Progetto filosofi – Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Claudio Cesa (Novara, 23 novembre 1928 – Siena, 21 novembre 2014) è stato un filosofo italiano e, in questa intervista, spiega il pensiero di Schelling e dei romantici.
Come esplicita il professor Cesa, catalogare i filosofi della prima metà dell’800 come romantici è facile, da un punto di vista temporale, in quanto il pensiero romantico nell’Europa occidentale si sviluppa nei primi decenni del 1800, ma è molto più complesso se si considerano i contenuti.
Fichte, talvolta persino Hegel, e autori come Hölderlin e Kleist, vengono comunemente considerati “romantici”, ma non è del tutto vero. Ciò che hanno in comune sono “gli avversari”, ovvero una filosofia tardo illuminista di fine Settecento, e gli obiettivi. La battaglia che romantici e idealisti conducono tra il 1790 e il 1820 è per l’egemonia culturale. Quando, intorno al 1830, si afferma in Germania un liberalismo culturale e politico, esso è figlio dell’illuminismo molto più che dell’idealismo. Se idealismo e romanticismo perdono la loro battaglia per quanto riguarda la cultura di massa, la vincono sul piano dell’egemonia delle élite.
Gli obiettivi comuni di romantici e idealisti si possono riassumere in tre punti: concepire la vita non secondo un modello fisico ma secondo un’idea di dinamismo, vedere il dinamismo come un rapporto di forze contrapposte secondo polarità, ricercare una sintesi delle polarità opposte.
Quando parliamo di romanticismo non esprimiamo un concetto univoco, infatti troviamo diverse correnti, sia per aree geografiche che per tempi di sviluppo cronologico: c’è il romanticismo di Jena, quello degli inizi, legato soprattutto al nome dei fratelli Schlegel, Novalis e i loro amici; c’è il romanticismo di Heidelberg degli anni immediatamente successivi; c’è il romanticismo di Berlino che arriva anche ben oltre il 1830; c’è il romanticismo di Monaco legato al nome di Schelling che per un periodo visse in quella città. Romanticismo e classicismo sono contrapposti, ma è importante ricordare che la corrente romantica di Jena fu tenuta a battesimo da Goethe.
Si è soliti considerare il filosofo tedesco Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling (Leonberg, 27 gennaio 1775 – Bad Ragaz, 20 agosto 1854) l’esempio tipico del romanticismo filosofico, ma i suoi rapporti umani e professionali con gli altri romantici furono piuttosto scarsi, ad eccezione del fatto che fu discepolo di Fichte da cui successivamente prese le distanze.
Anche l’avvicinamento del filosofo ad un sentimento religioso fu guardato dai colleghi del circolo romantico con sospetto. Il programma svolto da Schelling aveva comunque molto in comune con il romanticismo e si può condensare in tre movimenti: dall’Io alla Natura, dalla Natura alla libertà dell’uomo, dalla libertà dell’uomo alla Storia, termine che vuole designare il passato nei suoi aspetti mitologici e religiosi.
Il passaggio dall’Io alla Natura è di evidente derivazione kantiana e fichtiana. In uno scritto del 1800 Schelling scrive che la Natura va costruita dalla natura dell’intuizione e dello spirito umano e che essa è un’odissea dello spirito, un ritorno che è aspirazione dell’anima o dell’intelligenza a ritrovarsi attraverso i labirinti della natura organica. E’ interessante sottolineare che nel 1799 Schelling scrisse un componimento poetico al quale teneva molto intitolato La professione di fede epicurea di Heinz Widerporst che presenta una sorta di vitalismo naturale di stampo lucreziano.
La concezione della natura che ha Schelling in questi anni è che in essa batte il cuore di Dio e che gli aspetti fisici – come la pesantezza e la luce – sono vincoli divini che la tengono insieme. Nelle riflessioni successive la Natura appare come un simbolo o rovina della vita divina: è una vita cieca, semplice essere. Questo serve a distinguere Dio come principio metafisico e l’essere della natura e nella natura.
Lo scritto sulla libertà umana del 1809 si pone il problema di come distinguere Dio dal suo manifestarsi nel mondo attraverso forme contrapposte. Il secondo romanticismo, quello del periodo di Heidelberg, è tutto segnato dal tentativo di mettere a paragone Dio e la vita degli uomini e della natura, che attraverso i fenomeni straordinari come i terremoti e le eruzioni mostra la sua forza gigantesca.
Non c’è un’armonia originaria poi interrotta, piuttosto un gioco disordinato di elementi nel quale si può cogliere non tanto l’ordine di Dio, ma quello di una potenza demoniaca. I romantici, come hanno sottolineato gli studiosi, si sono molto concentrati sul lato notturno della natura (si pensi a Schubert): c’è alla base una concezione pessimistica che trova riscontro nella concezione schellinghiana della libertà.
Per Schelling la genesi dell’individuo, o per meglio dire della creatura, viene da un’oscurità iniziale, da una profonda notte inintelligibile dal quale si genera l’aspirazione verso la luce. “In lui (l’uomo) è l’abisso più profondo e il cielo più elevato”. Questa bipolarità è espressa nella concezione della libertà come possibilità del male di esistere accanto alla possibilità del bene.
Riferimenti bibliografici
Claudio Cesa, La filosofia politica di Schelling, Bari, Laterza, 1969
Schelling Friedrich, Sull’anima del mondo. Un’ipotesi della fisica superiore per la spiegazione dell’organismo universale, 2016
Schelling Friedrich, Esposizione sul processo della natura, ultima edizione italiana: 2012
Schelling Friedrich, Esposizione sul processo della natura, ultima edizione italiana: 2012
Schelling Friedrich, Ricerche filosofiche su la essenza della libertà umana e gli oggetti che vi si collegano, ultima edizione italiana: 2008