Nguyen Huy Thiep, narratore del Vietnam del dopoguerra, in questo servizio di Luciano Minerva del 2008, parla dei temi dell’armonia e della disarmonia nell’individuo, nella famiglia e nella società. “I vietnamiti non aspettano e non chiedono compassione – dice lo scrittore – ma chiedono solo di essere visti da un punto di vista umano”.
Nguyên Huy Thiêp (Hanoi, 29 aprile 1950 – 20 marzo 2021) nasce in un villaggio vicino Hanoi e cresce in un contesto familiare e culturale misto, con una madre buddista e un nonno materno confuciano. Laureato in Storia, lavora come insegnante e illustratore prima di iniziare a scrivere racconti che provocano scandalo per la loro critica al regime comunista e alla mitologia nazionale. Gli vengono inflitte restrizioni severe, tra cui l’isolamento e il rifiuto delle sue pubblicazioni, ma affronta queste difficoltà grazie alla lettura di testi buddisti, che lo portano alla conversione al buddismo nel 1991. Sebbene venga tollerato dal regime, continua a scrivere in modo sottile, trovando un pubblico sia in Vietnam che all’estero. Negli anni successivi, gestisce un ristorante e diventa una figura “intoccabile” nel panorama letterario vietnamita, riuscendo a pubblicare e viaggiare liberamente.



