“Gubbio è un’altra Umbria, e dell’Umbria, la città più straordinaria. Non è dolce, né amena. Ma nessun’altra ha una bellezza così alta. Questa capitale di antichi montanari appenninici, addossata alle pareti del monte Ingino, fatta di blocchi di calcare e di mattone dalle tinte smorzate, cui solo nel Rinascimento si unì in sordina l’arenaria, ha un colore uniforme, profondo, spento. È triste ed assoluta; è, per rubare la parola a un filosofo greco, del colore dei morti. Dallo spiazzo davanti al Palazzo dei Consoli si contempla un panorama di tetti arsi, con toni quasi africani. Ogni nota gaia o vivace qui sarebbe di troppo”. Da Gubbio, anima di una “religiosità diffusa, moderata, latente”, si passa poi a Terni, unica città industriale e operaia dell’Umbria, e poi a Orvieto, che conserva nelle sue chiese, a cominciare dal Duomo, e nelle sue vie l’impronta medievale.
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