Il documentario “A Budapest anniversario muto” è stato realizzato dai radiocronisti del Giornale Radio Rai nel primo anniversario della rivolta d’Ungheria soffocata dall’intervento armato delle truppe sovietiche nel Paese. Il 4 novembre 1956 il presidente del consiglio riformista Nagy dalla stazione di radio Kossuth libera pronunciava le seguenti parole :” Oggi all’alba le truppe sovietiche hanno aggredito la nostra capitale con l’evidente intento di rovesciare il governo legale e democratico di Ungheria, le nostre truppe sono impegnate nel combattimento, comunico la notizia al nostro Paese e al mondo intero”. A un anno dai quei drammatici eventi, Budapest celebra con il silenzio il suo tragico anniversario. L’inchiesta offre un contributo in memoria delle numerose vittime di quel tragico autunno in segno di solidarietà con la popolazione ungherese. Fa il punto sulla situazione dei profughi, traccia un bilancio sull’attuale stato di coloro che fuggiti dall’Ungheria si sono rifugiati in Italia o in altri Paesi. Esplora la loro vita, come si sono integrati e quali le aspettative per il futuro. A riguardo viene proposto un estratto del documentario di Sergio Zavoli “Budapest ora 0 per il mondo” realizzato il 3 gennaio del 1957 a Marina di Ravenna con un gruppo di rifugiati ospiti della colonia della Croce Rossa Italiana. Il giornalista in una lunga intervista ha raccolto le testimonianze di sei studenti magiari protagonisti della rivolta, che parlano della loro vita in Ungheria e della difficile decisione di abbandonare il Paese. Dai loro racconti emerge una condizione di vita insostenibile dopo l’arrivo definitivo dei russi, l’incertezza per la mancanza di libertà al punto da non poter più studiare o lavorare senza tradire determinati impegni con la propria coscienza. Le parole dei ragazzi riassumono gran parte della dolorosa insicurezza nella quale, dopo la rivoluzione repressa, vive l’Ungheria. Ognuno in modo diverso spera nella nuova vita in Occidente, ben consapevoli delle difficoltà d’inserimento nella società che li ospita. Nella seconda parte del documentario viene approfondito il problema dell’organizzazione dei Paesi occidentali per fronteggiare l’esodo di migliaia di persone. Una delle più importanti organizzazioni internazionali la Croce Rossa, ha gestito i soccorsi di prima emergenza, si è occupata dei problemi logistici, sanitari e assistenziali. Paola Terlizzi Contarini direttrice del centro della Croce Rossa Italiana “Ca di Landino” che si trova in un paese in provincia di Bologna al microfono della radio spiega l’iter seguito per l’accoglienza dei profughi. Fa una valutazione sull’avvicendamento dei rifugiati nei vari campi sottolineando che, alcuni hanno deciso di rimanere in Italia, molti altri di trasferirsi in Australia, in Canada o negli Stati Uniti. L’inviato del giornale radio ha raccolto le testimonianze di due fratelli che stanno studiando in Italia all’università di Bologna e in futuro prevedono di spostarsi in Canada. All’operazione internazionale per il definitivo collocamento dei profughi ungheresi ha partecipato anche il Comitato intergovernativo per l’emigrazione europea (Cime) che è lo strumento di cooperazione internazionale nato per risolvere i gravi problemi del dopoguerra e per organizzare e assistere l’emigrazione europea. Nel conflitto ungherese ha dato assistenza a circa centocinquantaduemila persone, di questi oltre ottantamila sono stati trasferiti a destinazione definitiva in trentotto Paesi del mondo. Goffredo Pesci vice capo della missione italiana fa un bilancio del lavoro svolto, sottolineando che il Cime non aveva attrezzature per fronteggiare un esodo massivo di profughi. Ha compiuto uno sforzo eccezionale mobilitando tutte le sue forze “Concentrando in Austria in poche ore funzionari da ogni parte d’Europa, istituendo uffici, campi raccolta, posti d’imbarco, coordinando procedure di documentazione di visto, accaparrando navi, treni, aeromobili e disciplinandone ora per ora i movimenti in un insieme logistico di immediata efficienza (….) una grande battaglia in cui strategia e tattica erano sostituite dalla logistica e in cui la logistica aveva per nemico il tempo”. Pesci sollecitato dalle domande del radiocronista si sofferma a parlare dell’azione svolta dall’Italia per i rifugiati: dal diritto di asilo temporaneo concesso a circa quattromila profughi ungheresi, ospitati nei campi della Croce Rossa, all’amministrazione degli aiuti internazionali fino alla sistemazione definitiva nei Paesi d’accoglienza permanente.
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