché il Cristianesimo porta ad un capovolgimento di valori e di problemi rispetto a quelli che hanno trionfato nel mondo antico, ed è il Cristianesimo che determina la fine dell’Impero, perché nel momento in cui si afferma una religione che considera gli uomini tutti uguali, e che considera anche l’Imperatore un uomo come gli altri, non più un divus, quella è la fine dell’Impero. Perché l’Impero è forte e si regge sul concetto di Imperatore che è un Dio: l’Imperatore è il capo dell’Impero romano, ma è anche un Dio, è un divus. Ora per i cristiani l’Imperatore è un uomo come gli altri, e questa è la fine. È la crisi. E quindi il vero fatto nuovo è rappresentato da questa religione che finisce per essere un elemento unificante di grande importanza, perché nel corso di un secolo, un secolo e mezzo, raggiunge tutto l’Occidente europeo. E quindi – dicevo – accanto agli elementi romani che costituiscono un punto di aggregazione, abbiamo la religione cristiana che anch’essa rappresenta un elemento di unificazione religiosa, ma anche un momento di organizzazione importante, perché la Chiesa si organizza e si organizza in tutto l’Occidente allo stesso modo. Noi dall’epoca di Gregorio Magno, tra il 590 e il 604 quindi tra la fine del VI e gli inizi del VII secolo abbiamo una Chiesa che si organizza dappertutto sulla stessa base, sulla base dei vescovi e delle diocesi. Le diocesi hanno una eguale configurazione in Italia come in Francia, come nella penisola Iberica, come nelle terre inglesi e la formazione delle diocesi che hanno a capo il vescovo, la divisione in diocesi primarie e in diocesi suffraganee, la formazione delle parrocchie urbane, la formazione delle pievi che poi sarebbero le chiese di campagna, unificano il continente e creano una serie di punti, di paletti, che sono la koiné su cui nei secoli successivi si creerà quella che noi chiamiamo una concezione politica europea che nel Medioevo non c’è: in questi secoli noi non la troviamo e sarebbe anche assurdo cercarla.
Nel quadro fin qui delineato come si colloca l’Impero di Carlo Magno? E quest’ultimo può essere definito il padre dell’Europa?
L’Impero di Carlo Magno l’abbiamo già accennato in precedenza, ripropone in termini molto più concreti, sia da un punto di vista politico, sia da un punto di vista economico-sociale, da un punto di vista civile e anche culturale la opportunità di creare un nuovo soggetto politico che una volta ancora faccia capo su Romani e Germani, e faccia capo sull’idea di Impero e l’idea della Cristianità. Infatti l’Impero di Carlo Magno è il Sacro Romano Impero. L’Impero romano e germanico, cristiano e germanico. È quindi il vecchio programma, di cui parlavo prima, che già tutto sommato era stato in qualche modo contemplato da Teoderico, era stato contemplato dai Longobardi e che poi sarà realizzato da Carlo Magno, il quale naturalmente ha potuto portare avanti questo progetto e ha potuto renderlo esecutivo, perché il progetto è stato in qualche modo fatto proprio dalla Chiesa di Roma. È la Chiesa di Roma che stretta com’è tra Bisanzio e i Longobardi a un certo punto, nella fine del VII e poi nell’VIII secolo, un secolo di grande importanza per tutto l’Occidente, ha studiato la possibilità di rivolgersi a una potenza nuova che le desse la possibilità di lasciare da una parte Bisanzio e lasciare da una parte anche gli infidi Longobardi, che a parole cercano sempre di trovare un accordo con Roma, ma poi in realtà cercano di opprimerla. E questo aiuto si trova nella nuova dinastia dei Franchi, gli eredi dei maggiordomi di Austrasia che cominciano ad affermarsi proprio nell’VIII secolo in Francia e che troveranno nel Papato un punto eccezionale di forza che darà loro la possibilità di realizzare il nuovo Impero. E infatti Carlo Magno nel 774 vince i Longobardi e diventa allo stesso tempo Re dei Franchi e dei Longobardi. E poi nell’800 nascerà il Sacro Romano Impero con l’aiuto di Papa Leone III, che a sua volta è fortemente aiutato da Carlo Magno, che Carlo Magno porterà a rimanere sul trono pontificio che gli era insidiato da una parte della nobiltà romana ancora legata a Bisanzio, e una volta riconfermato il potere di Leone III, in occasione delle cerimonie del Natale dell’800, il pontefice Leone III incorona l’Imperatore Carlo Magno. Carlo Magno sapeva di questo avvenimento? Alcune fonti lasciano immaginare che lo sapesse, per esempio quelle che vengono da parte romana, il Liber pontificalis. Certamente c’erano stati accordi in precedenza tra Re Carlo e il pontefice, accordi che poi sono cominciati decenni prima. Mentre invece ci sono fonti di carattere carolingio, Eginardo, per esempio, l’autore della famosa Vita Karoli, che dicono che Carlo Magno è stato preso, come si suol dire, alla sprovvista: si era recato in occasione delle feste del giorno di natale dell’800 in San Pietro, si era inginocchiato avanti all’altare della Confessione e sbucando da una tenda di velluto rosso il Papa gli avrebbe imposto sulla testa questo diadema, questa corona e allora i presenti in Chiesa che erano tanti – i romani – avrebbero gridato tre volte: “A Carlo piissimo Imperatore vita e vittoria!”. A quel punto Carlo era il nuovo Imperatore. È un po’ difficile ritenere che le cose siano andate così. È evidente che Carlo Magno ha voluto dare a questa sua elezione un’impronta di casualità. Perché? Perché non voleva dare l’impressione di essere in qualche modo sottoposto al Papa, e questa impressione si voglia o non si voglia c’era, perché Carlo Magno si era inginocchiato di fronte al pontefice che gli imponeva la corona. Ora secondo la simbologia medioevale colui che si inginocchia per prendere la corona è certamente meno importante di colui che di fronte gli si trova in piedi e che gli impone la corona sulla testa. E quindi Carlo Magno una volta che è diventato Imperatore cerca di dimostrare che il tutto è stato casuale, per non dare un’immagine di Imperatore sottoposto al potere della Chiesa. E nasce quindi questo Impero carolingio, con un grande desiderio di autonomia. Basti pensare che il Papa pensava invece a sua volta che l’Imperatore sarebbe rimasto a Roma e aveva bisogno dell’Imperatore, per rafforzare il suo potere, per sconfiggere la nobiltà, come dicevo, ancora legata agli elementi bizantini. Carlo invece, una volta presa la corona, rimane a Roma il meno possibile, fa qualche regalo alle chiese, anche al Papa fa dono dei famosi candelabri d’argento, che ancora si trovano nel tesoro di san Pietro; però poi se ne va, e a Roma non torna più. Fisserà la sua capitale in terra renana e di lì non si muoverà più. Proprio per cercare di sottolineare come il suo Impero sia una cosa diversa e quindi il suo rapporto con il Papa non sia un rapporto di sudditanza, tant’è vero che la corona al figlio Ludovico gliela mette lui, non permette che sia incoronato dal Papa. Così nasce questo Impero. E il fatto nuovo e importante è che una volta che è nato questo Impero, negli anni immediatamente precedenti e subito immediatamente successivi, torna fuori il termine di “Europa”, che era del tutto sparito, diciamo, a livello mitologico come a livello geografico. Con il tentativo felicemente riuscito di Carlo Magno torna fuori questo termine di “Europa”
Professore lei ha affermato che con Carlo Magno torna alla luce il termine “Europa”. In quale modo avviene questo processo?
Il processo si svolge in maniera autonoma ad opera di personaggi che non si conoscono tra loro – per esempio Viduchindo di Corbie, l’Annalista Sassone, autori di poemi carolingi – che parlando di Carlo Magno subito prima dell’Ottocento, o in particolare dopo l’incoronazione dell’Ottocento, lo citano come capo dell’Europa, pilastro dell’Europa: “Tu che sei il dominatore di Europa”. E torna quindi questo nome di “Europa” che in precedenza era quasi del tutto smarrito. E proprio questo ha fatto pensare a Carlo Magno come padre dell’Europa, perché la formazione politica carolingia che praticamente raccoglie gran parte del mondo occidentale, quindi è già in questo senso una costruzione di carattere continentale, viene poi denominata come costruzione europea. Quindi si dice: con Carlo Magno nasce l’Europa. Ecco io credo che invece si debba fare grande attenzione, perché è vero che Carlo Magno ha creato questa costruzione di carattere politico che non ha l’eguale, e però è anche vero che in gran parte l’ha legata alla sua persona: dopo la sua morte l’Impero di Carlo Magno entra in crisi. E in capo a pochi decenni questa crisi sarà già evidente e poi nell’888 con Carlo il Grosso ci sarà la deposizione. Quindi l’Impero carolingio dura meno di un secolo, dall’800 all’888. In questo senso è un po’ difficile parlare di Carlo Magno “padre dell’Europa” perché poi con la dissoluzione dell’Impero carolingio semmai cominciano ad abbozzarsi i primi simulacri di stati nazionali europei. Però è anche vero, bisogna tenere conto che con Carlo Magno comincia a tornare fuori questo nome di “Europa”. Perché? Evidentemente Viduchindo di Corbie o l’Annalista Sassone che parlano di Carlo Magno “faro d’Europa” e “padre dell’Europa”, in qualche misura vogliono parlare e vogliono far capire a coloro che leggeranno le loro cronache e le loro poesie, le loro lettere, che cosa ha fatto Carlo Magno. Questo tentativo di creare un nuovo soggetto politico, questo tentativo di creare il nuovo Impero in qualche modo deve essere definito. Ma sarebbe difficile denominarlo come Impero perché il concetto di Impero è ormai quasi del tutto estraneo alla mentalità degli uomini del IX secolo, all’immaginario collettivo – potremmo dire – degli uomini del IX secolo, perché l’Impero di Bisanzio è talmente lontano ed è una cosa talmente diversa, per cui dell’Impero di Bisanzio non si parla; e l’Impero romano, l’Impero d’Occidente, è finito nel 476 più di tre secoli prima. E quindi per far capire in che cosa consiste e di che cosa si sostanzia la costruzione carolingia bisogna denominarla in un modo diverso. È allora che torna fuori questo termine di “Europa” che serve per collegare questo tentativo carolingio con la terra di Occidente a cui è saldamente connesso. E torna fuori quindi questo termine “Europa” che più o meno è conosciuto perché, se anche non se ne parla o si cita poco, il fatto che il nostro continente si chiami “Europa” è piuttosto un fatto acclarato e quindi serve questa denominazione per spiegare quello che Carlo Magno ha voluto fare e non per dare un contenuto politico a questo fatto, un contenuto politico che non ha. E quindi direi che in questo senso è molto difficile poter dire che Carlo Magno è il “padre dell’Europa” e che ha voluto creare l’Europa. Ha voluto creare un grande stato che per gran parte era collegato a sé. Però, detto questo, bisogna anche tenere conto che proprio con Carlo Magno comincia a venir fuori questo nome “Europa” che di solito è sempre collegato a situazioni particolari. Carlo Magno crea questo grande stato cercando di ovviare e di evitare grandi pericoli che incombono sull’Occidente, il pericolo degli arabi che sono stati bloccati dal suo avo, nel 731, da Carlo Martello alla battaglia di Poitiers. Ma gli arabi sono sempre un pericolo latente. Al pericolo degli arabi si unisce il pericolo dei baschi che avevano costituito una spina nel fianco dell’Impero carolingio, la famosa rotta di Roncisvalle. E verso Oriente c’è l’altro grave pericolo, quello dei sassoni che sono stati combattuti e vinti da Carlo Magno, ma in trent’anni di battaglie durissime. Ecco, di fronte a questi pericoli che si profilano per l’Occidente viene fuori questo nome di “Europa”. È la prima volta che questo succede, ma è profondamente sintomatico. “Europa” è un nome – e in prospettiva un concetto – che nasce quando gli occidentali devono difendersi da un pericolo esterno. Questo pericolo può essere il pericolo degli arabi e può essere il pericolo dei sassoni. E quindi nell’età di Carlo Magno, anche se ancora non c’è un senso preciso in tutto questo, questo nome di “Europa” comincia a venir fuori.
L’Imperium teutonicum ottoniano ha caratteristiche europee?
Dopo il tentativo felicemente riuscito, realizzato da Carlo Magno e dopo il tramonto dell’Impero carolingio e la deposizione di Carlo il Grosso, ci sarà una gestazione lenta e travagliata che porterà al formarsi dell’Imperium teutonicum, che rispetto all’Impero di Carlo Magno è molto più ristretto, accorpa meno terre. Probabilmente l’Impero di Carlo Magno era anche troppo grande e difficilmente poteva trovare coesione in un sovrano anche se Carlo Magno poi aveva pensato alla costruzione dei comitati che servivano per organizzare l’Impero. Quindi l’Impero carolingio che sorge verso la metà del X secolo è più ristretto e si chiama Imperium teutonicum perché ha il suo punto di forza nelle regioni germaniche e in quelle italiane, e si afferma con Ottone I intorno agli anni 951–954/55 e poi avrà il suo momento di massima fortuna con il figlio di Ottone I, Ottone II, e poi con il nipote Ottone III, un giovanissimo imperatore poco più che adolescente, ma dotato di un grandissimo ingegno e di una grandissima preparazione. Questo Imperium teutonicum ha caratteristiche romane e germaniche. Vediamo sempre ritornare queste caratteristiche nelle nuove costruzioni politiche che si affermano nel nostro continente. Abbiamo detto che così succede con Teoderico, così con i Longobardi, così con Carlo Magno, anche se Carlo Magno ci aveva aggiunto tante altre cose, tutta la Francia e anche una parte della penisola iberica. Con Ottone I l’Impero torna ad essere un Impero romano e germanico che si sostanzia sulla forza dell’Impero e sulla forza del papa, e a differenza di Carlo Magno Ottone I non ha nessuna paura di mostrasi succubo del papa, anzi è tanto vicino al papa che, quando lo riterrà necessario, lo depone e eleggerà altri pontefici che gli siano più vicini. Questa costruzione è anch’essa una costruzione in qualche modo legata al concetto di Europa. Così come con Carlo Magno torna fuori il nome di “Europa”, qualche volta il nome di “Europa” torna fuori anche con gli Ottone, con Ottone I, con Ottone II e con Ottone III, ma direi sempre con lo stesso intendimento. Cioè i cronisti, che vogliono spiegare quello che gli imperatori Ottoni hanno fatto, l’Impero che hanno animato lo denominano “Europa”, proprio perché questa concezione si ricollega a una concezione territoriale che è più conosciuta del corrispondente concetto politico. Ma una volta ancora è molto interessante poter sottolineare come la costruzione dell’Impero ottoniano, con la denominazione europea che si unisce a questa costruzione stessa, nasca in seguito al tentativo di allontanare un altro grande pericolo dall’Occidente. Il pericolo che Ottone allontana dall’Occidente è il pericolo degli ungheri. Questa popolazione assai crudele, assai aggressiva che ha distrutto mezza Europa, che ha invaso numerose terre – tra l’altro anche numerose zone dell’Italia settentrionale, numerose provincie del Veneto. Così come gli ungheri sono arrivati nella zona germanica meridionale e poi anche nella Francia, nella Burgundia. Gli ungheri sono stati un grave pericolo che Ottone I è riuscito a bloccare con la sconfitta che impose loro a Lechfeld nella famosa battaglia di Lechfeld, presso Augusta. Una volta ancora quindi si parla di Europa di fronte all’apprestarsi di un grande pericolo. Ai tempi di Carlo Magno il pericolo poteva essere quello degli arabi, ai tempi di Ottone I il pericolo è rappresentato dagli ungheri. Ma è sintomatico che ancora una volta di fronte a questo pericolo che si addensa per gli occidentali, si crea questa sorta di ombrello protettivo che viene denominato Europa.
Come si può giustificare la presenza dell’Europa anche nelle cronache russe e britanniche?
Questa è una domanda che mi consente di approfondire alcune cose che avevo detto in precedenza. E cominciamo da una cronaca, diciamo così, britannica e cioè quella del Venerabile Beda, che nell’VIII secolo, a un certo punto parlando delle varie stirpi, le collega ai tre figli di Noè: Sam, Cam e Iafet – Sam corrisponde ai semiti africani, Cam agli asiatici, Iafet, Giapeto corrisponde agli europei – e quindi fa già una citazione di “Europa”, qualche decennio prima del periodo carolingio e con “Europa” vuol proprio intendere queste terre, quelle che gli si trovano di fronte, cioè quelle della Francia, della Germania meridionale e centrale e anche dell’Italia. Se saltiamo del tutto il continente e andiamo dall’estremo occidente all’oriente abbiamo tra X e XI secolo, per esempio, la più antica delle cronache russe che trovano e che mettono l’accento sullo stesso elemento. Anche questa cronaca russa, la più antica, parla dei figli di Noè, parla delle tre stirpi che sono collegate alla stirpe di Noè e ai figli di Giapeto, e dice: i figli di Giapeto sono gli europei, e noi – questo è molto interessante – vogliamo appartenere alla stirpe di Giapeto”. Quindi – X–XI secolo – troviamo in una cronaca russa questo intento di considerarsi facenti parte dell’Europa. E si spiega anche il perché. Ancora una volta ci troviamo in prossimità di un grande pericolo che grava sulle terre della Russia, il pericolo dei ruteni scismatici e l’Orda d’oro che comincia ad avvicinarsi e che poi invaderà completamente i territori della Russia, come poi i territori dell’Est europeo. Di fronte a questo la risposta è una: “Noi facciamo parte dell’Europa”, e forse dicendo questo il cronista cerca di trovare un punto di riferimento che sia anche un punto di difesa.
In quale misura la crociata può definirsi un fenomeno europeo?
Certamente la crociata è uno di quei fenomeni che più hanno contribuito alla formazione di quella che prima io ho denominato koiné europea, in quanto con la Guerra santa a partire dalla fine del XI secolo 1096–1099, e ad arrivare alla fine del XIII secolo 1289–1291, la caduta di san Giovanni d’Acri, noi abbiamo una serie di guerre che nascono nell’intento di difendere la cristianità transmarina, nascono nell’intento di formare uno stato che protegga i luoghi dell’infanzia e dell’azione del Cristo, ma poi daranno luogo a una vera e propria costruzione di carattere, oltre che politico, economico. I coloni che si trovano in Terra Santa nel Regno di Gerusalemme, coltiveranno le loro terre, chiameranno i familiari e costituiranno degli Stati che hanno una vita secolare, che arrivano dall’inizio del XII alla fine del XIII secolo. Ora è vero che questo fenomeno si è sviluppato fuori del nostro continente però è molto interessante notare che per la prima volta gli europei di un’Europa che ancora non esisteva si sono trovati insieme. Infatti il corpo di spedizione dei cruce signati è costituito da persone che hanno la più varia provenienza continentale, ci sono italiani, ci sono francesi, ci sono cruce signati che vengono dalla penisola iberica e vengono dalle terre inglesi, scozzesi e irlandesi, che vengono dalle terre germaniche così come vengono dalla Croazia, così come vengono dalle terre dell’Ungheria, come vengono dalle terre della Iugoslavia. E quindi per la prima volta ci sono persone di estrazione diversa e di tradizione politica diversa, di lingua diversa e di stessa religione che si mettono insieme per costituire questa difesa della Terra Santa che è stata conquistata dagli infedeli, in particolare dai Turchi Selgiuchidi. E quindi è per questo un fenomeno importante la crociata, perché per la prima volta mette insieme gli europei, e li mette insieme anche per la realizzazione di una costruzione che è religiosa ma è anche politica, e questo è un fatto che non sarà mai dimenticato.
La crociata poi tramonterà, diventerà una sorta di progetto sempre invocato e mai più realizzato. E però accanto all’idea di crociata sorge anche l’idea di difesa dell’Occidente, in quanto al momento in cui le crociate finiscono gli Arabi e i Turchi, dopo essere stati colpiti alla sprovvista all’inizio ed essere soccombenti, organizzano la resistenza e in capo a un secolo, un secolo e mezzo i crociati e gli stati crociati saranno loro ad essere soccombenti. E però dicevo, la crociata è un progetto che non sarà mai realizzato, ma che è sempre invocato, ed è proprio allora con il XIII secolo che si cominciano ad esaminare i motivi per cui la crociata è stata destinata al fallimento. Ed è molto interessante notare che nella critica per la crociata si accomunano motivi di carattere religioso e motivi di carattere politico. I motivi di carattere religioso sono presto detti: la crociata è fallita – questo lo dicono in particolare i francescani e anche i domenicani – perché la conversione degli infedeli non deve essere fatta con la spada. E riportano le parole della regola di Francesco d’Assisi: la conversione va fatta con la lingua e non con la spada, cioè con la predicazione, e questo è il motivo per cui la crociata è stata destinata al fallimento, è affogata nel sangue. E allora anche un Re Cristianissimo come Luigi IX il Santo, il Re di Francia, che è andato per fare la crociata la prima volta, è stato preso prigioniero dai Mamelucchi d’Egitto nel [12]48-49 e nel 1270 morirà nel corso di un’altra crociata di peste, in vista del castrum di Cartagine. Di fronte a questo gli occidentali dicono: la crociata non si deve fare, Dio non la vuole. Al contrario di quello che si diceva con Urbano II, “Dio la vuole”, per i francescani Dio non la vuole neanche per niente!
Però accanto alla polemica di carattere religioso, di carattere ideologico sulla crociata che non si deve fare, c’è un’altra polemica che è molto più interessante da un punto di vista politico: il fallimento della crociata è stato determinato dal fatto che l’Occidente non è riuscito a diventare cassa di risonanza per l’unificazione delle terre crociate. L’Occidente è troppo diviso. L’idea di Impero ormai è in crisi con il 1250 e con la morte di Federico II è cominciata la grande vacanza imperiale. Quindi non c’è più neanche l’Impero e l’Imperatore che con la loro forza cementino gli occidentali, gli stati nazionali sono l’uno contro l’altro, nessuno ha abbastanza forza per imporsi sugli altri. C’è il Papa naturalmente, ma il Papa da solo non basta a rappresentare l’unità dell’Occidente, rappresenta l’unione dei cristiani ma non rappresenta l’unione politica. È allora che si comincia a dire: se noi vogliamo veramente conquistare l’Oriente cristiano, se vogliamo conquistare la cristianità transmarina dobbiamo avere alle spalle un Occidente che sia più unito. Ecco questo è un elemento di grande interesse.
In che modo il diritto e l’attività legislativa concorsero a formare un concetto di Europa?
Abbiamo detto che la crociata costituisce un grande momento che cementa, unisce gli europei che ancora non hanno l’Europa, anche se questo accade fuori del nostro continente, ma è un primo momento di unità. Un altro momento di unità è rappresentato senz’altro dalla cultura, è rappresentato senz’altro dal momento delle università. Le università sono una creazione del XII e del XIII secolo, che va di pari passo con la rinascita dell’Occidente e, sono un elemento unificante in quanto nascono con caratteristiche che sono fra loro somiglianti. Fra l’Università di Bologna e l’Università di Parigi, l’Università di Chartres e poi le Università di Cambridge e di Oxford, l’Università di Salamanca in terra di Spagna, un po’ più tardi nel 1224 l’Università Federico II di Napoli e poi anche le Università orientali quella di Praga ecc. c’è un elemento unificante che, una volta ancora, mette insieme gli europei che non hanno l’Europa, e che però si trovano in comune, in crociata per far la guerra contro gli infedeli e nelle università per studiare. Noi abbiamo per esempio l’Università di Bologna la presenza di francesi, inglesi, di tedeschi, di spagnoli che con gli italiani hanno le loro scholae, hanno i loro collegia e insieme studiano. La stessa cosa succede a Parigi, a Parigi abbiamo una grande rappresentanza di studenti italiani che si trovano accanto ai francesi, accanto ai tedeschi e così nelle varie università europee. Quindi ecco ancora un altro elemento aggregante che è l’elemento culturale che concorre intanto alla unificazione del diritto occidentale, oltre alla unificazione della cultura occidentale in senso lato, che ancora si sostanzia della lingua latina, che è ancora la vecchia lingua parlata dall’elemento colto del nostro continente anche se ormai le lingue moderne sono state create e sono già molto sviluppate. Ma ci sono questi elementi unificanti, che tutti concorrono alla formazione di una koiné europea.
La crisi dell’Impero e della Chiesa che ha luogo nel corso del Trecento, mette in moto un nuovo ciclo storico?
Certamente sì. Abbiamo già detto che con il 1250 si è inaugurata la crisi dell’Impero, la grande vacanza imperiale successiva alla morte di Federico II. La Chiesa è ancora forte ma da sola non basta a creare questa cassa di risonanza che in qualche modo dia un’idea di Occidente unito per la riconquista dell’Oriente, e quindi la crisi dell’Impero e la crisi della Chiesa perché con il Trecento anche la vecchia Chiesa medioevale comincia ad entrare in crisi e abbiamo il trionfo di nuove idee, per esempio il conciliarismo, che toglie gran parte del potere al Papa per darlo al Concilio, cioè ai vescovi, tutto questo fa sì che si generi una situazione nuova. Una situazione nella quale si deve dar vita a qualcosa di diverso che serva per unificare l’Occidente e per fare in modo che l’Oriente cristiano possa essere conquistato. Ma chi potrà fare questo, se l’Impero ormai è in crisi, se il Papa da solo non può farcela ed è anch’esso in crisi, in quanto si trova di fronte a un nuovo modo di concepire la Chiesa, un nuovo modo di concepire i rapporti tra il Papa e la Chiesa. È a questo punto che comincia a farsi strada un nuovo tipo di politica che abbia di mira l’unità del continente. In maniera se vogliamo non sempre chiara, in maniera non sempre distinta ma, si comincia ad avvertire, la necessità di un Occidente che sia meno frammentato. E chi lo potrà unificare? La risposta è facile: la potenza più forte in ambito occidentale è rappresentata allora dal Regno di Francia.
Dante è partecipe del processo innovativo che caratterizza il Trecento?
Certo! Certo perché Dante è partecipe direi di ogni processo che caratterizzi il XIV secolo. È senz’altro partecipe di questo progetto nel senso in cui comincia a pensare anch’egli a un’Europa che sia articolata diversamente, e questo anche se l’Europa per Dante è simbolizzata dall’Impero. In questo senso l’Impero è ancora la vecchia istituzione che raccoglie tutto il continente. Dante pensa all’Impero romano, all’Impero di Augusto, non pensa alla divisione tra l’Impero d’Occidente e l’Impero d’Oriente. E l’Europa raccoglie tutto l’Impero romano fino ad arrivare a Costantinopoli, a Bisanzio che Dante definisce: “lo stremo d’Europa”, la fine dell’Europa. Quindi anche dal punto di vista geografico Dante ha una concezione chiara. Poi, ormai arrivati nel Trecento, la prima metà del Trecento, l’Europa è chiaramente tutto il continente occidentale: ormai siamo arrivati ben al di là del Danubio, ben al di là del reno, ben al di là del Don. L’Europa raccoglie tutto il continente che Dante vuole articolare in maniera differente, seppure per lui però ancora concetto di Europa e concetto di Impero sono tutt’uno. Un Impero che poi naturalmente deve potenziare “il giardino dell’Impero” che è l’Italia, e quindi in questo senso direi che il concetto di Europa che in Dante è presente non ha nessuna implicazione di carattere politico, diciamo così, sopranazionale, nella maniera più chiara non ce l’ha.
Quali sono i teorici del pensiero politico trecentesco che annunciano un nuovo modo di concepire l’Europa?
Sono i teorici che partecipano del nuovo processo che si sviluppa nel nostro continente. Abbiamo proprio adesso parlato di Dante che in un modo o nell’altro, sia pure unendo Europa a Impero, però avverte la necessità di creare qualcosa di più sostanzioso. Diciamo che in qualche misura anche il Defensor pacis di Marsilio da Padova influisce in questo modo, anche se per Marsilio il fatto nuovo è rappresentato dal Concilio, un Concilio che è costituito di vescovi che appartengono a tutto il continente e che servono per determinare la politica della Chiesa, quindi un continente diverso e unificato dalle sue strutture vescovili che a loro volta fanno da ombrello protettivo al Papa, che però non è più il vecchio Papa teocratico del periodo precedente, per intenderci, non è più il Papa del tipo di Bonifacio VIII. Però l’idea nuova è quella che troviamo nei teorici del pensiero politico francese.
Dicevo prima che il paese che è più forte in questo momento e la monarchia che raccoglie maggior potenza è quella francese. Infatti è un teorico del pensiero politico francese, un giurista che è vissuto alla corte di Filippo IV il Bello, Pierre Dubois che pensa in termini, sia pure non molto chiari, però in termini diciamo così, politici o prepolitici, alla unificazione del continente. Proprio per riconquistare la Terra Santa parte, da quello che dicevo prima, la necessità di creare un Occidente, cassa di risonanza unificata per le manifestazioni militari nell’Oriente cristiano. Se questo Occidente si deve unificare, dice Pierre Dubois, a farlo non potrà che essere il Re di Francia, e cioè Filippo IV il Bello, il più forte dei sovrani. Certo non ci potrà riuscire il Re di Aragona, non ci potrà riuscire il Re di Castiglia, non ci potranno riuscire altri sovrani e non ci potrà riuscire il Papa. Noi troviamo in Pierre Dubois degli accenti fortemente polemici con il Papato che vuole fare politica. Pierre Dubois sostiene che il Papa si deve occupare della Chiesa, si deve occupare di garantire la religione alla cristianità, ma la politica la deve fare il Re di Francia. Il Re di Francia deve dare vita a una unificazione di carattere confederale dei paesi dell’Occidente europeo che poi troveranno anche un organismo politico che li rappresenti. Pierre Dubois pensa al Concilio. Quest’idea naturalmente è mutuata dal Defensor pacis di Marsilio da Padova: il Re di Francia e il Concilio saranno le due gambe su cui poggia l’unificazione confederale del continente. Naturalmente un Concilio che non ha più caratteristiche soltanto religiose, come il Concilio del Defensor pacis, ma un concilio che sia una sorta di Società delle nazioni avant la lettre. Ed è un progetto molto importante, questo, che non ha avuto fortuna, perché Pierre Dubois era ritenuto una mente bizzarra, in quanto è stato troppo anticlericale, e naturalmente ha detto delle parole che potevano urtare la suscettibilità degli uomini del XIV secolo. Lo stesso Re di Francia – Filippo IV il Bello, che certamente non è stato tenero con Bonifacio VIII e neanche con i pontefici che sono seguiti a Bonifacio VIII, però ha sempre tenuto la sua polemica in termini politici – non si è mai sognato di dire al Papa che doveva occuparsi solo di religione. E quindi che Pierre Dubois abbia detto questo nel De recuperatione Terrae Sanctae, o nel De abbreviatione guerrarum, – sono questi i due trattati di Pierre Dubois – naturalmente non poteva andar bene neanche a lui. Con questo non voglio dire che Filippo IV il Bello non abbia tenuto presente la teoria politica di Pierre Dubois, però non l’ha nominato. L’ha tenuto presente e di questo possiamo essere sicuri, perché – dicevo prima che l’opera di Pierre Dubois non è stata molto conosciuta – abbiamo un solo codice che riporta gli scritti di Pierre Dubois, però questo codice si trova nella biblioteca dei Re di Francia, quindi evidentemente loro lo conoscevano, l’avevano. E anche se per una valutazione di carattere politico Filippo IV il Bello non ha fatto proprio in termini concreti questo progetto di Pierre Dubois, certamente l’ha conosciuto. Ed è un progetto originale. Non voglio dire che Pierre Dubois sia padre d’Europa, perché ogni tanto l’Europa trova un padre e insomma è troppo presto per dargliene uno agli inizi del Trecento, ma per la prima volta vediamo una concezione di carattere politico diversa, che non è più quella basata sul rapporto Papato-Impero, non è più basata sugli stati nazionali contrapposti l’uno all’altro, ma sulla necessità di unire questi stati nazionali in una sorta di confederazione di primi inter pares.
Nel corso del Quattrocento vi sono pensatori di spicco che proseguono lungo il percorso del processo innovativo avviato nel secolo precedente?
Senza dubbio sì. Se nel Trecento abbiamo ricordato Pierre Dubois, questo avvocato normanno di Coutance al servizio di Filippo IV il Bello, nel Quattrocento dobbiamo ricordare un altro teorico del pensiero politico Antonio Morin ancora una volta un francese, il quale però si è trovato a vivere alla corte boema a Praga presso il Re Giorgio Podebrady. E per il Re Podebrady ha scritto un trattato in cui una volta ancora metteva in evidenza la necessità continentale di trovare un processo unitario. In questo caso il discorso è diverso, non è più quello di Pierre Dubois che partiva dalla necessità di fare un’unione per sconfiggere gli infedeli e unificare la Terra Santa, in questo caso il pericolo è rappresentato dai Turchi. Ci troviamo proprio alla vigilia della caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi, alla fine dell’Impero d’Oriente, quell’Impero d’Oriente debole e forte che per circa mille anni ha costituito una sorta di antemurale che ha protetto l’Occidente dagli Arabi e dai Turchi. Ormai quella protezione non c’è più. E allora Antonio Morin nel suo trattato pensa che si debba costruire nell’Occidente qualcosa che serva da antemurale e a farlo non sarà più il Re di Francia, ma il Re di Boemia. E il progetto di Antonio Morin in gran parte ricalca quello di Pierre Dubois, che probabilmente deve aver conosciuto, cioè un’unione di regni occidentali che vengano retti a turno – e qui abbiamo ancora un’idea nuova che sempre di più si avvicina poi a quelle dei secoli non lontani dal nostro -, e cioè una sorta di Società delle nazioni retta da sovrani che uno dopo l’altro abbiano il timone di questa sorta di confederazione, che si reggerà sulla Boemia e poi ancora sulla Francia, sul Regno di Aragona, il Regno di Castiglia. E quindi ancora una volta torna questo progetto che può essere identificato come di unione non molto chiara, non ben definita. Però cominciamo a vedere un concetto di Europa che si fa strada e che si sostituisce alle vecchie idee politiche che si sostanziavano di Impero e di Papato e anche di stati nazionali. Anzi, Antonio Morin aveva pensato a un progetto che fosse più concreto di quello di Pierre Dubois. Pierre Dubois aveva un po’ sdegnosamente rifiutato l’aiuto del Papa: il Papa doveva pensare ai fatti suoi, il Re di Francia risolveva tutto. Invece per Antonio Morin, accanto ai Re del continente che a turno reggono questo consesso di carattere confederale, ci deve essere il Papa. Il Papa deve rappresentare una sorta di momento unitario che accanto al Re di Boemia, al Re di Francia, al Re di Castiglia garantisca la pace e l’unità del continente. Come vedete nella metà del Quattrocento si fanno strada ormai concetti di unità, di pace, che sono molto diversi da quelli del periodo precedente, ma che una volta ancora nascono in concomitanza di un grande pericolo per gli occidentali. Abbiamo detto per i secoli precedenti che il pericolo era quello degli Arabi, quello degli Ungari e adesso il grande pericolo è rappresentato dai Turchi. I Turchi hanno messo una paura terribile agli occidentali e di fronte a questo gli occidentali per la prima volta sentono l’impulso ad unirsi per rispondere al pericolo dei Turchi e per ricacciarlo.
Un’ultima domanda professor Gatto. La caduta di Costantinopoli avvenuta nel 1453, influisce nella creazione di un nuovo concetto d’Europa?
Sì. Influisce largamente, perché come ho appena detto la paura dei Turchi è grande, e di fronte a questo pericolo gli occidentali sentono il bisogno di unirsi. E l’unione non può essere che l’Europa. Un grande storico del Novecento Federico Chabod nella Storia dell’idea di Europa ha messo proprio in evidenza come il concetto di Europa nasca e si sostanzi di un contenuto finalmente politico nella seconda metà del Quattrocento. Dopo il lungo cammino che abbiamo fatto nei secoli precedenti, con la seconda metà del Quattrocento ci troviamo di fronte a una concezione che per la prima volta è anche politica. E viene fuori il termine d’Europa non più in termini mitologici, non più in termini geografici, non più in maniera vaga come l’avevamo trovato con Pierre Dubois e se vogliamo anche con Antonio Morin, ma in termini politici. E la personalità che più degli altri ha sentito il bisogno di unire gli europei per vincere il pericolo turco è un pontefice, è il grande Pio II Piccolomini. Il quale ha cercato di organizzare una crociata – una volta ancora torna questo concetto di crociata che unisce però questa volta gli europei che cominciano ad avere la consapevolezza di appartenere all’Europa – per liberare il continente dal pericolo turco. Pio II ha organizzato questa crociata, ma non ha avuto fortuna, perché gli occidentali ormai hanno dei problemi che li sospingono a farsi la lotta l’uno con l’altro, e poi anche ad avere rapporti di carattere commerciale con gli infedeli, con i Turchi. E quindi insomma questa crociata viene promessa da tutti, tutti dicono al Papa che sono convinti della necessità di organizzarsi e di partire ma, di fronte alla organizzazione di un convegno politico che si doveva tenere ad Ancona nel 1462 presieduto da Pio II, la risposta è che nessuno si presenta a questo convegno. E nel 1462 Pio II ad Ancona – già si era recato in città molto ammalato – anche per il dispiacere del fallimento della sua iniziativa muore. Ma rimane un suo lavoro molto intenso e importante proprio dedicato all’Europa in cui dice: l’unica possibilità che l’Occidente cristiano possa rispondere al pericolo turco è quella di unire gli europei. E questo stesso motivo è stato ancora una volta ricordato da un umanista, che ha scritto una splendida orazione funebre su Pio II, il vescovo Giannantonio Campano, un grande umanista il quale a sua volta rileva come Pio II abbia avuto grande importanza perché ha voluto per la prima volta dare impulso alla unione degli europei. E siamo arrivati alla fine del Quattrocento. Con la fine del Quattrocento, quindi, vediamo che si è formato questo concetto di Europa che, secolo dopo secolo, basandosi su questa koiné, come dicevamo formatasi sulla base dell’eredità di Roma e dell’eredità cristiana, finalmente ha dato vita a un Occidente in cui ci sono problemi politici del tutto diversi, rivalità, odi, ma comincia ad esserci anche la concezione di un continente che non è soltanto un fatto geografico, ma che può essere anche un’idea politica. E su questo si chiude il Medioevo e comincia la storia dell’età moderna. Nel Cinquecento, nel Seicento e nel Settecento questa concezione mano a mano si sostanzierà di motivi diversi, fino a che diventerà una concezione veramente politica nell’Ottocento e nel Novecento.
Riferimenti bibliografici
Ludovico Gatto, Il Medioevo, Roma, Tascabili Economici Newton, 1994.
Ludovico Gatto, Il federalismo, Roma, Tascabili Economici Newton, 1995.
Ludovico Gatto, L’Italia nel Medioevo. Gli italiani e le loro città, Roma, Tascabili Economici Newton, 1995.