“È una domenica sera di novembre” quando la terra trema e sconquassa l’Irpinia, con la violenza ineluttabile della natura che devasta il Sud. Ed è questo il titolo scelto da Lina Wertmüller per il suo poderoso documentario, titolo che sottolinea il blocco brutale al fluire del tempo che il terremoto ha imposto, dalle ore 19:34:52 del 23 novembre di quarantadue anni fa. Per rendere omaggio alle vittime del tragico evento e ricordare al contempo la grande regista scomparsa il 9 dicembre 2021, Rai Teche ha effettuato un restauro digitale delle pellicole che restituirà al pubblico le potenti immagini del documentario in una qualità consona al loro valore: il restauro è stato presentato in anteprima al Torino Film Festival 2022.
Lina Wertmüller si era recata sui luoghi del terremoto a tre giorni dall’evento:
Mi ci ha portato lo strazio, il dolore, ma anche la voglia di fare qualcosa per quella gente. Quasi un dovere per chi, come me, si occupa di immagini, mettere al servizio di quelle popolazioni e anche per tutti gli altri la mia opera. Un lavoro che non è quotidiano, che duri più dello spazio di un giornale o di una ripresa televisiva, una piccola pietra lanciata con forza e con sdegno nell’immobilità di ogni discorso sul Sud
.
In onda per la prima volta il 23 novembre 1981 a un anno esatto dalla tragedia, è un lavoro denso, che parte dalle prime dolorose immagini provenienti dai telegiornali e prosegue col racconto della ricostruzione, soffermandosi sul senso di perdita improvviso ed inconsolabile dei sopravvissuti, sulle sconfitte per ogni casa distrutta, per ogni ricordo polverizzato, ma anche sulle vittorie dei soccorritori per ogni persona strappata alle macerie.
Sul filo del terremoto, l’inchiesta non solo mantiene alta l’attenzione sulla tragedia e sulla difficoltà della ricostruzione successiva, ma offre uno sguardo ampio sul Sud, sul suo folklore, sul sapore ancora un po’ pagano, misterico, delle tradizioni meridionali. La regista si è avvalsa della consulenza del sociologo Domenico De Masi e la cronaca narrata dai diretti protagonisti si intreccia alle letture di Lina Wertmüller e Piera degli Esposti, dei commenti sul Mezzogiorno scritti da Alberto Moravia, Carlo Levi, Furio Colombo, Alberto Ronchey, Giampaolo Pansa e dei brani tratti dalle opere di Leonardo da Vinci, Plinio il Giovane, Johann Wolfgang Goethe, Giacomo Leopardi. Infine, un’intervista al regista Martin Scorsese, che ha dedicato molta della sua produzione cinematografica al mondo degli italoamericani.
Non si tratta, quindi, solo del racconto accorato di un disastro naturale, ma di uno straziato grido di dolore, restituito in immagini di incredibile intensità.
Questo povero Sud che mi coinvolge, mi stimola, terra di lupi e di re, dove io mi sento piantata forse per via di una nonna irpina. Questo profondo Sud, la parte che ha meno, rimasta indietro, sola, che sente sempre di dover partire in svantaggio di qualche metro rispetto agli altri. Questo sconosciuto Sud che tutti pensano di conoscere, e quindi di definire, di giudicare, magari condannare e quando poi una catastrofe come il terremoto lo ripropone ti accorgi che di quel Sud non sai proprio niente, che è un continente lontano come il Terzo Mondo ma con in meno gli spazi e la natura di altri terzi mondi. Questo disgraziato Sud sale del mondo, con cui bisogna, alla fine, fare i conti, terra a misura umana, paradiso abitato da diavoli, come lo hanno definito i poeti. Questo lontano Sud che, come mi ha detto Martin Scorsese, è la cultura della sua famiglia e non si può distruggerla. È la nostra forza maggiore. Le radici devono rimanere.
(dall’intervista a Lina Wertmüller a Radiocorriere TV, 1981, fascicolo 47).
Disponibile sulla fascia Teche di RaiPlay
Vedi anche: W Lina Wertmüller