Claudio Lolli (Bologna, 28 marzo 1950 – Bologna, 17 agosto 2018) è stato cantautore e scrittore. Poeta civile, raro maestro che ha saputo “non dimenticare l’irregolarità, il dolore, l’incondivisibile, la contraddizione umana che nessuna rivoluzione è in grado di cancellare”, come ha detto di lui Massimo Recalcati.
Figlio di una generazione “apolide”, “troppo giovane per il ’68 e troppo vecchia per il ’77”, ha cantato la piazza e il cuore, i frammenti di confusione che i giovani di quella generazione, ma in realtà di tutte, si trovavano costantemente a cercare di rimettere insieme con impacciata consistenza.
Una produzione discografica che può essere divisa in due fasi: una più “politica”, con album di culto degli anni ’70 come Aspettando Godot, Un uomo in crisi, Canzoni di rabbia, Ho visto anche degli zingari felici, Disoccupate le strade dai sogni, e degli anni ’80, Extranei, Antipatici antipodi, l’omonimo Claudio Lolli, opere che l’hanno fatto conoscere al grande pubblico come il cantautore politico per eccellenza; e una seconda fase più intima, dove la piazza della sua Bologna lascia il posto a una piazza interiore, la piazza della coppia, del padre, del professore, una piazza da condividere con l’amico Paolo Capodacqua alla chitarra in giro per l’Italia, fin nei più piccoli centri, e che ha portato alla produzione dalla fine degli anni ’90 al 2017 degli album Intermittenze del cuore, Viaggio in Italia, Dalla parte del torto, La scoperta dell’America, Lovesongs, fino al testamento de Il grande freddo.
Ma Claudio Lolli è stato anche uno scrittore. L’esordio è avvenuto nel 1984 con il romanzo L’inseguitore Peter H., seguito da Giochi crudeli, la raccolta di racconti Nei sogni degli altri, le poesie di Rumore rosa e il romanzo epistolare Lettere matrimoniali nel 2013.
Per ricordarlo condividiamo due estratti da trasmissioni radiofoniche. La prima è tratta dal programma Un certo discorso del 12 marzo 1984, condotto e curato da Pasquale Santoli che, insieme a Marino Sinibaldi, allora nella redazione della rivista Linea d’ombra, intervista il trentaquattrenne Claudio Lolli approdato alla letteratura e lo interroga proprio sul senso del passaggio dalla musica alle sole parole e sul valore dell’esperienza autobiografica, a partire dalla lettura che lo stesso Lolli fa di un passo del racconto Considerazioni di un rettile. Si sottolinea l’importanza della comicità, che sembra contrapporsi proprio a quella superficiale accusa di malinconia che l’ha sempre accompagnato, di ciò che resta del sentimento della sua generazione e di quale possa essere l’eredità della letteratura sui “nuovi” giovani.
Il secondo estratto viene dal programma Fahrenheit del 7 dicembre 2000 e vede Felice Liperi intervistare Lolli in occasione dell’uscita dell’album Dalla parte del torto. Si parla ancora una volta di come proprio l’ironia possa accompagnare la fine dell’utopia davanti a un pubblico che ha visto la Storia passare e le idee cambiare; Lolli spiega il significato del titolo dell’album e racconta dello spazio di una traccia lasciato alla poesia dell’amico Gianni D’Elia che legge Riascoltando gli zingari felici. Lolli si definisce un “giullare e musicante” che in una situazione di attualità che definisce “confusa e chiara” sceglie ancora di schierarsi: “Siccome quelli che hanno ragione non mi piacciono, io mi sono schierato dalla parte del torto e in questo disco racconto un po’ di storie di gente che ha fatto e fa lo stesso”.