Giovanni Tonelli (1898-?) scrisse quest’opera nel 1922, a soli ventiquattro anni, nel periodo in cui il genio di Luigi Pirandello stava sconvolgendo il teatro italiano e critica e pubblico si dividevano in sostenitori e detrattori della sua drammaturgia rivoluzionaria. Il giovane Tonelli, tra le file di questi ultimi, volle caricaturizzare il modello pirandelliano con una storia astrusa e incredibile in cui mariti creduti morti ritornano in vita e mogli fedifraghe perdono il senno, secondo una logica strampalata che fa solo ridere. Tuttavia questa commedia è interessante perché svela quanto la violenza scenica e dialettica di Pirandello, benché incompresa, avesse sovvertito gli schemi dell’arte drammatica, ed è con questo intendimento che fu riproposta nel 1953 dalla Rai. Compagnia di Prosa di Torino della Rai con Renata Negri (Giovanna Lanciani), Anna Caravaggi (Vera Martinengo), Nerina Bianchi (Ester Venezian), Enza Giovine (Mary Di Chalot), Mariangela Raviglia (Clara Tartufarin), Misa Mordeglia Mari (Fioretta), Andreina Sabioni (una commessa), Piero Carnabuci (Anacleto De Pino), Gino Mavara (Max Giorgini), Arnaldo Martelli (Lorenzo Bessone), Vigilio Gottardi (Romeo Tartufarin), Gualtiero Rizzi (un commissario di P.S.), Angelo Zanobini (Fritz Chiusano). Regia di Eugenio Salussolia.

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