Indro Alessandro Raffaello Schizogene Montanelli (Fucecchio, 22 aprile 1909 – Milano, 22 luglio 2001) è stato un giornalista, saggista e commediografo italiano. Intellettuale poliedrico in grado di spaziare dall’editoriale al reportage, dalla saggistica ai romanzi, è stato per circa quattro decenni la bandiera del primo quotidiano italiano, “Il Corriere della Sera”, e per vent’anni ha condotto il quotidiano “Il Giornale” da lui stesso fondato nel ’74.
Successivamente, nel ’94, non ritenendo di poter accettare la direzione del Corriere della Sera, Montanelli decide di fondare una nuova testata, La Voce, il cui nome viene scelto in omaggio a Giuseppe Prezzolini. L’idea iniziale era di farne un settimanale, sul modello del “Mondo” di Mario Pannunzio: a seguire il loro direttore nel passaggio dal “Giornale” alla “Voce” furono 55 giornalisti; tra questi: Beppe Severgnini, Marco Travaglio e Peter Gomez. Autore di libri di storia di grande successo, ha saputo conquistarsi un largo seguito di lettori. Enzo Biagi così ricorda il rapporto di Montanelli con il lettore: “Era il suo vero padrone. E quando vedeva lo strapotere di certi personaggi, si è sempre battuto cercando di rappresentare la voce di quelli che non potevano parlare”.
Per il programma “La grande radio”, in onda il 1975, Elena Doni intervista Indro Montanelli il quale racconta la sua esperienza col fascismo, la seduzione giovanile fatta di nuove scoperte, di senso d’ordine, poi il successivo passaggio al dissenso fino al definitivo rifiuto del regime e dell’ideologia, nel 1938, con l’avvento delle leggi razziali. Da qui l’espulsione dall’Albo dei giornalisti, il successivo espatrio obbligato fino alla milizia anti-fascista, il carcere e la condanna a morte. Il giornalista racconta della sua ferma condanna del fascismo e dell’antifascismo all’insegna della negazione del conformismo dilagante, per riappropriarsi della libertà e della responsabilità delle proprie azioni e dei propri pensieri. Accetta l’etichetta di “conservatore illuminato” a patto che non s’intenda una posizione di chiusura che penalizzi la società, quanto una sincera apertura alle riforme che non degenerino nella sovversione ma che avvengano nel rispetto di valori morali fondanmentali quali l’onestà, il senso di patria, il senso del diritto e del dovere, il rispetto della società e dell’indipendenza.