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Progetto filosofi – Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Giovanni Jervis (Firenze, 25 aprile 1933 – Roma, 2 agosto 2009) è stato uno psichiatra italiano e nella sua lunga e variegata carriera ha alternato l’attività di psichiatra con l’insegnamento, occupando dal 1977 una cattedra all’università La sapienza di Roma. Qui ci introduce al pensiero e soprattutto al linguaggio di Sigmund Freud (Freiberg, 6 maggio 1856 – Hampstead, 23 settembre 1939), il padre della psicanalisi.
Lo stile espositivo di Freud non è dimostrativo e questo emerge chiaramente negli ultimi anni grazie a degli studi approfonditi sul linguaggio dello psicanalista autriaco: i suoi scritti non mirano a dimostrare, ma a convincere, e in questo senso Freud è un pensatore e un letterato. In questo risiede in gran parte il fascino delle sue opere e in molti scritti sembra prendere per mano il lettore prevedendo domande e obiezioni. È uno stile catturante, ma dominato dalla retorica in senso buono, è un tentativo di persuadere. Se ad una prima lettura molti testi di Freud sono facili da capire, ad una lettura più attenta ci si accorge che molti termini freudiani non sono strettamente rigorosi, ci sono molte contraddizioni. Certamente il valore degli scritti dello psicanalista è diseguale, alcuni sono molto interessanti e limati da un punto di vista teorico. La particolarità è che, nell’analisi di alcuni concetti come l’inconscio o la censura, Freud usa un linguaggio di tutti i giorni. Termini di uso quotidiano vengono da lui usati in senso metaforico: ad esempio, per spiegare alcuni meccanismi come quello dell’ “investimento libidico” egli utilizza una terminologia di uso comune. In tutti i suoi scritti si passa da una modalità di tipo immaginativo-metaforico a una spiegazione dei concetti mediante l’appiglio a elementi di realtà. Si è molto discusso negli ultimi anni su quanto i concetti espressi da Freud siano metafore e quanto riflettano meccanismi e fenomeni ontologicamente fondati, ma c’è da dire che nel linguaggio di Freud il descrittivo, il metaforico, l’immaginoso e il designativo si fondono tra loro. Prendiamo ad esempio le pulsioni: sono delle energie potenzialmente misurabili con un apparecchio o sono metafore? Per Freud sono l’uno e l’altro. Alcuni studiosi hanno affermato che Freud non distingueva tra realtà e ipotesi, così come tra ipotesi e metafore e tale aspetto rende molto affascinate lo stile di Freud, sebbene piuttosto impreciso.
Nel distinguere le tappe del suo pensiero dobbiamo altresì tenere conto che gli eventi della vita dello psicanalista sono strettissimamente legati alla sua produzione scientifica. Schematicamente possiamo distinguere arco di vita e produzione di Freud in decenni. Prima del ‘900 troviamo una serie di scritti in cui prende forma l’idea psicanalitica e nel 1899 abbiamo l’opera forse più importante di tutta la produzione freudiana che è L’interpretazione dei sogni. La prima opera a carattere psicanalitico è Studi sull’isteria del 1895, mentre prima ancora c’è la formazione di Freud medica, neurologica e psichiatrica, e possiamo notare l’evoluzione del suo pensiero che parte da un interesse clinico di laboratorio fino ad approdare a un interesse “curativo”, come nel caso dell’isteria. In questo periodo prende forma la teoria per cui un trauma rimosso sia alla base dei disturbi isterici e di come essi possano essere curati attraverso un processo, per l’appunto psicanalitico, che, riportando a galla il trauma, lo elimina. Da qui prende le mosse l’apertura di un discorso clinico sull’inconscio e sulle forze che agiscono in esso. Fino a quel momento prevaleva una psicologia della coscienza, della introspezione, e Freud prende le mosse da qui andando oltre introducendo il tema dell’inconscio che è rilevante in quanto influisce sulla coscienza.
Bibliografia
Sigmund Freud – Opere. Vol. 1: Studi sull’Isteria e altri scritti (1886-1895), ed. Bollati Boringhieri, 1989
Sigmund Freud – L’interpretazione dei sogni, ed. Einaudi, 2014
Giovanni Jervis, Giorgio Bartolomei – Freud, ed. Carocci, 2001