Il 1º dicembre 1990 scompare Sergio Corbucci, regista e sceneggiatore italiano (n. 1927)
Fratello maggiore di Bruno Corbucci, il suo primo approccio professionale con il cinema fu come giornalista, ma già nel 1951 fu aiuto-regista nel film Santa Lucia luntana… di Aldo Vergano e subito dopo, ancora giovanissimo, diresse la sua prima pellicola, Salvate mia figlia, un melodramma strappalacrime, filone cinematografico allora molto popolare tra il pubblico, a cui seguiranno altre pellicole dello stesso genere. Con una notevole dose di eclettismo che è la maggiore prova delle sue capacità cinematografiche, attraversò vari generi in voga negli anni cinquanta e sessanta: il film musicale, la commedia (tra il 1960 e il 1963 diresse Totò in ben sette pellicole), il film mitologico e lo spaghetti-western. Ed è proprio in questo genere – di cui può essere considerato, insieme a Sergio Leone, Sergio Sollima e Duccio Tessari, tra i principali esponenti – che Sergio Corbucci, abile artigiano della macchina da presa, riuscì a dare il meglio, portando nel genere una notevole violenza.
Dopo Massacro al Grande Canyon (1965), il suo primo western, nel 1966 diresse Django, interpretato dall’esordiente Franco Nero con quel suo tocco lugubre che lo contraddistinse in tutta la sua filmografia del genere, e si confermò come il regista più cinico e violento nel successivo Il grande silenzio (1967, ma uscito quasi due anni dopo), che presenta il finale forse più rabbioso e disperato. Tornò a girare con Franco Nero Il mercenario (1969) e il rivoluzionario Vamos a matar compañeros (1970). Tornato alla commedia, Corbucci ha firmato decine di film di successo, fra i quali Il bestione (1974), Di che segno sei? (1975), Bluff con Celentano (1976), Ecco noi per esempio (ancora con Celentano), Mi faccio la barca (1980), Il conte Tacchia (1982), Rimini Rimini (1987) e alcuni gialli (La mazzetta, 1978; Giallo napoletano, 1979; I giorni del commissario Ambrosio, 1988).
È definito da Quentin Tarantino uno dei più grandi cineasti dello spaghetti western assieme a Sergio Leone e Sergio Sollima. Infatti Tarantino, al suo esordio dietro la macchina da presa nel 1992 con Le iene, omaggiò un’intera sequenza del celebre film western Django ricostruendo tale scena (la spietata sequenza celebrata è quella in cui José Bodalo taglia l’orecchio al povero Gino Pernice); vent’anni dopo, Tarantino omaggia nuovamente la pellicola sopraccitata col suo film Django Unchained; il film Il Grande Silenzio di Corbucci è servito di ispirazione al regista Quentin Tarantino per il suo film The Hateful Eight, dove si possono notare molti riferimenti alla pellicola; nel 2019 lo stesso regista omaggia nuovamente Corbucci nel suo C’era una volta a… Hollywood, in cui il regista viene citato più volte (e definito ‘il secondo miglior regista di Spaghetti-Western’), per poi diventare il regista “ufficiale” per diversi mesi del protagonista Rick Dalton.
Guarda l’intervista di Beniamino Placido al regista per il programma “Sedici e trentacinque” del 1979
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