LA RADIO DAL 24 AL 24
PEPPINO ORTOLEVA
Peppino Ortoleva, storico dei media, racconta l’avventura della Radio pubblica in Italia nell’anno del suo centesimo compleanno (1924 – 2024).
Il 6 ottobre del 1924 ben due annunci ufficiali danno il via alla Radio in Italia. L’URI (Unione Radiofonica Italiana) trasmette quello della violinista Ines Viviani Donarelli, che presenta, da uno studio di Palazzo Corrodi di via Maria Cristina a Roma, il concerto inaugurale: il quartetto opera 7 di Haydn di cui lei stessa è tra gli interpreti. Il secondo annuncio è trasmesso invece dalla prima stazione trasmittente di San Filippo a Roma, dall’annunciatrice Maria Luisa Boncompagni.
Ben presto l’URI si trasforma in EIAR (1927). Della Radio se ne innamorano le avanguardie e, perdutamente, Filippo Tommaso Marinetti, che ne fa strumento di sperimentazione poetica con “La battaglia di Adrianopoli” (1929). I futuristi esultano per la novità della parola elettrica e, nel 1933,dedicano un manifesto alla “radia”, neologismo che sottolinea la natura femminile del mezzo.
Anche se non immediatamente, il sistema radiofonico entra presto a regime, ma la potenzialità di propaganda politica nel Mediterraneo non rimane ad uso esclusivo del Fascismo. Durante la Seconda guerra mondiale, con l’entrata in guerra dell’Italia, fino al crollo del regime fascista e agli eventi che portano alla liberazione, cresce l’ascolto delle emittenti straniere. La radio viene utilizzata per aggiornare gli italiani sulle fasi della riconquista degli Alleati e sulle azioni del movimento partigiano con programmi come “Italia combatte” di Radio Bari. Il 26 ottobre 1944 c’è un nuovo cambio di denominazione e EIAR diventa RAI con il compito principale di riunificare il Paese attraverso la sua programmazione.
Prima, durante e dopo la guerra, tuttavia, la Radio non ferma mai la sua programmazione di eventi popolari: musica, intrattenimento leggero e informazione, ma anche spazi per interessi del pubblico come “La ginnastica da camera”, “Il bollettino ortofrutticolo”, “La musica da camera”, “Le lezioni di lingua italiana per stranieri”, già con l’idea di sezionare l’abbonato in tanti target, come nelle rilevazioni sociali effettuate dall’EIAR e proposte al pubblico nella forma di “lotterie”.
Tra le trasmissioni più popolari, spicca il varietà, per esempio “I quattro moschettieri” (1934-37), parodia del romanzo di Dumas scritta da Angelo Nizza e Riccardo Morbelli, sorta di pastiche di personaggi letterari, storici e della tradizione popolare come Arlecchino.
Quando nel 1951 la Rai lancia il Festival della Canzone Italiana con la voce di Nunzio Filogamo, l’ascolto radiofonico è al massimo della sua popolarità. Nel 1948, il Prix Italia, premio radiofonico e poi televisivo è un chiaro segnale del proposito culturale della Rai.
La Radio continua il suo viaggio nel tempo, tra diverse “morti annunciate” come suggerisce Ortoleva, proponendo spesso sperimentazioni e linguaggi innovativi per stare al passo con una presenza ingombrante come quella televisiva. Ne sono esempi: i documentari radiofonici, tuttora vivi sotto la forma di successo di podcast come “Io ero il milanese”, e i linguaggi sperimentali, i personaggi assurdi e le parole in libertà di “Alto gradimento” di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. Il racconto include anche il crollo del monopolio con la nascita di decine di nuove emittenti, le “radio libere” in cui ritorna, come in un cerchio, il collegamento tra radio e telefono con cui si era iniziato il racconto della Radio pubblica in Italia.
“RAI, FRAMMENTI PER UN DISCORSO AMOROSO”, curato e organizzato da Susanna Gianandrea, responsabile di Rai Teche Mediateca “Dino Villani”, per la regia di Maria Baratta, è la serie dedicata ai 100 anni della Radio e ai 70 della Televisione.