Il documentario “Gente di via Margutta” realizzato nel 1954 dal giornalista Mario Ferretti partiva dall’idea di raccontare l’antica strada degli artisti a Roma, attraverso le testimonianze dei suoi più assidui frequentatori. Il progetto iniziale si è trasformato in un’unica intervista allo scultore bulgaro Assen Peikov per le parole interessanti da lui espresse che ben rappresentano lo spirito artistico del tempo e come spiega lo stesso autore: “Non sarebbe stato giusto ridurle a una breve intervista da mescolare alle altre”. Il giornalista racconta l’incontro con lo scultore dai baffi spioventi avvenuto nel suo studio al civico 54 di via Margutta mentre lavorava a una testa di donna in marmo pario a grana fine particolarmente pregiato. Ferretti si sofferma nella descrizione del suggestivo atelier nel cuore di Roma: due grandi statue di donna all’ingresso di un ampio locale arredato, sparsi qua e là bozzetti, accenni di studi, progetti e al centro della stanza una sedia messa su un rialzo per chi deve posare. Sopra un mobile lungo a scaffali si possono ammirare una fila di teste che l’artista ha eseguito nel corso della sua carriera: Giorgio De Chirico; Alexander Fleming; Alberto Savinio; Boris Christoff e tante altre. Sulla parete di fronte all’ingresso una custodia di vetro ricopre la splendida testa dello scrittore Bruno Barilli modellata in cera. Tra le tante persone che hanno posato per Peikov, poche hanno lasciato un ricordo vivo, forse proprio Barilli, l’uomo inquieto dalla grande chioma arruffata è rimasto nel suo cuore perché come egli afferma: ” Per me, ci sono certi ritratti, che mi meraviglio come li ho fatti … per esempio questo di Bruno Barilli che ho fatto in venti minuti, io veramente non so come l’ho fatto, i personaggi che ci danno più sensazioni di quel senso meraviglioso che vive nell’uomo sono sempre gli artisti, sono una fonte inesauribile di spirito, come l’acqua che si getta di continuo come una fontana, come una cascata …”. Nell’intervista lo scultore bulgaro riflette sui problemi legati all’attività artistica, ai sacrifici, alle tante disavventure, ma anche alla bellezza dell’arte. Rileva che l’artista lavora tutta la vita cercando il giusto compenso per la sua opera, per avere la possibilità di creare qualcosa di più importante per il suo lavoro, invece guadagna molto meno di un qualsiasi commerciante. Pone l’accento sulla figura dello scultore contemporaneo che nel corso del tempo è sempre meno apprezzata, “Perché”, dice: ” nessuno bada più all’opera d’arte, nessuno si ferma a guardare una statua, oggi pensano solo alle macchine”. Sostiene che nell’epoca attuale lo spirito dell’uomo è diverso da quello del secolo scorso, è basato su altri valori, altri interessi. Fa poi un confronto tra la via Margutta di oggi e quella del passato, evidenziando che nell’ottocento l’interesse verso l’arte e gli artisti era molto vivo, mentre oggi lo spirito dell’uomo è rivolto verso la meccanica, la scienza, la chimica , verso tutto ciò che non è arte. Di conseguenza l’originaria strada degli artisti per eccellenza della capitale, nella quale la vita si svolgeva con calore e intensità creativa, si è trasformata in un luogo alla moda frequentato da gente snob che viene a vedere gli artisti che sono diventati una rarità. Peikov al microfono di Ferretti ricorda i personaggi importanti del mondo del cinema, della cultura e della scienza incontrati nella sua vita, come l’attrice americana Ava Gardner che posò per un mese nel suo studio per un ritratto, o quando fece il busto dello scienziato Fleming (l’inventore della penicillina) che definisce :”Un tipo commovente, bianco di spirito e di pelle, composto, silenzioso, un uomo che da il senso di un Santo …”. Nella parte conclusiva dell’intervista lo scultore spiega il genere di scultura che ama di più: “Io preferisco il nudo come anche il ritratto, perché sia l’uno che l’altro rivelano l’uomo, non esiste paesaggio , non esiste la roccia, non esiste niente fuori dall’uomo, l’uomo è il creatore del mondo, e il mondo esiste in quanto esiste l’uomo , fuori dell’uomo non esiste nulla”. Poi sottolinea che predilige scolpire nel marmo: “Perché” dice, “la difficoltà è vincere la materia che da all’artista un’idea di essere superiore alla materia, di poter vincere e più è dura la pietra e più la difficoltà aumenta, più l’ambizione di vincere questa pietra cresce nell’artista, allora nella difficoltà si crea un senso diverso di quello che si crea con la facilità, magari gli uomini con la facilità diventano virtuosi ma non profondamente sentiti”.
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