Il documentario “Scrittrici in rosa” realizzato nel 1953 dalla giornalista Pia Moretti, si propone di penetrare nel mondo della cosiddetta letteratura minore, cercando di scardinare il giudizio a volte troppo severo della critica e rivalutarne i propositi. Una produzione letteraria commercialmente vantaggiosa che alimenta il bisogno di una parte della popolazione, costituita prevalentemente da donne, di dare corpo ai propri sogni riconoscendosi nelle storie delle protagoniste dei romanzi. L’inchiesta si sviluppa attraverso le interviste alle scrittrici italiane più note del genere narrativo considerato, colte nella quotidianità del loro ambiente: donne intelligenti, diverse per temperamento ma consapevoli di vivere la propria avventura fino in fondo. La prima, Luciana Peverelli, feconda autrice di romanzi e beniamina di un vasto pubblico femminile, risponde al microfono di Pia Moretti ponendo l’accento sull’evoluzione della letteratura “rosa”, dovuta alla profonda trasformazione della società italiana del dopoguerra, che ha perduto certezze e proiezioni stabili nel futuro. La scrittrice spiega che tale cambiamento si riflette nel racconto dove gli inserimenti fantastici di desideri e conquiste non sono così distanti dalla sfera di azione dei protagonisti, il sogno non è più irraggiungibile ma diventa accessibile. La serie di testimonianze delle scrittrici intervistate da Pia Moretti rivela la profonda onestà intellettuale con cui svolgono la loro attività: consapevolezza dei propri limiti e rinuncia cosciente a traguardi migliori, cui tutte aspirano. Ognuna con il proprio stile si muove in una cornice reale, nonostante gli artifici narrativi dell’amore a puntate imposti dal mercato. Maria Casabella e Annamaria Tedeschi parlano del loro metodo di lavoro, svolto scrupolosamente con rigore e impegno quotidiano, davanti alla macchina da scrivere. La scrittrice Wanda Bontà sottolinea la contraddizione tra le numerose lettere di apprezzamento che riceve dal pubblico e la scarsa considerazione da parte della critica. L’autrice Giana Anguissola difende il proprio ingegno creativo, evidenziando il conflitto interiore tra quello che vorrebbe scrivere e quello che può scrivere. Carola Prosperi confessa invece la sua vocazione letteraria per la novella, il racconto breve. Elisa Trapani, cresciuta tra le bozze di stampa perché figlia di un giornalista, afferma che per i suoi romanzi si ispira alla realtà, soprattutto alla cronaca o a una fotografia, oltre che ai ricordi personali. La famosa scrittrice Liala, parlando dei suoi romanzi, spiega la predilezione per il clima favoloso rispetto al realismo, perché le storie che racconta rispecchiano la sua personalità. Liala sente il bisogno di una cornice estetica e afferma disinvolta: “Voglio lo studio bello ed elegante,non saprei scrivere se non fossi io stessa elegante…”. Lydia Capece ha scritto il suo primo romanzo a tredici anni alternando l’attività letteraria con gli studi d’ingegneria. Le favole e la scienza, entrambe possedute con fermezza, sono in costante rivalità nel suo cuore. La scrittrice Teresa Sensi, intervistata nella sua casa a Venezia, si sofferma a parlare dei personaggi femminili dei suoi romanzi, spiegando che preferisce tratteggiare figure di donne normali con il loro modo di pensare, di agire, perché tutte le lettrici ci si possano rispecchiare. Il viaggio nel mondo delle scrittrici in “Rosa” si chiude con l’ultimo interrogativo di Pia Moretti alle sue interlocutrici: “Pensate che le vostre opere saranno ricordate?”. Tutte lo sperano. Con la coscienza di chi svolge il proprio lavoro con dignità e un pizzico di ambizione, desiderano, anche loro un giorno, scrivere qualcosa che duri nel tempo.
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