Il 14 maggio 2000 la città di Roma era in fermento: la Lazio, con il cuore in gola, attendeva con ansia il triplice fischio al termine di Perugia–Juventus. I tifosi biancocelesti, ammassati allo Stadio Olimpico dopo la vittoria sulla Reggina, non riuscivano a staccare lo sguardo dal tabellone luminoso in attesa dell’esito che avrebbe assegnato il tanto sospirato scudetto alla loro squadra.
Nel frattempo, a pochi chilometri di distanza, Gian Piero Galeazzi era impegnato a commentare in diretta la finale degli Internazionali d’Italia di tennis. Non appena seppe che Perugia–Juventus si avviava agli ultimi minuti, Galeazzi scelse di seguire il cuore piuttosto che la scaletta ufficiale: salutò il pubblico del tennis, prese un operatore video di fiducia e, fra l’incredulità generale, si precipitò allo Stadio Olimpico.
Arrivato nel settore distinti, con i “cuori biancocelesti” che lo riconoscevano e lo acclamavano, Galeazzi condivise la gioia esplosiva del pubblico: cori, abbracci, lacrime di felicità e quel boato di sollievo e trionfo che riecheggiò per tutta la città. Fu un gesto spontaneo, nato dall’emozione pura di chi – appassionato sportivo – non poteva restare fermo di fronte a un momento storico per la Lazio e per Roma intera.