Carlo Ludovico Bragaglia (Frosinone, 8 luglio 1894 – Roma, 3 gennaio 1998): regista e sceneggiatore italiano. Nell’estratto dell’intervista realizzata per il programma radiofonico “Camera Oscura” del 01/01/1990, Bragaglia racconta l’origine del termine regista, parola ideata insieme al fratello Anton Giulio per definire il direttore artistico del “Teatro degli indipendenti”. Nel 1918, infatti, insieme al fratello, aveva fondato la “Casa d’arte Bragaglia”, punto d’incontro di pittori, scultori e cineasti. Nel 1922 fonda il “Teatro degli indipendenti”, teatro sperimentale d’arte moderna, dedicato all’avanguardia e alla sperimentazione. A partire dal 1930 si dedica al cinema, che proprio in quel periodo passa dal muto al sonoro. Esordisce come regista cinematografico nel 1933 con il film “O la borsa o la vita”, tratto dall’omonima commedia radiofonica, nel quale fonde audaci esperimenti di contaminazione di diversi moduli dell’avanguardia. Diventa così maestro del filone chiamato “dei telefoni bianchi” specializzandosi particolarmente nel genere comico e realizzando ben sei film con Totò.
Nella seconda parte dell’intervista Carlo Ludovico Bragaglia racconta un aneddoto relativo all’invenzione del termine che indica il genere cinematografico così detto “dei telefoni bianchi”.
Nella terza parte dell’intervista Bragaglia parla dei suoi primi film a colori prodotti dalla sua casa cinematografica durante la seconda guerra mondiale e della differenza stilistica tra il cinema muto in bianco e nero e il cinema parlato a colori.
Nella quarta parte dell’intervista Carlo Ludovico Bragaglia parla del processo di lavorazione del suo film “Una famiglia impossibile” del 1940. Il film racconta la storia di una ragazza che si innamora di un cantante della radio senza averlo mai visto.
Nell’intervista, in onda nel 1993, per il programma “Camera Oscura”, Bragaglia ci parla della realizzazione del film musicale “Fuga a due voci” del 1943, definito dal regista il classico esempio di “cinematografia artigiana”, in quanto non nasce dalla necessità di girare un film su un soggetto già esistente, ma al contrario, da una precisa richiesta del produttore. Bragaglia spiega così le difficoltà di realizzazione del film, girato in 25 giorni.
Nell’intervista realizzata per il programma “radio anch’io ’90”, il giornalista Gianni Bisiach fa leggere a Carlo Ludovico Bragaglia alcuni versi spiritosi, composti nel 1917, al ritorno dalla prima guerra mondiale. Il regista esprime un parere sull’importanza dell’arte e del cinema nella vita culturale italiana.