Un secolo fa nasceva Maurizio Barendson, iconico volto del giornalismo sportivo della Rai. Rai Teche lo ricorda, pioniere del giornalismo sportivo, pubblicando su RaiPlay alcuni suoi contributi.
Maurizio Barendson, nasce a Napoli il 9 novembre 1923 da una famiglia di origini olandesi. Appartenente alla colta borghesia partenopea, durante gli studi universitari si occupa di giornalismo e cinematografia. Prende parte al “Gruppo Chiaia”, un gruppo di giovani intellettuali tra i quali spiccano i nomi di Francesco Rosi, Raffaele La Capria, Giuseppe Patroni Griffi, Luigi Compagnone e Antonio Ghirelli, col quale realizza il suo primo documentario sportivo per la televisione. Nel 1943 vince una borsa di studio per il Centro sperimentale di cinematografia di Roma, ma gli eventi bellici pongono fine a questa esperienza. Due anni dopo entra nella redazione del quotidiano romano “Il Tempo” e l’anno successivo passa al “Giornale d’Italia” in qualità di inviato. Entra poi in Rai e nel 1968 diventa responsabile dei servizi sportivi del telegiornale dopo aver ideato e condotto dal 1965 il programma sportivo Sprint, il primo rotocalco televisivo che si occupa dello sport in una chiave critica e di costume. In Sprint le notizie sportive sono arricchite da commenti affidati a voci eterogenee della cultura contemporanea come Nanni Loy, Demetrio Volcic, Vittorio Gassman, Walter Chiari e Ugo Tognazzi.
La trasmissione di maggior successo, una pietra miliare dello sport in tv, è “90º minuto”, in onda dal 1970, da lui ideata con Paolo Valenti e Remo Pascucci e condotta in coppia con Valenti: è l’amatissima rubrica televisiva domenicale che trasmette le azioni salienti delle partite di Serie A appena concluse. Nel 1973 ritorna al rotocalco televisivo con la rubrica “Dribbling”, altro grande successo. A seguito della riforma televisiva del 1976 diviene capo della redazione sportiva del TG2 e dal suo ingegno nascono rubriche come “L’altra domenica”, che in coppia con Renzo Arbore intrattiene gli spettatori della Rete 2 la domenica pomeriggio con sport e spettacolo, ma anche “Domenica sprint” e “Diretta sport”.
Tanto è popolare in quegli anni che entra nella galleria di personaggi del più famoso imitatore della Rai, Alighiero Noschese, napoletano come lui.
Muore a soli 54 anni quando, nel gennaio del 1978, non sopravvive all’intervento chirurgico a cui era stato sottoposto alcuni giorni prima in una clinica romana.
Tra i contributi proposti nella raccolta, alcuni dei quali restaurati nell’audio, un’intervista di Aba Cercato a Barendson del 1974 per il programma “Lettere in moviola” sulle parole usate dal giornalismo sportivo ed entrate nel linguaggio comune, spesso mutuate dalla lingua inglese, ma talvolta perfino esportate all’estero, come nel caso delle espressioni “libero” o “catenaccio”.
Era colto, ironico, “troppo umano” come lo definì in senso assolutamente positivo Giovanni Arpino quando morì; la sua era una parola misurata, che rimane nella memoria dei numerosi telespettatori che lo hanno amato.
Guarda la raccolta dedicata a Maurizio Barendson sulla fascia Teche su RaiPlay.