Nel 1967 Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Roma, 2 novembre 1975) si recò in India (a Bombay, Nuova Delhi e negli Stati di Uttar Pradesh e Rajasthan) per verificare la realizzabilità di un film inchiesta, destinato alla rubrica televisiva Tv7, intrigato da uno spunto suggeritogli dall’amica Elsa Morante: il mito indiano di un maharaja che, alla vista di un tigrotto affamato, sceglie di offrirsi a lui in sacrificio per sfamarlo, con la conseguenza di abbandonare la sua famiglia e lasciarla in estrema povertà, costretta a vagare per l’India come nomade alla ricerca di cibo.
Il grande interrogativo del regista sorto dopo aver sentito questa storia era stato: sarebbe oggi accettabile per un indiano, soprattutto per un mistico o per un religioso, offrirsi in sacrificio per sfamare un tigrotto affamato?
Il risultato dei sopralluoghi e delle ricerche è stato il documentario poi presentato alla Mostra del Cinema di Venezia Appunti per un film sull’India, disponibile su Ray Play.
Non tutti sanno però che insieme alla troupe c’era anche il regista radiofonico Romano Costa che aveva il compito di realizzare un parallelo documentario radiofonico, che qui pubblichiamo, dal titolo In India con Pier Paolo Pasolini. Appunti per un film. Se già, come dichiarato da Pasolini, il suo film avrebbe dovuto essere “un film su un film sull’India”, questo è un documentario su un film su un film che ha il pregio di insinuarsi tra i vuoti e gli interrogativi lasciati senza risposta dall’opera cinematografica.
Costa, munito di registratore Nagra, ha seguito Pasolini realizzando i 50 minuti di quello che viene definito un “montaggio libero di voci e ambienti indiani”, raccogliendo le osservazioni di Pasolini e soprattutto i suoi non sempre facili, anzi per lo più fallimentari, tentativi di intervistare la popolazione locale per ottenere risposte su temi delicati quali l’eccessiva crescita demografica e i tentativi politici di arginarla, l’industrializzazione e l’occidentalizzazione dell’India che stava trasformando i contadini in operai e che spingeva i giovani a protestare, il disordine linguistico con cui lo stesso Pasolini è stato messo alla prova durante le riprese, la persistenza delle caste nonostante la loro abolizione.
Forse per impossibilità di capirsi, o forse per l’inopportunità delle domande, Pasolini stenta ad ottenere le risposte che vorrebbe, ma giunge all’idea di un nuovo film, da realizzare in diverse aree geografiche, tra i paesi del Terzo mondo, intitolato Pagine per un poema sul Terzo mondo, di cui afferma, con la solita preveggenza che caratterizza le sue riflessioni:
“Il film sull’India è fondato su un problema fondamentale ma in un certo senso generico: la fame. Mentre questi altri film abbandonerebbero questa vastità di interesse, che è generico e approssimativo, e affronterebbero problemi particolari: per esempio la ricerca nel mondo arabo avrebbe un tema preciso, il conflitto tra Israele e il Terzo mondo arabo, mentre la ricerca negli Stati Uniti considererebbe un possibile film sulla biografia di Malcolm X, e allora tenderebbe ad appurare quanto i neri d’America sono consapevoli di essere i leader di un movimento rivoluzionario particolare dell’intero Terzo mondo, eccetera…”.
Il documentario radiofonico rappresenta allora una sorta di dietro le quinte del film, dà voce a ciò che poi le immagini hanno compensato senza dire, probabilmente per mancanza di risposte.
Il documentario è stato trasmesso il 22 marzo 1968 alle ore 21 sul Terzo Programma per la “Serata a soggetto”, Rai Teche lo pubblica in occasione dell’anniversario della morte del regista.