L’analisi di Diego Carpitella incentrata su questa canzone epico-lirica parte da alcune considerazioni sul melodramma, le ragioni della cui popolarità vanno individuate non solo nella musica ma anche e spesso nei contenuti e nelle trame. Molti titoli operistici dell’Ottocento rimasero impressi nella memoria popolare per la violenza e per la drammaticità a forti tinte dei personaggi e delle situazioni che narravano. Così la Tosca di Puccini, tratta dal dramma di Victorien Sardou, si riferisce a un avvenimento verificatosi a Tolosa nel secolo XVI. Il connestabile di Montmorency ebbe l’infamia di promettere a una povera donna la grazia del marito se avesse accolto i suoi favori.
Ciò avvenuto, si concesse la sadica gioia di mostrale il marito impiccato sulla piazza. La stessa situazione è all’origine della canzone narrativa nota in Italia come “La bella Cecilia”, il cui argomento può così essere sintetizzato: Cecilia accetta suo malgrado di passare una notte col capitano in cambio della salvezza di suo marito, che è in prigione e sta per essere giustiziato, ma ella sacrifica invano l’onore perché il marito le viene ucciso lo stesso. Ella maledice il capitano e rifiuta qualsiasi altra offerta, di lui o di altri, di rimaritarsi. La trama di questa canzone è molto antica e ne vengono quindi passate in rassegna le fonti, fra le quali una novella di Giovanni Battista Giraldi Cinzio che fornì materia per la commedia “Misura per misura” di Shakespeare. L’origine della versione italiana è da ricercarsi, secondo lo scrittore e filologo Alessandro D’Ancona, in un fatto verificatosi in Piemonte del XVI secolo dove la vittima è una dama piemontese e il carnefice un prevosto che però alla fine viene fatto decapitare dal governatore del luogo, al quale la donna si era rivolta. La comparazione fra le varianti della canzone include l’ascolto di una versione registrata in Liguria e un’altra registrata a Fossalto nel Molise.
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