Antonello Falqui (Roma, 6 novembre 1925 – Roma, 15 novembre 2019) è stato uno dei maestri del varietà televisivo italiano. Regista e autore ha contribuito in modo decisivo a numerosi programmi Rai tra gli anni Cinquanta e Ottanta. La sua visione univa rigore fotografico e leggerezza scenica, facendo della televisione un palcoscenico moderno, elegante e popolare insieme. Ne è una prova il ballo di Mina e Don Lurio a “Studio Uno” nel 1961 nel video in evidenza.
Dopo gli esordi al Centro Sperimentale di Cinematografia e i primi passi in Rai, Falqui trovò la propria cifra nel grande spettacolo musicale e d’intrattenimento. Raggiunge la celebrità presso il grande pubblico, che di sera si riuniva nelle poche abitazioni o locali pubblici in cui era presente un apparecchio televisivo, con “Il Musichiere”, celeberrimo programma condotto da Mario Riva, in onda dal 1957 al 1960. Successivamente, con “Studio Uno” (1961-1966), ideato assieme a Guido Sacerdote, creò una vera rivoluzione: un impianto scenico essenziale, la centralità della musica dal vivo, l’uso del corpo di ballo e un montaggio visivo inedito per la televisione italiana. Falqui trasformò il sabato sera Rai in un appuntamento nazionale, aprendo la strada a un nuovo modo di raccontare lo spettacolo.
Su RaiPlay sono presenti diversi diversi programmi dall’archivio Rai firmati da Falqui. Come “Stasera Gianni Morandi” (1969) e “Stasera Patty Pravo” (1969) in cui il regista mostra la continuità del suo rapporto con la musica leggera, affrontata sempre come materia scenica e visiva. A questa stagione di successo seguirono altri titoli entrati nella memoria collettiva. Tra questi “Teatro 10” (1971-1972), con protagonisti come Mina e Alberto Lupo; e “Milleluci” (1974), raffinato omaggio alla storia della canzone italiana interpretato da Mina e Raffaella Carrà, unanimemente considerato uno dei vertici artistici del regista.
Negli anni Settanta Falqui consolida la sua poetica televisiva con programmi come “Sai che ti dico?” (1972), “Fatti e fattacci” (1975), “L’appuntamento” (1973), ampliando ulteriormente il repertorio di intrattenimento. Firma inoltre “Dove sta Zazà” (1973), con Gabriella Ferri, “Bambole non c’è una lira” (1977), varietà che reinterpretava l’avanspettacolo in tv attraverso le vicende comiche di una squattrinata compagnia teatrale, e “Il ribaltone” (1978) con Pippo Franco e Loretta e Daniela Goggi, sempre con una regia che privilegiava la misura e il dettaglio in spettacoli in cui si fondeva l’ironia, il ritmo teatrale e l’attenzione alla messa in scena. Con “Fracchia – La serie” (1975), interpretata da Paolo Villaggio, sperimentò una forma di fiction comica dallo stile surreale e ironico, confermando la sua capacità di adattarsi ai nuovi linguaggi televisivi senza perdere eleganza.
Nel decennio successivo proseguì la sua ricerca con “Giochiamo al varieté” (1980), “Attore amore mio” (1982) con protagonista Gigi Proietti e “Al Paradise” (1983), scritto e diretto insieme a Michele Guardì. Programmi in cui il varietà si intrecciava alla dimensione teatrale e musicale. La sua regia curava l’armonia tra parola, gesto e musica, dando risalto ai grandi interpreti dello spettacolo italiano.
Questi titoli dell’archivio Rai accessibili su RaiPlay, restituiscono la grande stagione del varietà televisivo italiano e il percorso di un autore che seppe unire intrattenimento e arte, ironia e disciplina, costruendo un immaginario ancora vivo nella memoria collettiva.



