Trentacinque anni fa, nella notte tra il 3 e il 4 giugno, le proteste di Piazza Tienanmen a Pechino furono brutalmente represse nel sangue. Le Teche Rai ricordano la strage riproponendo su RaiPlay due documenti che custodiscono la preziosa memoria audiovisiva di una delle pagine più buie della storia della Cina moderna. Il primo è uno speciale TG2, “I quaranta giorni di Pechino”. Realizzato nel 1989, nel vivo della rivolta, l’approfondimento va in onda il 26 maggio quando l’esito drammatico delle proteste ancora non si può prevedere. Il secondo, trasmesso a una settimana dal massacro, è un servizio di Milena Gabanelli per Mixer (nel video un estratto), cui segue l’intervista al politologo americano Zbigniew Brzezinski, ex consigliere della sicurezza di Jimmy Carter.
Quella che esplode a Pechino, tra aprile e maggio del 1989 è la più grande protesta antigovernativa nella storia dei paesi comunisti. L’evento detonare, il 15 aprile è la morte di Hu Yaobang: dirigente del Partito Comunista, è anche il più importante sostenitore della necessità di avviare delle riforme democratiche nel paese. Cento mila studenti si riuniscono per esprimere dolore e soprattutto insoddisfazione verso il governo di Pechino.
Il 27 aprile gli studenti marciano su Piazza Tienanmen. La protesta si diffonde a macchia d’olio, inarrestabile. Richiama la gente comune, di ogni ambiente sociale, mestiere o professione. Per oltre cinquanta giorni in prima fila ci sono studenti, operai, scienziati, intellettuali, funzionari pubblici ma anche i più poveri e gli emarginati. “Libertà, riforme, salari più equi e condizioni di vita migliori”. “Meno corruzione, più istruzione”. “Il governo ha un cuore nero”, recitano i cartelloni.
Quella di Tienanmen, è una rivolta gentile e ostinata. La cronaca di quei giorni racconta una piazza che si autogestisce. Nei servizi sfilano le immagini dei ragazzi che, scatoloni in mano, tentano di racimolare un po’ di soldi: il necessario per comprare acqua, gelati, cappelli di paglia e pane. Non mancano episodi di solidarietà tra i manifestanti e i soldati che presidiano: cibo condiviso, canti intonati insieme. Arrivano studenti di medicina a decine di migliaia per soccorrere i manifestanti sfiniti: tremila studenti hanno iniziato uno sciopero della fame, mentre per il milione di persone radunate non c’è nessuna installazione sanitaria.
Le proteste approdano sulle televisioni di tutto il mondo: Gorbačëv è in visita e la stampa internazionale è riunita a Pechino. Il 19 maggio 1989 il segretario del Partito Comunista Zhao Zhiyang scende in Piazza nel tentativo di trovare un compromesso, ma il giorno dopo il governo impone la legge marziale.
L’esito è tristemente noto: Deng Xiaoping, Capo della Commissione militare, e il Primo ministro Li Peng ordinano di reprimere la protesta pacifista. Quella che segue è una carneficina che ancora oggi la Cina continua a negare. Non si conoscono i numeri, né esistono documenti sui fatti di Tienanmen. Di quei giorni rimane la foto simbolo: il “rivoltoso sconosciuto” in piedi davanti ai tank dell’esercito, e le immagini catturate dalle telecamere di tutto il mondo. I volti speranzosi di una moltitudine umana con un unico desiderio: “La democrazia, il nostro sogno!”.