Questo divertente documentario di Antonio Federici, trasmesso dal Secondo Programma radiofonico il 28 agosto 1954, ha per tema gli oggetti utilizzati per commettere dei reati conservati e archiviati nell’Ufficio Corpi di reato o Ufficio Reperti di Castel Capuano a Napoli. Mentre il delinquente, quando viene preso, è rinchiuso in carcere e il processo viene istruito, il corpo del reato, qui custodito e debitamente classificato, attende la sua sorte, che può essere la restituzione al proprietario, la distruzione o ancora la confisca e la vendita all’asta pubblica. Dopo un inizio che riproduce l’atmosfera di un thriller, la visita all’Ufficio Corpi di reato, guidata inizialmente dal suo direttore dottor Mario Pumpo, si svolge passando in rassegna i vari oggetti che vi si trovano e ricostruendo i delitti di cui sono stati strumento: una scatoletta portagioielli di legno con carillon utilizzata per nascondere della cocaina, una fisarmonica brandita come arma in una rissa, il martello con cui, nel gennaio del 1940, un operaio tentò di uccidere una giovane signora americana e molti altri. La ricostruzione dei reati, affidata a avvocati, giudici o a vittime, è contrassegnata dalla vivacità, dall’arguzia e dalla straordinaria coloritura che contraddistingue l’eloquio napoletano, specie nel linguaggio giudiziario dell’epoca. Anche la musica, che pur dovrebbe ingentilire gli animi, può essere occasione di delitti, come viene illustrato da una spiritosa scenetta radiofonica in dialetto napoletano, nella quale una moglie esasperata litiga con un marito violinista che studia un passaggio ripetendolo in continuazione.