Moriva 35 anni fa Cesare Zavattini (Luzzara, 20 settembre 1902 – Roma, 13 ottobre 1989), sceneggiatore, scrittore e giornalista italiano, figura fra le più importanti del cinema nostrano. E nel 1982 (dunque a ottant’anni) si cimentava per la prima volta in una regia, dirigendo per il piccolo schermo il film “La veritaaaà” dopo una lunghissima gestazione e moltissime modifiche apportate. Rai Teche omaggia questa doppia ricorrenza rendendo nuovamente disponibile su RaiPlay e qui sul sito Teche la pellicola scritta, diretta e interpretata da Zavattini. Presentato al Festival di Venezia e in seguito in onda sulla Rete 2, “La veritaaaà” nasceva già nel 1970 e avrebbe dovuto avere come protagonista uno speaker televisivo che, stufo di dover raccontare una verità edulcorata di fronte alle telecamere, ruba un camion attrezzato per girare la città e gridare al mondo la verità vera. Il protagonista diventò solo in seguito la sua versione definitiva, vale a dire Antonio, malato mentale che fugge dal manicomio e si impadronisce della TV inaugurando “il canale degli italiani”, con lo stesso intento di svelamento della realtà.
Zavattini ha girato la sua opera prima da regista con costi bassissimi: ha impiegato cinque settimane di riprese nel miniteatro del Politecnico di Roma, con a disposizione 8500 metri di pellicola a 16 millimetri, una scenografia essenziale e le gigantografie del pubblico dell’Olimpico come comparse; il cast era composto dai giovani del gruppo Alessandro Fersen e il maestro indossava, durante tutto il film, un camicione bianco.
A fronte di costi di realizzazione così contenuti, il film ha comportato per Zavattini un profondo, dispendioso processo creativo. A proposito del film dichiarava infatti:
è avvenuto in me qualcosa di sconvolgente. Mi sono sentito davanti il presente come un processo e poiché il dissenso in questi ultimi anni ha investito qualunque mezzo di espressione… L’ho gridato nel mio film mentre stava venendo avanti la parola fine. Mi son fatto avanti come un post scriptum per rompere la cinematograficità, per negare la stessa arte
(fonte: Radiocorriere dell’11 settembre 1982).