L’undici aprile 1961 inizia in Israele il processo a Adolf Eichmann, il gerarca nazista organizzatore delle deportazioni di massa degli ebrei.
Otto Adolf Eichmann (Solingen, 19 marzo 1906 – Ramla, 31 maggio 1962) è stato un militare e funzionario tedesco, considerato uno dei maggiori responsabili operativi dello sterminio di milioni di ebrei nella Germania nazista.
Uscito dall’anonimato per il processo tenuto nel 1961, a quindici anni da quello di Norimberga, il primo processo a un criminale nazista tenutosi in Israele. Durante il processo, Eichmann offre di sé un’immagine poco appariscente, quasi sommessa, ben diversa da quella di inflessibile esecutore degli ordini del Führer; nega di odiare gli ebrei e riconosce soltanto la responsabilità di avere eseguito ordini come qualunque soldato avrebbe dovuto fare durante una guerra. Hannah Arendt prese spunto da queste frasi, passate poi alla storia, per definire la tesi della banalità del male, secondo cui l’espressione della brutalità del male ha luogo sotto forma di cieco e burocratico adempimento a ordini gerarchici.
La linea difensiva era impostata infatti nel dipingere l’imputato Eichmann come un impotente burocrate, mero esecutore di ordini inappellabili, negando quindi ogni diretta responsabilità; La sua colpevolezza, tuttavia, viene provata in maniera esaustiva dalle testimonianze di numerosi sopravvissuti chiamati a deporre contro di lui, e condurrà il giudice militare a pronunciare la definitiva sentenza di morte.
In sede processuale vennero ascoltati più di 110 testimoni, scampati alla Shoah e alla furia sterminatrice del nazismo, e fu anche grazie al processo che, finalmente, dopo anni di silenzio, gli ebrei poterono tornare finalmente a parlare delle crudeltà e delle persecuzioni loro inflitte. Infatti, fino al processo, le testimonianze erano talmente atroci da risultare intollerabili e, dunque, per buona parte incredibili alle orecchie degli interlocutori.
Guarda un estratto del programma documentario “La storia siamo noi” del 2002
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