Sabato 30 novembre Marina Abramović compie 78 anni. Per l’occasione, le Teche Rai omaggiano la pioniera della performance art riproponendo un approfondimento a lei dedicato: una puntata di “Avvenimenti” andata in onda per la prima volta nell’estate del 1997, lo stesso anno in cui la sua performance “Balkan Baroque” vince il Leone d’oro alla Biennale di Venezia. Nel video un estratto dell’intervista.
Immortalata dalle telecamere Rai, l’artista serba concede una lunga intervista, guidando gli spettatori attraverso i primi decenni della sua luminosa carriera. Al centro della sua indagine, l’esperienza del corpo: sin dagli esordi, negli anni ‘70, con “Rhythm 10” (1973), o “Lips of Thomas” (1975), Marina Abramović fa del corpo lo strumento principe con cui esplorare e comunicare emozioni e pensieri. Si procura dolore, architetta situazioni precarie, pericolose ed estreme – nel farlo attraversa i limiti della resistenza umana, fisica e mentale. Lo fa anche quando questo vuol dire spazzolarsi i capelli con tanta violenza da sfregiarsi volto e cute (Art Must Be Beautiful, 1975) o rimanere immobile su una sedia per ore mentre cinque pitoni affamati si muovono liberi sul suo corpo (Dragon Heads, 1990).
Il corpo è anche connessione umana: da una parte quella con il suo pubblico, il cui sguardo e le cui reazioni contribuiscono a creare la performance stessa; dall’altra quella con l’artista tedesco Ulay. Il sodalizio creativo e sentimentale tra i due è infatti all’origine di alcune tra le performance più celebri della storia dell’arte. Da “Imponderabilia” (1977) a “Relation in Space” (1977) e “Rest Energy” (1980): i due amanti si sfidano, cedono il controllo ed esplorano sentimenti e relazioni, dalla simbiosi, la complicità e la tenerezza, alla violenza e l’intrusione. Fino al momento dell’addio, quando anche la loro separazione diventa motivo di indagine artistica, protagonista la Grande Muraglia Cinese (The Lovers, 1988). Marina Abramović racconta la travagliata genesi di un “fare arte” totalizzante e necessario.
Ad impreziosire l’intervista, i materiali d’archivio: documenti video, installazioni, fotografie e registrazioni che danno corpo e colore al dispiegarsi di un racconto che è anche quello di una vera e propria rivoluzione. Oggi “nonna della performance art”, come ama definirsi, Marina Abramović ha rotto ogni limite, e il suo è un invito ad “Attraversare i muri”.