“Come la maggior parte delle nostre regioni, il Lazio ha confini imprecisi. Vari sono i paesaggi, diverse le condizioni di vita. A nord sembra confondersi con la Toscana e con l’Umbria; nelle alte zone appenniniche con l’Abruzzo; a sud con la Campania. Pure, chi lo conosce a fondo, specie se è familiare con la storia della pittura che ne filtra le caratteristiche, sa che il Lazio ha un colore e un’anima propria. Si distingue per un pittoresco maestoso, per un largo eclettismo, per una composizione di roccia e di verdure decorative; nelle popolazioni per un alternarsi di solennità arcaiche e di tendenze goderecce”. Inizia così l’entrata nel Lazio, accompagnata, come fatto in precedenza per le altre regioni, dalla raffigurazione delle caratteristiche fisiche del territorio, delle vicende storiche e delle condizioni sociali ed economiche. La prima zona visitata è il Viterbese, di cui viene menzionata la tradizione vinicola, e il suo centro geografico, Viterbo. Piovene osserva che “nonostante gli orrendi guasti prodotti dalla guerra, Viterbo resta, dopo Roma, la più bella città laziale. Da tempo ha perduto l’aspetto di capitale di un piccolo regno isolato, separato dal mondo sebbene alle soglie di Roma. Il Viterbese era alle porte della maremma e alle porte del Lazio; vi confluivano il costume laziale e quello maremmano; tra queste due correnti uguali e contrarie, restava fermo e indipendente ”. Dopo la descrizione della parte storica, soprattutto il quartiere medievale, e di quella moderna della città, lo sguardo si estende ai dintorni e alle loro bellezze paesaggistiche e culturali, fra le quali vengono menzionate la zona archeologica di Tarquinia, villa Farnese di Caprarola e villa Orsini di Bomarzo, col suo “Giardino dei mostri”.
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