Il documentario “Il castello di celluloide” del 1953 è un viaggio nel favoloso mondo del cinema alla scoperta degli aspetti meno conosciuti , dei tanti piccoli segreti, delle contraddizioni e dei molti compromessi nei quali incorrono volendolo o no tutti coloro che ci lavorano . Una riflessione sulla “Settima arte” che nasce mediante un processo creativo e produttivo, capace di dispensare magnifiche illusioni e al contempo ubbidire alle logiche industriali. Sergio Zavoli conduce il radioascoltatore all’interno della “Macchina Cinematografica” attraverso le testimonianze di alcune figure professionali che gravitano nel settore. L’inchiesta parte dal progetto iniziale del film: la stesura del soggetto cinematografico, un breve racconto che a grandi linee imposta la storia e i suoi personaggi. L’intervista al regista Antonio Pietrangeli chiarisce le difficoltà che deve affrontare lo sceneggiatore per fare approvare la sua idea al produttore. Spiega che il più delle volte non vede realizzate completamente le vicende che ha inventato e scritto perché, magari, il produttore è più interessato a una storia che segue la tendenza del momento e “che funziona” per il pubblico, allora suggerisce delle modifiche che spesso stravolgono completamente il soggetto originale. Una figura importante nell’industria cinematografica è quella del noleggiatore, colui che si occupa di distribuire le varie copie del film nelle sale di proiezione. Vittorio Forges Davanzati da molti anni svolge questa attività, intervistato da Zavoli sottolinea l’importanza della figura del distributore in quanto partecipa al finanziamento del film, alla scelta degli attori e soprattutto si occupa del lancio pubblicitario della pellicola con manifesti e frasi d’effetto che richiamano l’attenzione dello spettatore, contribuendo alla buona riuscita del film. Augusto Favalli direttore artistico della Lux film spiega le controversie che deve affrontare la produzione per la promozione del film, soprattutto quando si tratta di un’opera che ha come protagonisti attori famosi . Racconta un aneddoto relativo ai manifesti pubblicitari del film “Guardie e ladri” ( 1951) in cui Totò e Aldo Fabrizi erano entrambi protagonisti assoluti, ognuno aveva nel contratto questa clausola: era il protagonista assoluto e avrebbe voluto la supremazia sull’altro. L’ufficio pubblicità della casa cinematografica ebbe molti grattacapi per arrivare a una soluzione, senza deludere uno dei due grandi attori. La personalità che sostiene l’unità creativa dell’intera opera cinematografica è il regista. Michelangelo Antonioni uno degli autori più autorevoli del cinema italiano, al microfono di Sergio Zavoli riflette sul concetto di libertà artistica e sottolinea il difficile rapporto con i produttori. Racconta le imposizioni subite nel corso della sua carriera, in particolare quelle legate a due suoi film “La signora senza Camelie” (1953) in cui il produttore gli impose di sostituire l’attrice protagonista o quando lo costrinsero a cambiare il soggetto dell’episodio italiano del film “I vinti” (1953) a tre giorni dall’inizio delle riprese . Una delle figure che gode di maggiore libertà professionale nel cinematografo è l’operatore di ripresa, il tecnico esperto che manovra la camera seguendo le indicazioni del regista: nessun altro interferisce nel suo lavoro, nessun produttore , sceneggiatore, truccatore o distributore, può consigliargli un obiettivo o una luce particolari. Il Cineoperatore Enzo Serafin, nastro d’argento 1953, al microfono di Zavoli racconta aneddoti e curiosità sui set cinematografici e in particolare il rapporto con le grandi star del cinema. Illustra i problemi legati all’aspetto fisico degli attori, spiega come alcune imperfezioni vengono migliorate con accorgimenti d’illuminazione, piazzando la macchina nel punto più adatto, “ L’illuminazione”,dice, “dovrà cancellare ogni piccolo difetto,levigare un viso troppo rotondo, arrotondare uno troppo magro, far sparire una piccola cicatrice ….”. La bellezza è una qualità molto importante nel meraviglioso mondo di celluloide e Otello Fava truccatore delle dive del cinema, rivela fino a che punto la bellezza degli attori più celebri è autentica o in quale misura eventualmente ha contribuito il trucco a perfezionarla. Racconta gli aneddoti più divertenti della sua carriera con le grandi star internazionali. Il successo di un film è determinato da una serie di fattori, uno di questi è la scelta del titolo giusto che naturalmente deve piacere al produttore, al distributore, al regista e soprattutto al pubblico. All’inizio del progetto cinematografico il titolo non è definito, molte volte accade che quello più appropriato è deciso all’ultimo momento. Il regista Federico Fellini racconta la genesi del titolo del film “I Vitelloni “ che era stato chiamato così , come nome d’ufficio durante la sua lavorazione e “ Alla fine a forza di chiamarlo così “, dice , “ogni altro titolo mi parve inadatto e inefficace”. Nella seconda parte del documentario si analizzano gli aspetti più controversi del mondo dorato di celluloide: la critica cinematografica, le vertenze giudiziarie all’uscita del film e la figura dominante del produttore cinematografico. Il giornalista Ugo Zatterin parla delle difficoltà del lavoro di critico cinematografico, spiegando che il cinema oltre che un’arte è anche un’industria , quindi, il critico deve giudicare indiscriminatamente tutti i film con lo stesso metro, film di reali meriti artistici e quelli che sono fatti con puro intendimento commerciale. Zatterin racconta le pressioni che vengono esercitate quotidianamente sulla critica perché dice:” Le parole di un critico più dure del dovuto possono provocare dei riflessi molto concreti sugli affari del signore che ha fabbricato quella pellicola”. Mario Borgognoni uno dei più noti avvocati del cinema, sottolinea le ricorrenti richieste di sequestro del film al momento dell’immissione sul mercato cinematografico, perché la realizzazione di un’opera creativa spesso può entrare in conflitto con i diritti di terzi. Sergio Zavoli intervista Il produttore cinematografico Carlo Ponti che difende la categoria dei produttori da attacchi che attribuiscono alla sua persona tutto ciò che non va bene nel cinema. Ponti spiega l’arduo compito del produttore che deve conciliare l’arte con la parte commerciale , la vera difficoltà è riuscire a fare un film d’arte che abbia un risultato commerciale e dice:” Perché se si fa un film solamente d’arte che non ha nessun risultato commerciale , vuol dire che il film non lo ha visto nessuno e praticamente non ha nessun risultato, dall’altra parte se si fa un film esclusivamente commerciale , il film non porta nessun progresso nel campo dell’arte e come tale rimane in questo senso negativo”. Il documentario si conclude con una frase emblematica sul concetto di cinema che Sergio Zavoli ha preso in prestito dal grande Charlie Chaplin :”Il cinematografo è una grande macchina costruita per far ridere e piangere, non chiedetegli quali siano i suoi ingranaggi e non pretendete che gli uomini preposti alla macchina siano sempre migliori di voi. Il loro è un mestiere come qualsiasi altro è solo un mestiere diverso dal vostro. Se voi voleste per sola curiosità sapere troppe cose , illuminare troppo da vicino il nostro mondo finireste col bruciarci insieme al nostro sublime e miserevole castello di celluloide, ma se fosse il vostro un desiderio di conoscere la verità, allora noi non avremo nessuna esitazione a farvi entrare nel magico mondo. Non temiamo di farvi conoscere le finzioni se con esse scoprirete degli uomini, degli uomini come voi .”
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